San Miniato

Titolo

San Miniato

Testo

Provincia di Pisa. Questo comune del Valdarno inferiore, vide crescere la propria importanza nel corso dell’alto Medioevo con la creazione di un centro fortificato, controllato fino all’XI secolo dal Vescovato lucchese. Fu in seguito sede di vicariato imperiale fino al definitivo passaggio sotto il dominio fiorentino nel 1370[1].

La prima attestazione certa dell’esercizio del prestito ebraico a S. ci giunge nel 1393, grazie ai capitoli, che ci sono stati tramandati in volgare, stipulati il 1° settembre di quell’anno, tra il Comune e l’ebreo Vitale di Matassia di Sabato, della famiglia de Synagoga, originaria prima da Roma e poi da Perugia[2]. Vitale (che si stabilì in seguito a Pisa e fu il capostipite della famiglia “da Pisa”)  era affiancato dal padre Matassia, dai fratelli Sabbatuccio, Dattilo e Consiglio e da Vitale e Diodato di Manovello da Corneto[3]. La prima clausola della condotta prevedeva un’esenzione di venti’anni dalle contribuzioni, fatte salve le gabelle ordinarie. A fianco delle disposizioni sulla durata degli accordi, e a quelle che fissavano un interesse massimo esigibile del 30% annuo[4], comparivano appositi capitoli che stabilivano per gli ebrei legati al banco la possibilità di comprare terreno per fare loro sepolture e ‘l comune debba aiutare defendere questo da ogni persona, nonché la possibilità di guardare il sabbato e altre loro feste e fare scuole et sinagoghe secondo loro usança et per neuna persona si debbia loro contradire[5]. Appare quindi evidente come, attorno a questo primo gruppo di israeliti, nel centro toscano venne a crearsi un nucleo insediativo[6], che ottenne anche esplicita concessione per la realizzazione di un cimitero ebraico e di un luogo di culto.

A stabilirsi definitivamente a S. fu Dattilo, il fratello di Vitale di Matassia primo intestatario della condotta del 1393: il ramo familiare da lui discendente prese il cognome “da San Miniato”. I nuovi accordi per l’attività feneratizia vennero stipulati tra il Comune e Dattilo nel 1406[7], sette anni prima della scadenza della condotta del 1393[8].

Nella nuova condotta compariva come prima clausola quella del pagamento alle autorità fiorentine, di duecento fiorini annui come tassa per lo svolgimento dell’attività feneratizia, che avrebbe avuto una durata decennale. Il tasso di interesse venne mantenuto al 30% annuo, mentre si impose la vendita dei beni impegnati esclusivamente nel territorio fiorentino. Tra i soci del banco compariva di nuovo Diodato di Manovello da Corneto (con il fratello Vitale), mentre Angelo di Dattilo da Perugia era indicato come socio per la prima volta[9]. Mancavano, in questa condotta, norme relative a beni immobili ed esigenze di culto, che invece già comparivano nel testo del 1393.

Intestatario della terza condotta per il banco, datata 1416[10], fu Abramo, figlio di Dattilo di Matassia, il primo esponente della famiglia ad essere chiaramente definito come habitator in terra Sancti Miniatis.

La nuova condotta aveva durata di sei anni e prevedeva, per l’esercizio dell’attività, il pagamento di una tassa di 240 fiorini. In essa compariva l’imposizione di operare a S. e in nessun altro luogo dello Stato fiorentino. A fianco del diritto di fenerare, Abramo e soci ottennero la possibilità di commerciare in panni di qualsiasi genere. Le condizioni di prestito rimasero sostanzialmente invariate rispetto alle precedenti concessioni. Venne riproposto un capitolo, non presente nel testo del 1406, con il quale si concedeva agli ebrei residenti in S. la possibilità di detenere domos, terras, possessione et vineas edi facere et habere eorum sepulturas in terris et loci ubi et in quibus voluerint in pertinentiis dicte terre Sancti Miniatis, exceptis in locis piis vel ecclesiasticis[11]. Inoltre compariva la norma che esentava gli ebrei detentori del banco da ogni limitazione nell’abbigliamento ed un’altra volta vi era l’impegno a proteggerli da molestie alla loro persona e ai loro beni in civitate, comitatu vel districtu Florentie vel in terra Sancti Miniatis[12]. Infine si disponeva, in caso di mancato rinnovo della concessione feneratizia, la possibilità per Abramo e soci di risiedere ancora un anno in San Miniato per riscuotere i crediti e vendere o restituire i pegni rimasti in loro possesso, contro il pagamento a Firenze di 120 fiorini d’oro, ossia la metà della tassa prevista nel periodo di funzionamento del banco.

