Volterra

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Volterra

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Volterra (וולטרה)

Provincia di Pisa. D’origine etrusca, V. fu un Comune indipendente, sinché, nel 1361, non fu occupata da Firenze, che vi nominò un capitano fiorentino. Dopo un lungo contenzioso, la città nel 1472 venne assediata e saccheggiata, perdendo quel tanto di autonomia che le era restato e che venne recuperato parzialmente solo nel 1513.

Dopo il 1530, seguì le sorti di Firenze.   

La prima notizia riguardante una presenza ebraica a V. risale al 1386, quando Matassia di Salomone, d’origine perugina, chiese alle autorità il permesso di stabilirsi nella città per esercitarvi l’artem suam, che, pur non venendo definita nel relativo documento, sembra essere stata attinente al prestito[1]. Un altro ebreo, di cui si ignora la data dell’arrivo a V., Sabbatuccio di Buonaventura da Viterbo, figura nei documenti locali, di poco posteriori, come gestore del banco, che, tuttavia, aveva deciso di abbandonare, andandosene altrove, nel 1389[2].

Quattro anni più tardi, risultavano essere a V. Sabato di Dattilo da Roma, suo figlio Musetto e il figlio di quest’ultimo,  Dattalo, con cui le autorità volterrane stipularono i primi Capitoli che ci siano rimasti. Dalla condotta, di durata ventennale, si apprende che i da Roma avevano ricevuto l’esclusiva del prestito al tasso del  30% annuo, una serie di esenzioni fiscali e l’autorizzazione all’acquisto di beni immobili senza limitazione alcuna[3].  Due anni dopo, nel 1395, Sabato di Dattilo affidò il banco al  procuratore Vitale di Melluccio da Orbetello e lasciò V., insieme al figlio e al nipote. Il figlio di Sabato, Musetto, tornò a V. nel 1405, nominando Buonaventura di Genatano da Bologna come procuratore nel contenzioso che aveva con Vitale di Melluccio e suo figlio Angelo, per una somma di denaro che questi ultimi gli dovevano[4].           

Buonaventura di Genatano, che  discendeva da una famiglia originaria di Fabriano, trapiantatasi a Bologna nella seconda metà del XIV secolo, divenne il capostipite della famiglia “da Volterra”[5]: egli, dal 1408, smise di essere procuratore dei da Roma per gestire come titolare il banco volterrano[6].

Buonaventura continuò a gestire il banco sino alla morte, nel 1429 e dei suoi quattro figli maschi (Genatano, Emanuele, Elia ed Abramo) fu il primogenito, Genatano, a  succedergli nell’attività, cui affiancò l’esercizio della medicina (che aveva studiato all’Università di Bologna) e il commercio, in particolare, con la Sardegna[7]. Nel 1427, Magister Genatano subì un  processo per aver avuto rapporti carnali con una fanciulla cristiana di V., ricevendo l’assoluzione[8].

L’anno successivo fu processato due volte, venendo assolto, per aver esercitato illegalmente la medicina, curando pazienti cristiani, e per scarsa perizia nell’arte medica: dalla documentazione  processuale si apprende che Genatano aveva curato i pazienti cristiani a titolo personale, senza aver ricevuto una condotta medica dal Comune, ma, data la penuria di medici, le autorità volterrane emisero una provvisione che annullava la precedente norma degli Statuti, contraria ai medici ebrei[9].  Nel corso degli anni Trenta del secolo, Genatano fu poi condannato a multe pecuniarie per infrazioni a disposizioni comunali e nel 1438 aveva ormai abbandonato V., trasferendosi in Sardegna[10]. Nello stesso anno, le autorità volterrane sottoscrissero nuovi accordi con il fratello di Genatano, Emanuele, e con Dattilo di Angelo da Corneto (attualmente, Tarquinia)[11].

Un altro fratello di Genatano, Elia, fu processato per violente percosse durante un litigio (1437) e per rapporti sessuali con una cristiana (1450)[12]

In seguito, i patti per la gestione del banco vennero stipulati, nel 1462, con Abramo, un altro dei fratelli di Genatano di Buonaventura e due anni dopo, i figli di Emanuele (morto nel frattempo) parteciparono alla gestione del banco con Abramo, che, all’inizio degli anni Settanta, lasciò V. per gestire un banco a Gaeta[13].  I figli di Emanuele da Volterra (Buonaventura, Lazzaro, Angelo e Raffaele) continuarono a gestire il banco, dopo la partenza dello zio per il meridione. Buonaventura (Meshullam), oltre che viaggiare[14],  affiancò all’attività feneratizia il commercio di pietre preziose e di altri generi, tra cui derrate alimentari, prodotte, in parte, nelle terre di sua proprietà nel territorio di V., a Firenze e a Pomarance. Il fratello Lazzaro estese i propri affari anche all’Italia meridionale e ad altre città della Toscana, entrando in collaborazione con Vitale di Isacco da Pisa, di cui aveva sposato la figlia  Anna[15].        

