Prato

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Prato

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Prato (פראטו)

Capoluogo di provincia. Insistendo su di un’area abitata già in epoca preistorica, il centro è attestato nel Medioevo a partire dal X secolo e nel successivo fu sotto la dominazione degli Alberti. Ad inizio XII secolo P. divenne libero Comune, che in pieno ‘300 si dette agli Angiò per non essere sottomesso da Firenze: nel 1351, però, Giovanna d’Angiò vendette P. a quest’ultima, sotto la quale il centro rimase in seguito.

Nel 1406, la Signoria di Firenze autorizzò un banco a P., in cui era associato Salomone di Sabato da Terracina, che abitava, tuttavia, a Lucignano. Il figlio di Salomone, Bonaventura, ebbe sin dal 1421 la concessione del banco pratese mentre il figlio di Bonaventura, Salomone, fu associato con il padre per alcuni banchi toscani, tra cui  questo, prima di  divenire il principale concessionario di svariati banchi toscani, a partire dal 1426.  Salomone di Bonaventura  (designato anche come Salomone da Prato), risiedeva qui , ma, quando fu autorizzato il prestito ebraico a Firenze, riuscì a far entrare i propri figli nel novero dei feneratori legalmente autorizzati ad operare nella città, assumendo personalmente, nel 1438, la direzione del banco de’ Ricci, poi chiuso, in seguito ad un contenzioso con le autorità fiorentine[1].

Al banco di P. risultavano associati, agli inizi del secolo XV, anche il figlio di Matassia di Sabato da Roma o de Synagoga, Vitale  (Yehyel)[2] e  Dattilo di Consiglio di Dattilo di Magister Elia da Tivoli, poi socio dei banchi che si sarebbero aperti, verso la fine degli anni Trenta del Quattrocento, a Firenze[3].

Guglielmo di Dattilo di Abramo da Montalcino, banchiere fiorentino, ebbe, solo o in società, condotte feneratizie in svariate località toscane, tra cui, nel 1477 circa, anche P.[4].

Dall’atto di divisione dei beni, stipulato presso un notaio da Isacco e Simone di Vitale da Pisa, risulta che la famiglia possedeva ingenti beni immobili in svariate località della Toscana, tra cui P.[5]. Anche il ramo dei da Pisa che discendeva da Isacco di Vitale e si era trasferito, in seguito alle vicende politiche fiorentine, nell’Italia settentrionale, principalmente a Bologna, continuò ad avere interessi nel banco pratese, come attesta, tra l’altro, un atto notarile del 1528, con cui i fratelli di Daniele di Isacco si assumevano la cura di amministrare per i nipoti i capitali investiti in questo banco ed in quello pisano.[6]

Nel 1500 abitava a P. Manuele di Isacco, che stringeva una società con due correligionari da Perugia per la produzione di materassi. La società doveva durare cinque anni. L'anno seguente, però, venne sciolta ed i soci scelsero degli arbitri per risolvere le differenze nate tra loro per la divisione dei beni[7].

Presumibilmente agli inizi del 1548, venne aperto a P. un banco feneratizio appartenente ad Abramo di Isacco di Vitale da Pisa, del ramo della famiglia trasferitosi a Bologna , in società con  gli Abravanel[8].

L’anno successivo, i da Pisa e gli Abravanel ottennero che l’area in cui era concesso di fenerare al titolare del banco di P. si estendesse  nel suo territorio per 15 miglia[9]. Meno di una ventina di anni dopo, i da Pisa si spostarono da Bologna per stabilirsi, probabilmente, a P., ottenendo l’esenzione dal segno, sebbene l’attività creditizia nella località sembrasse più problematica che soddisfacente[10].

Dopo la decisione della segregazione del 1570, tra i banchi dei da Pisa che furono posti sotto processo, si trovava anche quello di P.

Nel 1570 risultavano esservi 42 ebrei a P.[11].

Bibliografia

Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, Firenze 1918.

Luzzati, M, La casa dell’Ebreo, Pisa 1985.  

Magulies, S.H., La famiglia Abravanel in Italia, in Rivista israeliticaIII (1906), pp. 146-151.

Salvadori, R., Breve storia degli ebrei toscani. IX-XX secolo, Firenze 1995.

Toaff, A., The Jews in Umbria, Leiden-New York-Köln 1993-94.


[1] Cassuto, U., Gli ebrei a Firenze nell’età del Rinascimento, p. 126, n. 1; per i particolari relativi a Salomone e al banco de’ Ricci, cfr. ivi,  pp. 127-130.

[2] Salvadori, R., Breve storia degli ebrei toscani, pp. 24-25.

[3] Luzzati, M.,  La casa dell’Ebreo, p. 241.

[4] Cassuto, U., op. cit., p. 246.

[5]  Luzzati, M., op. cit., p. 249.

[6] Archivio di Stato di Bologna, Notarile , Pietro Zanettini, filza 19, n. 16, citato ivi, p. 255, n. 105.

[7]  Toaff, A., Umbria, doc. 2109, 2124.

[8] Archivio di Stato di Firenze, Magistrato Supremo, n. 4449, c. 62r., citato in Luzzati, M., op. cit.,  p. 277, n. 21; cfr. Magulies, S.H., La famiglia Abravanel in Italia, in Rivista israeliticaIII (1906), pp. 146-151.

[9] Luzzati, M.,  op. cit., p. 280.

[10] Ivi, p. 284, n. 45; p. 285.

[11] Ivi, p. 273.Tabella 1.

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