Cagliari

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Cagliari

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Capoluogo di regione. Le origini di C. risalgono ai tempi antichi: fu città punica, romana e bizantina e nel Medioevo passò dai pisani agli aragonesi ( a far data dal 1323).

La prima presenza ebraica a C. risale ai tempi di Gregorio Magno, che nel 593 ordinò  a Gianuario, vescovo della città, di proteggere gli schiavi di ebrei che si rifugiano nelle chiese, aggiungendo che i loro padroni non dovevano essere risarciti[1].

Nel 599 il Papa dette istruzioni allo stesso vescovo affinché fossero tolti dalla sinagoga di C. degli oggetti che Pietro, un ebreo battezzato, aveva messo lì a posta per privare gli ebrei del loro oratorio[2].

Quando l'infante Alfonso d'Aragona diede inizio alla conquista della Sardegna nel 1323 fu accompagnato da alcuni ebrei, in particolare due medici, l'uno originario di Huesca e l'altro di Saragozza. Si pensa, però, che nel castello di C. vi fossero già alcuni ebrei dall'epoca del dominio pisano: da questi due gruppi nacque la Comunità, così come appariva sotto gli aragonesi nel '300[3].

Il primo privilegio degli ebrei di C. pervenutoci è del 1335, anno in cui il re Alfonso IV estese alla Comunità locale i privilegi di cui godevano gli ebrei di Barcellona.  Nel 1344 re Pietro IV concesse libera dimora nel castello di C. agli ebrei ivi abitanti in Via Fontana[4].  Mentre già nel 1332 gli ebrei del castello di C. pagavano una tassa annuale di 50 lire di alfonsini, re Alfonso IV esonerò i potenziali immigrati dal pagamento di tale imposta per i primi tre anni di permanenza nell'isola. Poco più tardi l'esenzione fu cambiata in una tassa minore, cioè in un pagamento triennale a persona di una doppia[5].

Nella seconda metà del '300 il sovrano impose al gruppo ebraico locale un'altra tassa, sempre di 50 lire, da pagare annualmente alle monache del convento di Santa Chiara di Stampace. Il tributo venne poi modificato nel '400 da Alfonso V in 200 starelli di grano all'anno[6].

Poco prima della cacciata degli ebrei dalla Sardegna re Ferdinando raddoppiò la tassa annuale della Comunità di C. a 100 lire: essa, inoltre, pagava altre tasse annuali, come per esempio per la sinagoga, il cimitero e simili[7]. Oltre ai contributi "ordinari" vi erano poi da pagare anche quelli "straordinari", quali le "sovvenzioni" per le guerre del sovrano[8].

Gli ebrei cagliaritani furono fra i ricchi isolani ai quali la corona richiese anche di versare all'erario contributi personali in forma di prestiti e di tasse, ai quali corrispondeva spesso l’elargizione di privilegi personali. Alcuni di questi israeliti ricoprivano poi alte cariche presso la corte, come consiglieri e tesorieri, e non mancarono dei medici ebrei favoriti dal sovrano[9].

Tra questi ultimi figurano il chirurgo Salamone Avenroques, Iuceff Fadalen e Iuceff  Fedalo, tutti della seconda metà del '300, ma, tra i privilegiati, vi furono anche dei non medici[10].

Non va comunque dimenticato che gli ebrei di C. (come del resto gli altri correligionari della Sardegna) soffrirono di numerose imposizioni restrittive, in particolare dai primi anni del '400 in poi, ispirate dalla Chiesa e di carattere religioso, che, però, avevano anche un impatto economico e sociale. Fra di esse vi fu il segno distintivo ed i ripetuti tentativi di separare i luoghi abitativi da quelli dei cristiani, sebbene gli ebrei di C. non siano mai stati relegati in un ghetto, ma la juharia sia stata un quartiere ebraico scelto liberamente. 

In effetti, come altrove nel regno d'Aragona durante il '400, l'irrigidimento delle misure a danno degli ebrei fu il preludio all'espulsione dai domini spagnoli che avvenne nel 1492, dopo l'unione dell'Aragona con la Castiglia sotto i re cattolici[11].

Vita economica

Oltre che da medici, di cui possediamo molti nomi, la popolazione ebraica della Sardegna, compresa quella di C., fu composta prevalentemente da mercanti e da artigiani. Fra questi ultimi figurano calzolai, conciatori, fabbri, falegnami, maniscalchi e sarti, mentre tra i commercianti vi erano prestatori e cambiavalute,  piccoli e grossi mercanti, bottegai.