Sugli altri due figli di Emanuele non sono rimaste molte notizie: Angelo, dopo svariate traversie economiche, dichiarò di voler lasciare V. per recarsi nel Regno di Napoli, mentre Raffaele sembra aver svolto un ruolo minore nelle attività  e nelle finanze della famiglia[16].

Nel 1474 furono stipulati i capitoli per il banco con Buonaiuto (Meshullam), rinnovati nel 1484: questi ultimi segnarono la conclusione dei patti feneratizi tra il Comune e i da Volterra[17].

I da Volterra non subirono mai nessuna restrizione riguardo alla zona di residenza in città e al possesso di beni immobili: non solo la casa di abitazione nel Borgo, ma anche svariate proprietà, terreni, poderi e vigne nel volterrano e altrove, erano loro[18]. Dalla documentazione studiata risulta che l’insediamento ebraico locale fosse costituito essenzialmente dai membri dei da Volterra, che, dal primo ventennio sino alla fine del XV secolo, dovettero essere circa una dozzina[19].

Dopo l’intensa predicazione di fra Timoteo da Lucca, venne istituito nel 1494 il Monte di Pietà, cui fecero seguito, quattro anni più tardi, il divieto del prestito ebraico, la revoca della “cittadinanza a tempo limitato” (ragion per cui i da Volterra passarono al rango di “forestieri”) e l’obbligo del segno distintivo che, ad onta dell’imposizione del Concilio Laterano IV (1215), non era stato mai adottato a V.[20].

Sebbene non venisse minacciata un’espulsione, alcuni membri della famiglia da Volterra abbandonarono la località[21], mentre altri si convertirono: per primo abbandonò l’ebraismo Iacob di Buonaventura nel 1502[22], seguito dalla sorella Consola, che intendeva farsi monaca, e da tale Guglielmo (battezzato Giovannandrea), che fu, probabilmente uno dei figli di Emanuele di Buonaventura. Emanuele si convertì, insieme alla moglie ed ai figli, nel 1512, e, l’anno successivo, ottenne l’incarico di Presidente e Magister del Monte di Pietà, rinnovatogli, in seguito, grazie alle sue innegabili competenze nell’attività creditizia[23].

Dopo la bolla di Pio V, con cui, nel 1569, venne decretata l’espulsione dagli Stati della Chiesa, alcuni ebrei cercarono rifugio a V., ma le autorità fiorentine, interpellate dal capitano della città, si dichiararono contrarie ad accoglierli. Tuttavia, risultava essersi precedentemente stanziato a V. con la famiglia un ebreo proveniente da Montefuscoli, nel Regno di Napoli, che faceva il rigattiere[24].

Al momento dei provvedimenti del 1570, abitavano nella località 13 ebrei[25].

Attività economiche

Per quanto concerne l’attività creditizia, la tassa d’esercizio, dovuta all’autorità fiorentina fu fissata a 100 fiorini d’oro nelle condotte dal 1408 al 1429, a 70 fiorini in quelle del 1432 e del 1438, a 45 in quella del 1462 e a 20 in quella del 1484[26].  Dai capitoli delle condotte si apprende che l’interesse massimo annuo fissato variava dal 30-35% (rispettivamente, nella versione fiorentina e volterrana delle condotte), per il primo trentennio del XV secolo,  al 25% attestato nel 1462 (nella sola versione fiorentina)[27].  

Oltre che nel prestito, i da Volterra furono attivi anche nel commercio e nelle attività imprenditoriali, tra cui la produzione dei panni di lana[28].

Cimitero

Nei Capitoli stipulati con Buonaventura di Genatano, nel 1408, venne  accordato il diritto di acquistare un terreno ad uso cimiteriale. Tuttavia, l’unico riferimento ad un cimitero ebraico si trova in un documento notarile del 1511, da cui si apprende che era ubicato fuori dalle mura, verso Vallebuona, nella località chiamata el cimitero dello hebreo[29].

Personaggi di rilievo.

