Ivrea

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Ivrea

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Provincia di Torino. Fu colonia romana e, sotto i Longobardi, fu un Ducato e poi sede di una Contea. Seguì un periodo di potere vescovile diviso con i Marchesi locali, nonché diverse signori e, infine, i Marchesi del Monferrato.  Dal 1313, però I. passò sotto il dominio sabaudo e, alla fine del '500, viene annesso al Ducato sabaudo assieme col resto del marchesato di Saluzzo.

I. è la località piemontese per la quale siano state per prima ritrovate prove documentarie di una presenza ebraica: sappiamo, infatti, che nel 1395-1396 Girardo (Eiardo) fu qui insultato ed il colpevole venne multato[1].

La popolazione ebraica di I., però, crebbe un po’ a partire dagli anni quaranta del '400, fatto al quale si accompagnò anche un aumento anche dei casi di litigi fra ebrei e cristiani[2].

In generale, però, nei primi secoli di presenza gli ebrei non furono che poche famiglie. Ancora nel 1665 risiedevano qui solo tre nuclei che contavano di 12 anime. L'aumento vero avvenne nel ' 700: nel 1726 in un censimento eseguito per motivi militari furono, infatti, annoverati 21 ebrei, mentre nel  1761 la popolazione ebraica raggiunse i 57 individui, divisi in 7 famiglie, e nel 1774 ben 72. Alla vigilia dell’abolizione del ghetto, nel 1791, il numero degli ebrei salì a 74, divisi in 10 famiglie [3].

Vita economica

Nel 1443 alcune ebrei di I. commerciavano in lana e, nel 1445, un Matasia, figlio di Raffaele, commerciava in ferro. Altro negoziante ebreo a I. fu Salomone di Pontessia e, nel '700, gli israeliti locali possedevano una quota fissa della lana, che allora era un monopolio del governo. Nella seconda metà del secolo, così, cinque ebrei commerciavano in drappi di lana: quattro di loro erano membri della famiglia Olivetti ed uno della famiglia Iona.

Gli ebrei di I. furono anche fornitori di grano: essi si organizzavano in una compagnia intitolata a Giuseppe Vita Levi[4].

Anche a I. i banchieri furono, comunque, la base della nucleo ebraico, almeno nei primi decenni. Nel 1547 i fratelli da Nizza (Monferrato) ottennero una condotta dal Comune di I. che consentiva loro la libertà di commercio, compreso il prestito ad interesse, ed i consueti diritti, dietro pagamento di una tassa annuale di 6 scudi. Durante i 10 anni della concessione nessun altro ebreo poteva insediarsi a I. se non previo il loro consenso[5]

Il banco dei Nizza non fu il primo istituto di credito ebraico ad I.: esso fu preceduto almeno da quello di Giuseppe da Jena[6]. I Nizza furono, comunque, fra i beneficiari della tolleranza concessa da Filippo Guastavillani, Camerlengo pontificio, ai banchieri del Piemonte nel 1584, sebbene, nel 1596, la proroga della condotta ad I. fosse concessa a Clemente Alfari.

Nel 1598, invece, i banchieri locali furono Angelo e Gabriele Iona e nel 1602 Simone Brissis. Pochi anni più tardi anche a I. fu poi eretto un Monte di Pietà[7].

Solo dopo un secolo e mezzo si trovano nuovamente notizie di banchieri ebrei ad I., nelle persone dei fratelli Marco Graziadio e Raffael Salomone, Jacob Abramo, Israel Benedetto ed Emilio Elia, tutti figli di David Giuseppe Olivetti. Oltre all'attività bancaria essi erano attivi come mercanti e dichiaravano di prestare ormai da 60 anni, ovvero dal principio del '700[8].

Vita comunitaria

Gli ebrei di I. facevano parte dell'Università piemontese e, per questo, pagavano le tasse insieme agli altri correligionari del Ducato. Quando fu introdotto il sistema di pagamento chiamato cassella, anche gli ebrei di I. dovetterlo adottarlo[9].

Però, nonostante le piccole dimensioni dell'insediamento, gli ebrei di I. avevano un'Università, cioè una Comunità loro, almeno nel '700[10].

Della sinagoga si hanno notizie solo dalla metà del XVIII secolo,[11] mentre al cimitero si fa cenno nei documenti già nel 1479: esso nel 1738 fu trasferito in un'altro luogo perché il terreno era stato acquistato dal Comune per le mura della città[12].

I. fu fra le città piemontesi che costruirono un ghetto negli anni venti del '700: anche qui la scelta dell'ubicazione fu oggetto di contestazione. Vista la dimensione della comunità, gli ebrei avevano bisogno solo di tre case ed il ghetto conteneva 26 stanze, 6 negozi, cantine e cortili, che si trovavano in ruca coperta (via Palma, la odierna via XXIV Maggio). La crescita della popolazione ebraica di I. creò, in seguito, la necessità di ingrandire il ghetto, a partire dal 1744: i tentativi degli ebrei di ottenere una licenza per portare a compimento tale opera incontrarono, però, l'opposizione di cristiani[13]

Bibliografia

Foa, S., Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte, in RMI 21 (1955), pp. 38-50, 85-97, 126-136, 190-201, 284-297, 325-336, 471-486, 520-535.

Foa, S., La politica economica della casa Savoia verso gli ebrei dal secolo XVI fino alla rivoluzione francese. Il portofranco di Villafranca (Nizza), Roma 1962.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Segre, R., The Jews in Piedmont, 3 voll., Jerusalem 1986-1990.


[1] Segre, R., Piedmont, doc. 4.

[2] Ivi, doc. 347, 410, 602.

[3] Ivi, doc. 2317, 2727, 3144, 3260, 3397.

[4] Ivi, doc. 349, 411, 549, 2781, 3323, 3342.

[5] Ivi, doc. 823, 837. Cfr. Simonsohn, S., Milan, doc. 3602.

[6] Simonsohn, S., Milan, doc. 842, 1222

[7] Foa, S., Banchi e banchieri, p. 284 e segg., 477 e segg.; Loevinson, E., Banques des prêts, p. 61;Segre, R., op. cit., doc. 1361, 1639, 1676, 1715, 1736.

[8] Segre, op. cit., doc. 3158, 3214.

[9] Foa, S., Politica economica, p. 107 e segg.; Segre, R., op. cit., doc. 2532, 2787, 2926.

[10] Segre, R., op. cit., oc. 2883

[11] Ivi, doc. 2925, 3315, 3354, 3400, 3438.

[12] Ivi, doc. 762, 2883.

[13] Ivi, doc. 2641, 2679, 2688, 2981, 2984, 3195' 3204, 3214, 3279, 3331, 3340.

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