La condotta venne tuttavia rinnovata ancora, nel 1421[13]: il titolare era di nuovo Abramo di Dattilo. In quest’ultima condotta, con durata decennale, vennero confermate, con alcune norme aggiuntive, tutte le disposizioni stabilite dai capitoli del 1416: si concedeva ora agli ebrei di fenerare etiam forensibus a [sic] terra et curte et pertinentiis dicte terre Sancti Miniatis. Si tratta, con molta probabilità, dell’autorizzazione ad esercitare il prestito anche nella vicina Empoli, dove Abramo appare come creditore a partire dal 1430[14].

 

Erano ancora attive le norme che permettevano agli ebrei di acquistare beni immobili: nel 1427 Abramo dichiarò di possedere un appezzamento di terra tenuto a grano, vigna, oliveto e bosco, con una colombaia guasta, ed un’altra presa di terra a grano, situate entro il territorio comunale, per un valore totale di 140 fiorini d’oro[15] ed i terreni erano ancora in suo possesso nel 1429[16].

In correlazione con la successiva condotta attestata per il banco di S., datata 1432 e rivolta ancora ad Abramo di Dattilo[17], ci giunge anche una delibera dei Priori e del Consiglio, datata 9 settembre 1432, con la quale si comunicava la necessità, pro indigentibus, della presenza di un banco di prestito ebraico nel centro toscano[18]. La delibera precedette la ratifica della condotta, di durata quinquennale, con la quale si sanciva, in maniera stavolta apertamente dichiarata, la possibilità di svolgere attività di prestito anche ad Empoli. La tassa per lo svolgimento dell’attività veniva innalzata a 260 fiorini annuali, 20 dei quali dovuti per l’esercizio del prestito nel centro empolese. I figli di Abramo, Dattilo e Emanuele, compaiono nella documentazione, dal 1433, come factores, procuratores, negotiorum gestores […] in quodam exercitio fenoris nuper per eum [Abramo] instituto in castro Empolis[19] ed un ulteriore sportello del banco sembra esser stato aperto dal 1435[20].

La condotta del 1432 risulta l’ultima accordata per S.: l’apertura dello sportello di Empoli, e lo spostamento di Abramo a Firenze, dove nel 1437 venne autorizzato a tenere un banco[21], segnarono il termine dell’attività feneratizia nel centro valdarnese.

La presenza di ebrei a S. comunque continuò: nel 1437 un Dattilo di Josef cedette in affitto per due anni una casa che aveva acquistato dal Comune cum apotheca et palchis seu cameris, posta nel terziere di Fuoriporta[22].