Buonaventura di Genatano è, presumibilmente, da identificare con quel Meshullam da Volterra che, nel 1418, aveva terminato di copiare un trattato ebraico di logica[30]. Suo nipote, Buonaventura di Emanuele o Meshullam ben Menahem da Volterra compì nel 1481 un viaggio alla volta di Gerusalemme, che lo portò a fare tappa nell’Italia meridionale, in Egitto, in Palestina, in Libano, in Siria, in Grecia ed in Dalmazia. Partito per adempiere ad un voto, non mancò tuttavia di profittare del viaggio per descrivere anche gli aspetti “turistici” e commerciali delle località visitate, di cui diede una vivace descrizione, riportando anche usi, costumi, particolari curiosi e leggende locali[31].  

Il fratello di Buonaventura- Meshullam, Lazzaro o Eliezer da Volterra , fu in contatto a Firenze con Yohanan Alemanno  e si cimentò con la poesia ebraica[32]

Bibliografia

Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918.

Luzzati, M., La casa dell’Ebreo, Pisa 1985.

Luzzati, M., “Nomadismo” ebraico nel sec. XV: il medico ebreo Genatano di Buonaventura da Volterra “pendolare” fra Toscana e Sardegna, in “Materia Giudaica”, XIV/1-2 (2010).

Luzzati, M. - Veronese, A., Banche  e banchieri a Volterra nel Medioevo e nel Rinascimento, Pisa 1993.

Meshullam da Volterra, Viaggio in Terra di Israele, Rimini 1989 ( a cura di Veronese. A.).

Salvadori, R.,  Breve storia degli ebrei toscani, IX-XX secolo, Firenze 1995.

Veronese, A., Una famiglia di banchieri ebrei tra XIV e XVI secolo: i da Volterra. Reti di credito nell’Italia del Rinascimento, Pisa 1998.  


[1] Archivio Storico del Comune di Volterra (d’ora innanzi ASCV), Deliberazioni, Filza A nera, n. 25, c. 132, citato in Veronese, A., Una famiglia di banchieri tra XIV e XVI secolo: i da Volterra. Reti di credito nell’Italia del Rinascimento, p. 2, n. 3. Sull’identificazione di Matassia di Salomone come  appartenente a una famiglia perugina impegnata nell’attività feneratizia, cfr. ivi, p. 3.

[2] ASCV, Atti civili e criminali, Filza T rossa, n. 70 (1389), citato ivi, p. 5, n. 9.

[3] ASCV, Deliberazioni, Filza A nera, n. 24, cc. 3199v-320r, citato ivi, p. 6, n. 11.

[4] Ivi, p. 7.

[5] Per la genealogia della famiglia da Fabriano ( poi da Bologna), cfr. ivi,  p. 8, fig. 1; per l’albero genealogico dei da Volterra, cfr. ivi, Introduzione, p. XV.

[6] Per il testo dei capitoli stipulati, nel 1408, tra le autorità di V. e  Buonaventura di Genatano, nella versione volterrana e fiorentina, vedi ivi, Appendice,  doc. 1 e 2, pp. 227-240. Le due versioni dei capitoli erano dovute al fatto che, essendo V. sotto il dominio di Firenze, era tenuta a sottoporre all’approvazione delle autorità fiorentine le deliberazioni dei propri organismi. 

[7] Cfr. ivi, pp. 17-18.

[8] Per i particolari di questo processo, vedi ivi, pp. 167-169.

[9] Per  i particolari dei due processi per l’attività medica di Genatano, cfr. ivi, pp. 170-178; in particolare, per il cambiamento delle norme statutarie circa i medici ebrei, avvenuto immediatamente dopo l’accusa mossa a Genatano e per scagionarlo, vista la stima di cui godeva e il buon servizio reso ai cittadini, cfr. ivi, pp. 174-175.

[10] Cfr. ivi, pp. 19-20. Sui rapporti di Genatano con la Sardegna, cfr. Luzzati, M., Un medico ebreo toscano nella Sardegna del pieno Quattrocento, in D’Arienzo, L. ( a cura di), Sardegna, Mediterraneo e Atlantico tra Medioevo ed età moderna. Studi storici in memoria di Umberto Boscolo, Roma 1993, pp. 375-391 e Idem, “Nomadismo” ebraico nel sec. XV: il medico ebreo Genatano di Buonaventura da Volterra “pendolare” fra Toscana e Sardegna, in “Materia Giudaica”, XIV/1-2 (2010).

