Sovana

Titolo

Sovana

Testo

Sovana (סובנה)

Provincia di Grosseto, frazione del comune di Sorano. D’origine etrusca, divenne, con l’affermarsi del cristianesimo, sede vescovile (spostata, nel 1660, a Pitigliano). Nel 1410 passò a Siena, dopo essere stata degli Aldobrandini ed in seguito fu degli Orsini. Nel 1555, passò sotto il dominio di Firenze.

 

La presenza ebraica si trova menzionata in un documento del 1496, relativo ad una causa di appello tra Jacob ebreo e un sovanese cristiano[1]. Si può presumere che tale Jacob fosse legato all’attività feneratizia e si fosse stabilito a S. in data precedente.  Nella località, che era andata spopolandosi e impoverendosi, non vi furono altri ebrei, sino al 1565, quando furono stipulati patti decennali con i fratelli Laudadio e Isacco di Abramo, presumibilmente provenienti dal vicino Stato Pontificio[2].

I punti principali dei 36 Capitoli trattano del tasso feneratizio, che andava dal 20% per sovanesi al 40% per gli abitanti di altre zone del senese (pegno per 15 mesi), mentre per i forestieri era lasciato a discrezione dei feneratori (pegno per 13 mesi). Per ogni operazione creditizia i feneratori erano tenuti, inoltre, ad emettere una polizza in italiano e in ebraico e, riguardo all’amministrazione della giustizia, vediamo che gli ebrei andavano considerati come cittadini senesi e sovanesi. Essi dovevano pagare alla comunità locale una tassa annua di 40 lire, mentre erano esentati da ogni altra imposta e gabella.

La comunità si impegnava a difendere i feneratori in caso di guerra e, qualora avessero voluto andarsene, avrebbero ricevuto un salvacondotto e avrebbero potuto portare via i pegni del banco. Erano, inoltre, concessi loro (ma a loro spese) gli “sbirri” per proteggerli da eventuali molestie durante la Settimana Santa. Gli ebrei non erano obbligati al segno distintivo ed avevano piena libertà di culto ed ai titolari dei capitoli veniva concesso il monopolio feneratizio[3].   

Alla condotta, che fu sicuramente in vigore per il primo quinquennio, sembravano essere legati anche altri ebrei, come si deduce da un documento del 1569, relativo all’eredità lasciata da Guglielmo di Mosè habitator continue in civitate Suane, in cui sono menzionati altri correligionari dimoranti qui. Le famiglie ebraiche dovevano essere, quindi, all’incirca 6[4]. Dall’inventario dei beni di Guglielmo risulta, tra l’altro, che egli aveva alcune capre, presumibilmente in soccida, e “mezzerie” di grano seminato in svariate località, anche lontane da S., il che fa presumere che gli ebrei avessero sviluppato rapporti economici diversi dal prestito, benché non menzionati espressamente dalla condotta[5].

Nel 1570, in seguito ai decreti del Granduca di Toscana, Laudadio d’Abramo emigrò a Pitigliano, che non era sottoposta ai Medici[6].

Tuttavia, nel 1572, figurava come ancora residente a S. il socio di Laudadio, Manuel di  Mosè[7].

I provvedimenti emanati dal governo granducale a favore di S., nel 1588-90, provocarono l’immigrazione di qualche famiglia  e, nel 1604, Elia di Consolo si stabilì qui, ricevendo un’abitazione. L’anno seguente il suo posto fu preso da due altri correligionari, David di Leone da Sorano e Ferrante, mentre nel 1606 fu concessa una casa all’ebreo Alessandro[8].

In seguito ai provvedimenti granducali del 1612, con cui si accordavano numerosi privilegi a chi fosse venuto ad abitare a S., gli ebrei furono accolti come cittadini o “terrieri”, con l’obbligo di trasferirsi con i propri averi  nella località, entro un dato lasso di tempo, e previa cauzione o sicurtà, che poteva essere fornita anche da un altro ebreo già residente a S.[9]: Aronne di Bonaiuto, insediatosi a S., dichiarava nel 1616, in una petizione al Granduca, di aver fatto venire a stanziarsi nella località quattro famiglie, promettendo di farne venire altre se fosse stato concesso agli ebrei di poter stare e andare per tutti gli stati di S.A. senza il segno, habitando familiarmente in detto luogo [S.][10].