Inoltre numerose sono le attestazioni della continuità d’uso, almeno per tutto il XV secolo, e forse oltre, del cimitero ebraico, la cui esistenza venne autorizzata fin dalla condotta del 1393. È probabile che questo cimitero venisse utilizzato non soltanto dagli ebrei di S.e di Empoli, ma anche da quelli abitanti a Firenze. Ad esempio in data 30 maggio 1442, il notaio Giuliano Lanfredini, rogò a Firenze il testamento di Guglielmo del fu Sabatuccio, ebreo di Pistoia che, morto il 1° giugno 1442, chiedeva la sepoltura in castro Sancti Miniatis florentini ubi sepelliuntur alii ebrei de provincia tuscie[23]. In data 8 luglio 1496 il notaio Piero da Vinci registrò a Firenze il testamento di Manuele del fu Bonaiuto di Salomone da Camerino, abitante a Firenze, che indicò anche lui come luogo di sepoltura il castrum Sancti Miniati al Tedescho comitatus Florentie, in loco ubi soliti sunt sepelliri hebrei[24]. Infine in data 25 febbraio 1499, anche Rosa, figlia del fu Sabato di Bonaventura da Pistoia e vedova di Salomone di Manuele da S. chiese di essere sepolta in terra Sancti Miniati: del resto tracce della presenza ebraica rimangono ancora nella toponomastica odierna che riporta qui la presenza di un “podere al giudeo”. Al suo interno, secondo le tradizioni orali locali, era situato il cimitero ebraico25. La fitta discendenza di Dattilo di Mattasia si trasferì gradualmente da S.ad Empoli e a Firenze (ove esercitò per decenni attività di prestito) per spostarsi poi, nel Cinquecento, in varie località dell’Italia centro-settentrionale, utilizzando spesso il cognome “da San Miniato”, ma anche i cognomi “da Empoli” e “Miniati”.

Va infine segnalato, da un lato, che nell’anno 859  proprio nei pressi di San Miniato, a Fabbrica di Cigoli, e nella stessa valle ove venne realizzato, circa cinque secoli più tardi il cimitero ebraico, è ricordato un appezzamento di terra di proprietà di un Donato ex genere ebreorum, e, dall’altro che nei secoli XVII e XVIII le manifatture ebraiche della seta impiegarono anche mano d’opera dell’area di S.[25].

A Fucecchio, non lontano da qui, risulta una presenza ebraica il 4 maggio 1400, quando erano definiti terrigeni del castrum di Fucecchio tanto il responsabile del banco locale, Manuele del fu Maestro Mosé, quanto i suoi soci non residenti, fra i quali era Matassia di Sabato de Synagoga, padre dei titolari dell’attività di prestito sanminiatese 26.

Bibliografia

Botticini M., New Evidence on Jews in Tuscany in “Zakhor”, I, 1997, pp. 81 e 91-92.

Bruscino A., Una famiglia di banchieri ebrei tra XIV e XV secolo: San Miniato, Empoli e Firenze, Università di Pisa, Tesi di Laurea, a. a. 1999-2000, relatore Prof. M. Luzzati.

Bruscino A., Una presenza ebraica di lungo periodo: la famiglia da San Miniato ad Empoli (secc. XIV-XVI), Università di Pisa, Tesi di Dottorato in Storia, Ciclo XVI (2001-2003), Tutor Prof. M. Luzzati.

Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918.

Frattarelli Fischer L., Vivere fuori dal ghetto. Ebrei a Pisa e Livorno (secoli XVI-XVIII) , Torino 2008.

Luzzati M., L’insediamento ebraico a Pisa prima del Trecento: conferme e nuove acquisizioni  in Società, istituzioni, spiritualità. Studi in onore di Cinzio Violante, I, Spoleto 1994, pp. 509-517.

Luzzati M. (a cura di), Gli ebrei a Pisa (secoli IX-XX). Atti del Convegno Internazionale, Pisa 3-4 ottobre 1994, Pisa 1998.


[1] Si veda Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei,  pp. 5-13.

[2] Si tratta di Vitale di Matassia “de Synagoga”, ebreo di origine romana, detentore insieme al padre di un banco di prestito anche a Pisa, la permanenza nella quale lo portò ad assumere il cognome “da Pisa”, in merito Luzzati, M., Gli Ebrei a Pisa, Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei,  nt. 15 p. 15.

[3]Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Diplomatico, Normali, 1393 settembre 1, Comune di S. Miniato, trascritto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice I, doc. 1, pp. 72-86. Di questa e di tutte le condotte posteriori ci giungono non le prime redazioni “locali” delle condotte, bensì la posteriore ratifica degli accordi presi da parte delle autorità fiorentine.

[4] Ivi, pp. 19-20.

[5] Ivi, Appendice I, doc. 1, p. 78.

[6] Ivi, pp. 15-16.