I grossi mercanti furono coinvolti nel commercio internazionale, in primo luogo con l'Aragona, ma anche con altri luoghi del Mediterraneo, come la Sicilia, la terraferma italiana, la Francia, L'Africa del Nord, Maiorca, la Siria e così via. I registri della dogana cagliaritana attestano l'intensità di questa attività e la varietà delle merci scambiate, fra cui i generi di prima necessità, soprattutto alimentari, il vino, la lana, le stoffe, i pelli, i metalli (ferro, piombo, ottone), il corallo, i gioielli, le spezie, il sale ed altri prodotti[12].

Vita comunitaria

La Comunità ebraica di C. fu modellata sulla aljama aragonese: nel 1335 essa fu invitata da Alfonso IV "a regolarsi nella sua attività come l'aljama di Barcellona". Il consiglio generale doveva eleggere annualmente tre segretari o ne'emanim e le elezioni si svolgevano il primo giorno di gennaio. I segretari, confermati nella carica dal baiulo regio, avevano il compito di osservare le regole del governo interno, di gestire gli affari e di trattare con le autorità in materia di privilegi, tasse e così via.

Nel 1369 Pietro IV ordinò una riforma dell'ordinamento della Comunità, in seguito alle lamentele dei suoi ceti più bassi: il consiglio generale doveva ora eleggere 12 segretari, ovvero quattro per ognuna delle tre classi (elevata, media e minore). I neo eletti dovevano prestare giuramento al governatore di C., mentre gli uscenti non potevano essere rieletti prima di un biennio. Alle fine dell'incarico, i segretari erano poi tenuti a rendicontare il proprio operato[13].

Tra le altre cariche comunitarie importati dall'Aragona vi fu anche quella del rab della corte. Il più noto rabbino della Sardegna a rivestire questa carica fu maestro Bonjuha Bondavin (Giuda ben Davide) da Marsiglia. Oltre che di C. Bondavin fu nominato anche rabbino capo delle Comunità dell'intera Sardegna e corrispondeva con la massima autorità rabbinica dell'Aragona, R. Isacco ben Sheshet Perfet (Ribash)[14].

Già dal principio la Comunità di C. possedeva sinagoga, cimitero ed altre istituzioni comunitarie[15].

Demografia

La popolazione ebraica cagliaritana è stata calcolata in 1.000-1.200 anime al momento della sua massima espansione nel '400: essa fu la più importante della Sardegna[16].

Bibliografia

Bloch, I., Bonjusas Bondavin, in REJ 8 (1884), pp. 280-283.

Olla Repetto, G., La presenza ebraica in Sardegna attraverso una ricerca archivistica relative ai secoli XIV-XV, in Atti del Convegno Internazionale Italia Judaica III, Tel Aviv 1986, Roma 1989, pp. 191-195.

Olla Repetto, G., La donna ebrea a Cagliari nel '400, in Anuario de Estudios Medievales 18 (1988), pp. 551-562.

Perani, M., Appunti per la storia degli ebrei in Sardegna, in Italia 5 (1985), pp. 104-144.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll. Toronto 1988-1991.

Spano, G., Gli ebrei in Sardegna, in Rivista Sarda 1 (1875), pp. 23-52 (ripreso in Il Vessillo Israelitico 27 (1879), pp. 115-6, 135-9, 164-7, 196-8, 229-33, 300-3, 328-32, 363-5).

Tasca, C., Gli ebrei in Sardegna nel XIV secolo, Roma 1992.

Tasca, C., Ebrei e società in Sardegna nel XV secolo, Firenze 2008.


[1] Simonsohn, S., Apostolic See, doc. 11.

[2]  Ivi,doc. 23.

[3]  Tasca, C., Ebrei in Sardegna I, p. 42 e segg.

[4] Ivi I, p. 44 e segg. e doc. XVI, XXV, XXVI,  XCII

[5] Ivi I, doc. XX e segg.

[6] Ivi I, p. 156, doc. XCV, CVIII, CXVIII, CCCLXXVI.

[7] Ivi I, p. 157 e segg. ed i documenti citati in nota.

[8] Ivi I, p. 158 e segg.

[9] Ivi I, p. 159 e segg.

[10] Ivi I, p. 161 e segg., p. 165.

[11]  Ivi II, p. 47 e segg. Sul quartiere ebraico si veda, ivi I, pp. 54, 122.

[12] Ivi I-II, passim e indice.

[13] Ivi I,  pp. 55 e segg, 145 e segg. e doc. XXVII, CCCLIV.

[14] Bloch, I., Bonjusas Bondavin, p. 280 e segg.; Perani, M., Ebrei in Sardegna,  p.  111.

[15] Tasca, C., op. cit., I-II, passim.

[16] Ivi I, p. 78.

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