Nello stesso 1616, il Granduca rilasciò un privilegio di esenzione del segno per quanti fossero venuti ad abitare a S., esercitandovi l’agricoltura, il commercio o l’artigianato, con la sola proibizione di abitare insieme ai cristiani[11].

L’anno successivo furono assegnate terre a Jacob di Pacifico Melucci e, in seguito, a Daniello di Abramo Suarez e a Crescenzio e Giuseppe Shadun (Sadun) di Sorano[12].

Nello stesso anno (1617), i sovanesi ottennero la riconferma sovrana del privilegio di importare viveri e mercanzie senza pagamento di gabella: tuttavia, le concessioni fatte non furono mantenute, scoraggiando i mercanti, anche ebrei, che avevano preso dimora a S.

Inoltre, le esenzioni fiscali concesse agli israeliti non impedirono che, nel 1625, Aronne di Bonaiuto fosse costretto all’esborso di una somma per finanziare i lavori per una fonte pubblica[13]

Pertanto, mentre, da una parte, i provvedimenti granducali attiravano gli ebrei a S., dall’altra, il malgoverno locale ed il processo di decadenza economica in corso ne impedivano lo stanziamento stabile. L’immigrazione ebraica nella località cessò così dopo il 1670, con la sola eccezione di Giuseppe Shadun da Sorano che, nel 1698, ricevette qui una casa ed un appezzamento di terra[14].

Nel 1704 le autorità fecero sapere che non era più concesso accettare nessuno come cittadino di S. senza la loro approvazione: si interruppe a questo modo definitivamente l’immigrazione ebraica nella località[15].

Bibliografia

Biondi, A., Gli ebrei a Sovana nei secoli XV-XVII, in Bollettino della Società Storica Maremmana 43-44 (1982), pp. 45-65.

Cassandro, M., Gli ebrei e il prestito ebraico a Siena nel Cinquecento, Milano 1979.


[1] Biondi, A., Gli ebrei a Sovana nei secoli XV-XVII, p. 45.

[2] In alcuni documenti di Pitigliano, dove Laudadio si trasferì nel 1570, viene, infatti, denominato Laudadeo q. Abram de Viterbio. Archivio del Comune di Pitigliano, Registro di Appalti della Comunità 1563-1586, citato ivi, p. 54, nota 15.

[3] Per il testo dei 36 Capitoli, cfr. ivi, Appendice documentaria, doc. 1, pp. 57-63. I capitoli di questa condotta sono anche riportati da Cassandro, M., Gli ebrei e il prestito ebraico a Siena nel Cinquecento, pp. 96-106.

[4] Biondi, A., op. cit., p. 48.

[5] Ivi, pp. 48-49. Nell’inventario dei beni di Guglielmo figurano anche due Bibbie ebraiche, i Salmi di David in ebraico, un Mahzor ( libro di preghiere)e una non meglio specificata Meghillah. Ivi, p. 49.

[6] Ivi, p. 49.

[7] Ibidem.

[8] Ivi, p. 50.

[9] Ad esempio, nel 1618, Aronne di Bonaiuto offrì sicurtà per Giuseppe d’Isac da Montebaroccia, mentre, nel 1633, garantì Samuel Melucci per  David Livornesi. Ivi, p. 55, n. 39. 

[10] Archivio di  Stato di Siena, Quattro conservatori, 1755, c. 226, citato ivi, p. 56, n. 41.

[11] Ivi, Appendice, doc. 2, p. 64. Va ricordato che, mentre a S. non fu istituito un ghetto, lo fu, nel 1622, a Pitigliano e, nel 1619, a Sorano, appartenenti alla contea di Pitigliano, passata ai Medici nel 1608. Ivi, p. 51.

[12] Archivio del Comune di Sorano (in seguito ACS), Deliberazioni di Sovana, 1603-1633; 1639-1671, citato ivi, p. 56, n. 44.

[13] Ivi, p. 52, p. 56, nota 49.

[14] ACS, Deliberazioni di Sovana, 1674-1705, citato ivip. 56, n. 55.

[15] Per l’elenco degli ebrei residenti o immigrati a S. dal 1496 al 1698, cfr.ivi, Appendice, doc. 3, pp. 64-65.

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