[11] Veronese, A., op. cit., pp. 76-77; per il testo di tali capitoli, nella versione volterrana e fiorentina, vedi ivi, Appendice, doc.7 e 8, pp. 262-285. 

[12]  Ivi, p. 31.

[13] Ivi, pp. 26-29. Per il testo dei capitoli del 1462 con Abramo di Buonaventura, cfr. ivi, Appendice, doc. 9, pp. 286-293.

[14] Vedi la voce al paragrafo Personaggi  di rilievo.

[15] Veronese, A., op. cit., pp. 37-38.

[16] Ivi, pp. 33-35.

[17] Per il testo dei capitoli del 1474, cfr. ivi, Appendice, doc. 10, pp. 294-301; i patti  del 1484 non sono stati rintracciati nella documentazione: vedi  ivi, p. 205. Per l’esame dei punti salienti e delle varianti di un certo rilievo nelle varie condotte, vedi ivi, pp. 93-106.

[18] Ivi 41; pp. 113-114;  pp. 119-123. Da segnalare la proprietà di un podere in comune  tra Buonaventura e  un giurisperito cristiano (p. 125). Per l’elenco delle vendite e degli acquisti di immobili dei da Volterra, cfr. ivi, pp. 126-128.

[19] Ivi, p. 116; p. 207, n. 29.

[20]  Ivi, pp. 207-209;  cfr. Luzzati, M., Fra Timoteo da Lucca (1456-1513), in Idem La casa dell’Ebreo, Pisa 1985, pp. 179-202; Veronese, A., op. cit., pp. 207-209; sull’esenzione dal segno nei capitoli del 1408 con  Buonaventura, vedi p. 230 ( doc. 1).

[21] Veronese, A., op. cit., p. 211, n. 42.

[22] Ivi, p. 213. La moglie di Iacob (battezzato Gabriele), Bellafiore di Davit (David) de Gallis da Tortona, risulta essersi separata dal marito dopo la conversione e aver chiesto la restituzione della dote, dato che l’apostasia del coniuge era equivalente, per la Legge ebraica, allo stato di vedovanza: ivi, p. 220.

[23]  Ivi,  pp. 213-223.

[24] Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze  1918, pp. 104-105; Luzzati, M. -Veronese, A., Banche e banchieri a Volterra nel Medioevo e nel Rinascimento, pp. 145-148.

[25] Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Magistrato Supremo, 4450, c. 172v., citato in Salvadori, R.,  Breve storia degli ebrei toscani, p. 137, n. 3;  Per l’elenco degli ebrei presenti a V. o nei suoi dintorni, cfr. Luzzati, M. –Veronese,  A., op. cit., p. 148; cfr.  Luzzati, M., La casa dell’Ebreo, p. 273, Tabella 1.

[26] Veronese, A., op. cit., p. 87, Tabella 3. Le ragioni della diminuzione della tassa vanno cercate, presumibilmente, nell’apertura di banchi feneratizi a Firenze e nella conseguente necessità di creare nei piccoli centri toscani condizioni tali da non far preferire il trasferimento dell’attività nella capitale.Ivi, p. 86.  

[27]  Ivi, p. 91, Tabella 4. Sulla differenza tra il massimo d’interesse permesso da Firenze e da V., cfr. Luzzati, M. -Veronese, A., op. cit., p. 68 e segg.

[28] Per una relazione particolareggiata di tali attività, cfr. Veronese, A., op. cit., pp. 124-125; pp.140-143.

[29] Veronese, A., op. cit., doc. 1, p. 228; ASFi, Notarile Antecosimiano, G 585, protocolli di ser Giovanni Gotti, citato in  Luzzati, M. -Veronese, A., op. cit., p. 88, n. 14.

[30] Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, p. 266.

[31] Il diario di viaggio di Meshullam, Massa Meshullam mi-Volterra b Eretz –Yisrael (Viaggio di Meshullam da Volterra in Terra d’Israele) è stato pubblicato nell’originale ebraico nel 1949 da A. Yaari; per la traduzione italiana più recente, cfr. Meshullam da Volterra, Viaggio in Terra di Israele, Rimini 1989, introduzione, traduzione, note e appendice di A. Veronese. Per la traduzione tardo ottocentesca di David Castelli, cfr. Cassuto, U., op. cit., p. 266, nota 5. L’esame testuale del resoconto ha fatto supporre che esistesse anche una redazione in volgare, che non ci sarebbe rimasta : cfr. Veronese, A., op. cit., p. 145, n. 63.  

[32] Cassuto, U., op. cit. , pp. 268-270.

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