[7] ASFi, Capitoli, Appendice, n. 28 cc. 4r-7r, trascritto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice I, doc. 2, pp. 82-92.

[8][8] Probabilmente l’anticipo nella redazione di una nuova condotta nasce dall’intento dei contraenti  di cautelarsi nei confronti delle autorità fiorentine, che nel gennaio 1406 avevano tentato di proibire l’esercizio del prestito fissando una penale di 1.000 fiorini per ogni transazione: cfr. Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, nota 5 p. 15. Il provvedimento fu poi revocato a favore dell’imposizione di una doppia capitolazione, locale e “fiorentina” per tutte le località soggette: cfr. Bruscino A., Una famiglia di banchieri ebrei, p. 24.

[9] Mentre il fratello di Dattilo, Matassia, concentrava la sua attività sul banco pisano, l’altro fratello Sabato si era spostato a Pescia, dando vita ad un altro ramo della famiglia denominato, appunto, “da Pescia”: Ivi, p. 30.

[10] ASFi, Capitoli, Appendice n. 28, c. 144v.-149r,  trascritta in Bruscino A., Una famiglia di banchieri ebrei,  Appendice I, doc. n. 3, pp. 92- 105.

[11] Cfr. Ivi, Appendice I, doc. n. 3, p. 97.

[12] Cfr. Ivi, Appendice I, doc. n. 3, p. 97.

[13] ASFi, Capitoli, Appendice, n. 28, cc. 62v.-67v, trascritto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei,  Appendice I, doc. n. 4, pp. 106-121.

[14]Anno in cui questi richiese al podestà locale di sollecitare la restituzione di 3, 45 e 25 lire dovutegli dagli empolesi Michele di Andrea, Nicoletto e Marco di Antonio: Archivio Storico Comunale di Empoli (ASCE), Archivio del Podestà di Empoli, Atti Civili, registro n. 1,cc. 56v e 69v.)

[15] ASFi, Catasto, 289, cc. 354 rv., Cfr. Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice II, doc. n. 11 p. 169.

[16] ASFi, Catasto, 309, c. 949r., Cfr. Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice II, doc. n 12 p. 170.

[17] ASFi, Capitoli, Appendice n. 29, cc. 18r.-22v., trascritto in Bruscino, A.,Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice I, doc. n. 5 pp. 122-141.

[18] Archivio Storico Comunale di San Miniato (ASCSM), Deliberazioni dei Priori e del Consiglio, n. 2326, c. 141r., regesto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei,  Appendice II, doc. n. 18, p. 174.

[19] ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 17990 [già R 187], cc. 407rv., regesto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice II, docc. n. 22, p. 178.

[20]ASCE, Archivio del Podestà di Empoli, Atti civili, registro n. 3 (1403-1436), cc. 17r. e 28r., regesto in Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei, Appendice II, docc. n. 23, p. 178-179.

[21] ASFi, Capitoli, Appendice n. 29, cc. 29r.-32r. In merito ivi, pp. 57-64

[22] ASCSM, Comunità di San Miniato, Deliberazioni dei Priori e del Consiglio, n. 2330, c. 36v. cfr. Bruscino, A., Una famiglia di banchieri ebrei,  Appendice II, doc. n. 25, p. 180.

[23] ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 16841 [già P 357], cc. 316r.-319r, citato in Bruscino, A., Una presenza ebraica di lungo periodo, nota 13 p. 18-19.

[24] ASFi, Notarile Antecosimiano n. 16841 [già P 357], Inserto 4° [numerazione valida a lapis], cc. 8rv., citato in Bruscino, A., Una presenza ebraica di lungo periodo, nota 13 p. 18-19.

 

[25]  Per il documento dell’859 cfr.  Luzzati, M., L’insediamento ebraico a Pisa prima del Trecento, pp. 509-510; per le maestranze utilizzate dalle manifatture seriche cfr. Frattarelli Fischer, L., Vivere, pp. 92 e 159.

26 ASFi, NA, n. 15647, già O 40, 1396-1404, Lorenzo Orlandi, c. 86r.

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