Pistoia

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Pistoia

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Pistoia (פיסטויה)

Capoluogo di provincia. Anticamente Pistoria o Pistoriae, fu un libero Comune, che ebbe una travagliata vita interna per gli scontri tra i guelfi Bianchi e i Neri. Dopo varie vicende, nel 1329 cadde sotto l’egemonia di Firenze che lo privò dell’autonomia (1401). Dalla metà del XIV secolo per oltre due secoli, P. fu in preda alle lotte intestine, sedate dai Medici: la città, tuttavia, con il tempo, decadde, soprattutto economicamente. 

Il primo accenno ad una presenza ebraica  a P. risale al 1399, quando due ebrei residenti a Pisa, Sabato del fu Dattilo ed il figlio Musetto, chiesero agli Anziani ed al Gran Consiglio di poter venire ad abitare nella città con le proprie famiglie, i servitori ed i dipendenti per fenerare o esercitare qualunque altro mestiere, per il  profitto proprio e del Comune. La condizione che ponevano era di essere considerati come cittadini, godendo della libertà di culto e delle immunità  da tutti gli oneri, salvo le gabelle, per un periodo di dieci anni e chiedendo, inoltre, di operare alle stesse condizioni degli altri prestatori di P.[1].

L’attività feneratizia ebraica continuò in seguito, come attestano i capitoli del 1455 tra il Comune e un banchiere per la gestione di un banco di pegno per 6 anni[2]

Successivamente,  la presenza ebraica tornò ad essere menzionata solo nel 1641, quando alcuni ebrei, dopo l’incendio della sacrestia della cattedrale, ne acquistarono i resti degli armadi disegnati e intagliati dal celebre Ventura Vitoni[3].

In documenti pistoiesi del 1742, relativi a quella che da tempo imprecisato veniva chiamata “Piazza Ebrea” o Piazza dello Spirito Santo (attualmente Piazza S.Leone), si legge: Gli agnelli, uccelli, uovi , e altri commestibili proibiti nel tempo della Quaresima, non si vendano né si possano vendersi altrove che sulla Piazza dello Spirito Santo[4].

Il termine “ghetto” viene impiegato per la prima volta qui nel 1718, nel registro della parrocchia di S. Matteo, per designare quattro nuclei familiari al primo piano di una corte con accesso dalla Piazza dell’Ortaggio (attualmente del Pesce). Nel  registro parrocchiale del 1753  è poi menzionato per l’ultima volta il “ghetto” nella parrocchia di S. Matteo, mentre da un documento del 1777 risulta che nel quartiere di Porta Lucchese vi fosse un vicolo “detto del Ghetto”[5], che corrispondeva ad una piccolissima corte dell’odierna via Puccini.

Bibliografia

Andreini, A., Il ghetto degli ebrei a Pistoia, in Bollettino Storico Pistoiese XCI (1989), (terza serie, XXIV), pp. 63-73.

Capecchi, I. - Gai, L., Il Monte della Pietà a Pistoia e le sue origini, Firenze 1975.

Zdekauer, L., L’interno di un banco di pegno nel 1417, in Archivio Storico Italiano Firenze, S.V., XVII (1896),pp.63-104.


[1] Zdekauer,  L., L’interno di un banco di pegno nel 1417, pp. 81-82. 

[2] Il testo del documento è stato pubblicato in Capecchi, I. - Gai, L., Il Monte della Pietà a Pistoia e le sue origini, pp. 137-141.

[3] Andreini, A., Il ghetto degli ebrei a Pistoia, p. 63.

[4] Capitoli dell’Uffizio della Grascia e dell’Opera di S. Jacopo di  Pistoia, compilati, corretti e riformati l’anno MDCCXLII, Pistoia, Atto Bracali , 1767; Cap. XXV, della Piazza Ebrea, o luogo dove devono vendersi in tempo di quaresima  agnelli, uovi, e altri commestibili proibiti, citato in Andreini, A., op. cit., p. 64, n. 7.

[5] Archivio di Stato di Pistoia, Catasto Granducale, 3, Comunità di Pistoia, Estimo dell’anno 1777, II, c. 194, n. 954, citato ivi, p. 73, n. 29.

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