Scansano

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Scansano

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Provincia di Grosseto. Posta nell’area compresa tra la valle dell’Ombrone e quella dell’Albegna, nonostante gli sforzi di Siena per controllarla, S. rimase quasi sempre sotto il dominio degli Aldobrandeschi del ramo di S. Fiora:  da essi, nel XV secolo, passò agli Sforza. Divenuto feudo dei Medici nel 1615, entrò a far parte del Granducato di Toscana nel 1738[1].

La presenza ebraica a S. può essere ipotizzata almeno a partire dalla seconda metà del XV secolo, quando, il 16 marzo 1467, è ricordato a Firenze un Buonaventura del fu Diodato, detto “da Scansano”[2]. Altra attestazione di provenienza si ha, quasi certamente, con la menzione di una Susanna del fu Deodato de Stanzano, da leggere con molta probabilità appunto come “Scansano”, forse sorella del Buonaventura appena citato, ricordata come vedova di Daniele del fu Elia da Budrio, in Emilia-Romagna, detentore del banco di questa località dal 1452[3].

Una menzione successiva si ha soltanto un secolo più tardi, quanto, a partire dal 1576, è ricordata la presenza dei tre fratelli Alessandro, Consolo e Ventura, figli del fu Simone di Consolo da Spoleto, o de Pomis, i quali erano proprietari di un’abitazione nel centro del paese e attivi nel commercio del bestiame: con essi risiedevano la madre Speranza, lo zio paterno Rubino ed un altro ebreo che, a quanto risulta, non era loro parente, Gaudio di Mele da Nepi[4]. La permanenza degli esponenti di questo nucleo familiare non dovette essere continuativa: ad esempio, sappiamo che Rubino di Consolo da Spoleto sopra citato, il 3 marzo 1587 venne autorizzato ad entrare a Perugia assieme al figlio Patrizio[5].

Alcuni anni dopo, nel 1588, è attestata la presenza a S. di un fenerator, Meluccio di Mosé, detto de Proceno[6], al quale sarebbero succeduti nell’attività feneratizia prima Consolo, nel 1596, in seguito Ventura, i già ricordati figli di Simone. Nel 1610 Ventura, pur risiedendo all’epoca ad Onano, era definito hebreus de Scansano[7].

Con il passaggio di S. dal dominio degli Sforza alla contea di Pitigliano, infeudata ai granduchi medicei, nel 1615[8], il numero degli ebrei residenti nel centro si ridusse ad una modesta entità e le loro vicende seguirono quelle dalla Comunità di Pitigliano.

Il cognome “Scansano” è attestato a Livorno nel 1675[9].

Bibliografia

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Campanini A., Quod possit fenerariBanchi, prestatori ebrei e comunità rurali nel contado bolognese nella seconda metà del XV secolo in Muzzarelli M. G. (a cura di) Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, Bologna 1994.

Cassandro M., La comunità ebraica di Siena intorno all'ultimo quarto del '600, in Bullettino senese di storia patria XC (1983);

Frattarelli Fischer L., Vivere fuori dal ghetto. Ebrei a Pisa e Livorno (secoli XVI-XVIII) , Torino 2008.

Loevinson E., La concession de banques de prêts aux juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles. Contribution à l'histoire des finances d'Italie, in Revue des études juives XCIV (1933);

Mancini B., Banchieri e mercanti ebrei nell'Alta Tuscia tra XV e XVII secolo, in Tracce...percorsi storici culturali e ambientali per Santa Fiora VII (2002).

Niccolai L., Nelle "terre del rifugio". Sui "Privilegi" accordati agli ebrei di Santa Fiora, in Tracce...percorsi storici culturali e ambientali per Santa Fiora VI (2001).

Repetti E., Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana contenente la descrizione di tutti i luoghi del Granducato, Ducato di Lucca, Garfagnana e Lunigiana, VI voll. Firenze 1833-1845.

Roth C., Le memorie di un ebreo senese (1625-1633),  in La Rassegna mensile di Israel V (1930);

Toaff A., Gli ebrei a Perugia, Perugia 1975.

Toaff, The Jews in Umbria. 1484-1736, Leiden-New York-Köln 1994.

Veronese A., Una famiglia di banchieri ebrei tra XIV e XVI secolo: i da Volterra. Reti di credito nell'Italia del Rinascimento, Pisa 1998.


[1]  Repetti, E., Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana,  vol.  5, pp. 213-216.

[2]  Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Notarile Antecosimiano, n. 16824, già P 349 (1454-1469), ser Pietro di Antonio da Vinci, cc. 413v-414r  e n. 16826, già P 350 (1465-1467), ser Pietro di Antonio da Vinci, c. 248r. Questo Bonaventura del fu Diodato potrebbe essere identificato con un omonimo presente a Volterra nel 1469: cfr. Veronese, A., Una famiglia di banchieri ebrei tra XIV e XVI secolo, p. 142.

[3] Cfr. Campanini, A., Quod possit fenerari, pp. 167-170.

[4]  Cfr. Biondi, A., Banchieri e mercanti ebrei a Castro,  p. 96; Toaff, A., The Jews in Umbria 3,n. 2735, p. 1373 e n. 2739, p. 1374, del 1580-1581. Altri personaggi definiti "da Nepi” sono ricordati per tutto il XVII secolo a Siena: cfr. Roth, C., Le memorie di un ebreo senese,pp. 298-299 e 303-304,  e Cassandro, M., La comunità ebraica di Siena, p. 146.

[5] Toaff, A., Gli ebrei a Perugia, p. 145, cfr. Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux juifs, p. 171, (il documento di concessione della banca è pubblicato in appendice, alle pp. 33-34).

[6]  Biondi, A., Banchieri e mercanti ebrei a Castro, p. 96 e Mancini, B., Banchieri e mercanti ebrei nell'Alta Tuscia, p. 138.

[7] Biondi, A., Banchieri e mercanti ebrei a Castro, p. 97; Mancini, B., Banchieri e mercanti ebrei nell'Alta Tuscia, pp. 137-138.

[8] Niccolai, L., Nelle "terre del rifugio, p. 74; Biondi, A., Dall'Amiata alla valle del Fiora, p. 100.

[9]  Cfr. ivi, p. 100; per l’attestazione del cognome a Livorno cfr. Frattarelli Fischer, L., Vivere, p. 183.

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