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Provincia di Arezzo. Questo comune del Casentino, appartenente ai conti Guidi e fu un centro fortificato a partire dalla metà del XII secolo. Rimase poi possesso, dopo la suddivisione del casato in diversi rami, dei conti di Battifolle ed entrò, poi, definitivamente sotto il dominio fiorentino intorno alla metà del Quattrocento[1].
La prima attestazione della presenza di ebrei compare nell’estimo del 1384[2]: una portata è riferita a Manuele di Maestro Mosé ebreo da Castiglione Aretino, che deteneva numerosi beni fondiari ed è indicato come “terrazzano”. La testimonianza della presenza di un maggior numero di ebrei a P., giunge nel febbraio del 1393[3], quando Manuele presentò una denuncia all’ufficiale del conte di Battifolle per ingiurie e minacce rivolte da un abitante di P. a Salomone ebreo, poi attestato come effettivamente abitante nella località nel 1396[4]. Lo stesso anno Salomone e Manuele sono documentati come prestatori[5]. È probabile, tuttavia, che i loro banchi non fossero gli unici e che il prestito fosse esercitato anche da non ebrei[6]. Sempre nel medesimo anno un terzo prestatore, Davide, forse figlio di Salomone, compare nella documentazione[7]. Davide è ricordato ancora nel 1402[8] e nel 1405[9]; in questa seconda attestazione risulta associato al figlio Servadio, anch’egli prestatore, mentre un secondo figlio, Salomone, viene citato in giudizio, sempre nel 1405[10].
Se Manuele scompare dalla documentazione al termine del XIV secolo, il nucleo familiare di Salomone è attestato fino al 1405.
Ci è noto che fra il 1417 e il 1419 il titolare del banco di prestito di P. era Daniele di Maestro Musetto da Forlì ed il gestore era Salomone di Guglielmo, egualmente originario da Forlì. Nel 1418 è ricordato nel centro casentinese anche un medico proveniente da Rimini, Aliuccio di Musetto, forse fratello di Daniele. Dallo stesso 1417 operavano a P., al servizio di Daniele di Maestro Musetto, Abramuccio da Rimini (morto nel 1428) e suo figlio Bonagiunta. Nel 1419 fu costituita una società per il prestito di cui facevano parte, in rappresentanza dei rispettivi padri, Daniele di Maestro Musetto da Forlì e Salomone di Buonaventura di Sabato da Terracina, abitante a Lucignano. La società venne confermata nel 1423, quando Bonaventura da Terracina si era ormai trasferito a Prato. Alla morte di Daniele di Maestro Musetto, nel 1429, il da Terracina strinse società con Bonagiunta di Abramuccio da Rimini, affiancato dal fratello Beniamino ovvero Guglielmo[11].
Frequentemente documentato come residente a P.[12], Bonagiunta di Abramuccio era sempre presente nel 1440[13], quando, con il figlio Abramo, prestò al conte Francesco Guidi di Battifolle cinquecento fiorini d’oro.
Gli accordi con il conte Francesco forse furono all’origine dell’inserimento, nei capitoli di resa ai fiorentini, di una clausola con la quale si sanciva il diritto dell’”ebreo residente nel centro di P.”, probabilmente, appunto, Bonagiunta, di rimanere e rinegoziare le condizioni per lo svolgimento dell’attività feneratizia, con i commissari del governo fiorentino[14]. Anche in caso di mancato accordo l’ebreo avrebbe potuto rimanere, pur cessando l’attività di prestito, oppure avrebbe beneficiato di un salvacondotto, valido due mesi, per lasciare la località.
Non sappiamo se la rinegoziazione sia avvenuta o meno: in ogni caso Bonagiunta ed il figlio Abramo rimasero a P., ed aprirono un contenzioso per ottenere quanto dovuto dal conte Francesco che, a causa della confisca dei beni da parte fiorentina, non aveva saldato il debito contratto nel 1440[15].
Ancora nel 1449, poi a partire dal 1456 per otto anni e, in seguito, nel 1473, nel 1476 e nel 1478, Abramo di Bonagiunta è definito fenerator a P. ed al suo fianco agiscono anche i figli Gaio, Buonagiunta, Guglielmo ed Emanuele. Nato da Emanuele si conosce un Elia e, da quest’ultimo, un Consiglio[16].
Nel 1448 era presente a P. un Abramuccio di Guglielmo, anch’egli prestatore[17], nipote ex fratre di Abramo.
Dalla documentazione risulta anche la conversione di una donna ebrea, Fresca, forse la sorella di Gaio ed Emanuele, appena citati, cui il comune donò una somma di denaro come dote in vista di un matrimonio nel 1476[18]. Nello stesso 1476 una lettera anonima indirizzata agli Otto di Guardia e Balia fiorentini accusava di varie attività illecite Belfiore, moglie di Abramo di Bonagiunta, il figlio Bonagiunta e il nipote Elia di Manuele di Abramo di Bonagiunta. La citazione si concluse con l’assoluzione della famiglia e la proibizione di molestie a suo danno[19].
Nell’estimo di P. del 1477 sono menzionati due gruppi familiari: quello di Abramo di Bonagiunta e quello del figlio Gaio, mentre sappiamo che Abramuccio di Guglielmo, ricordato qui alla metà del secolo, si era spostato a Pisa. Era probabilmente sua madre la Dolce del fu Guglielmo da P. che il 30 gennaio 1453 venne inclusa fra i “fattori” del banco della città dell’Arno, retto da Isacco di Emanuele da Rimini. Ed era suo fratello il Salomone che abitava a Pisa nel 1461 e vi è sempre ricordato nel 1478. Lo stesso Abramuccio è attestato a Pisa, come un altro fratello, Lazzaro, ancora nel 1475-1478 [20].
Ulteriori notizie riguardanti gli ebrei stanziati a P. nel secolo XV risultano poi sporadiche. Probabile nipote di Abramuccio di Guglielmo fu l’Abraminus Puppi, che è ricordato come “strazzarolo” a Imola il 23 novembre 1529 , mentre a P. un Daniele di Jacob fu oggetto di manifestazioni ostili da parte della popolazione sempre nel corso del XVI secolo[21]. Infine, il censimento relativo al processo contro gli ebrei del Granducato di Toscana, promosso nel 1570 in vista delle disposizioni granducali che avrebbero comportato lo spostamento nei ghetti di Firenze e Siena, testimonia la presenza di 26 ebrei nel centro casentinese[22].
Bibliografia
Bicchierai M., Ai confini della Repubblica di Firenze. Poppi dalla signoria dei conti Guidi al vicariato del Casentino, Firenze 2005.
Botticini M., New Evidence on Jews in Tuscany, in Zakhor I, 1997, pp. 77-93.
Luzzati M., La casa dell’Ebreo. Saggi sugli ebrei a Pisa e in Toscana nel Medioevo e nel Rinascimento, Pisa 1985.
Salvadori R.G. - Sacchetti G., Presenze ebraiche nell’aretino dal XIV al XX secolo, Firenze 1990.
Simonsohn S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
[1] Bicchierai, M., Ai confini, pp. 3-30.
[2] Archivio Storico Comunale di Poppi (ASCP), Estimo 1384, citato in Bicchierai, M., Ai confini, pp. 135-136.
[3] ASCP, 2975, c. 6r, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 136.
[4] Biblioteca Comunale “Rilliana” di Poppi (BCP), 280, c. 73r, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 136.
[5] Per le numerose attestazioni dell’attività feneratizia di Manuello si veda ivi, nota 293 p. 136, per l’attività di Salomone si veda BCP 280, c. 73r citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 136.
[6] Ad esempio un banco, in concorrenza con quelli ebraici, è attestato tra 1406 e 1407: cfr. ivi, nota 269 p. 131.
[7] Per le varie attestazioni di David nel 1396 si veda ivi, nota 294 pp. 136-137.
[8] Archivio di Stato di Firenze (ASFi), Notarile Antecosimiano, 9609 c. 50v, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 137.
[9] ASFi, Notarile Antecosimiano, 9609 c. 137v, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 137. ASFi, Notarile Antecosimiano, 9609 c. 133r, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 137.
[10] ASCP 3962, c. 58r, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 137.
[11] Botticini, M., New Evidence, pp. 79 , 81-83 e 90-92.
[12] Bicchierai, M., Ai confini, p. 138.
[13] BCP, rotolo “Rilli”, 781, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 138.
[14] ASFi, Capitoli, 9, cc.122v-117r, citati in Bicchierai, M., Ai confini, p. 138-139.
[15] Nel 1443 ebbero in risarcimento un terreno a vigna nelle vicinanze delle mura cittadine: BCP, rotolo “Rilli”, 781, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 139.
[16] ACP 4891, 19 agosto 1449, non cartulato, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 139; ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 6141 (già D 65, 1455-1456), c. 29r (8 febbraio 1456); ASFi, Otto di Guardia e Balia della Repubblica, n. 33, c. 36v (6 luglio 1473); ibid., n. 41, c. 74r (15 marzo 1476); ibid. n. 50, c. 7r (13 novembre 1478, Guglielmo); ibid., n. 54, c. 15v (19 novembre 1479; Consiglio di Elia); ibid., n. 58, cc. 81v-82v (30 giugno 1481; Guglielmo di Abramo).
[17] ASCP 3634, c. 98r, citato in Bicchierai, M., Ai confini, p. 139.
[18] ASCP, 608 c. 67v.
[19] Si veda in merito Salvadori, R. - Sacchetti, G., Presenze ebraiche, pp. 47-48.
[20] Cfr. Luzzati, M., La casa dell’ebreo,pp. 78-79; ASFi, Notarile Antecosimiano, n. 6136 (già D 65, 1452-1453), alla data; Archivio di Stato di Lucca (ASLu), Notari, I, n. 575, Ser Giovanpieto Franciotti, cc. 225rv e ASFi, Otto di Guardia e Balia della Repubblica, n. 50, c. 26r (8 dicembre 1478, per Salomone)
[21] Simonsohn, S., Apostolic See, n. 1428, p. 1765 e ASFi, Otto di Guardia e di Balia, Principato, 85 c. 77r, citato in Salvadori, R. - Sacchetti, G., Presenze ebraiche, pp. 50
[22] ASFi, Magistrato Supremo, 4450, c. 125r, citato in Salvadori,R. - Sacchetti, G., Presenze ebraiche, pp. 62.