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Viadana (ויאדנה)
Provincia di Mantova. Posta alla sinistra del Po, tra quest’ultimo e l’Oglio, era un insediamento di epoca romana e, entrata nell’orbita dei Gonzaga, fece parte del ducato di Mantova, di cui seguì le sorti.
Il primo documento relativo alla presenza ebraica a V. risale al 1442, quando a Elia di Leuccio (Elia) di Mosè da Bologna fu concesso di fenerare nella località[1].
L’anno successivo, fu elargita ad Elia l’absolutio, ma, subito dopo, gli ebrei dovettero mobilitarsi in suo soccorso, impetrando la grazia (non sappiamo con quale esito), dato che era stato punito con l’esilio e la confisca delle proprietà dal podestà di V. per aver tenuto in casa propria, per due anni, un cristiano renegado (cioè convertito all’ebraismo)[2].
Nel 1460 risultava vivere a V. e gestirvi il banco feneratizio Angelo Finzi, osteggiato dal Comune di V. per tale attività: il marchese Ludovico Gonzaga, sebbene avesse stabilito il divieto del prestito nel suo territorio dal 1462 al 1468, intervenne in favore di Angelo e gli concesse di continuare a gestire il banco, in cambio di un ingente prestito[3].
Nel 1467, durante il periodo quaresimale, giunse a V. un frate agostiniano, che predicò contro gli ebrei e scomunicò gli abitanti perché si erano serviti del banco: il vicario del vescovo di Cremona (alla cui diocesi apparteneva V.) intervenne invano in difesa degli scomunicati, sinché il marchese Ludovico non si mobilitò, sistemando con la propria autorità la questione[4].
Dagli anni Ottanta sino alla fine del secolo, sono documentate altre presenze ebraiche a V.[5] e, all’incirca alla stessa epoca, secondo quanto si apprende da alcune annotazioni trovate in una Bibbia ebraica manoscritta, gli ebrei locali sarebbero stati accusati di omicidio rituale[6].
Il banco proseguì, comunque, l’attività anche nel XVI secolo, con svariate famiglie di prestatori[7] e, nel 1590, nove ebrei erano inclusi nell’elenco dei tassati[8].
In seguito ai provvedimenti presi dal vescovo di Mantova, nel 1595, per sottoporre i libri ebraici a censura, più di 1.700 testi furono espurgati a V.[9].
Dopo l'espulsione dal Ducato del 1597, gli esuli si incontrarono a V., eleggendo tre rabbini - Emanuele (Menahem Azaryah) da Fano, Vitale (Yehiel) Melli da V. e Graziadio (Hananya) Finzi di Gazzuolo - per ripartire tra i legittimi proprietari la somma che era stata loro restituita dal governo milanese[10].
All’inizio del XVII secolo, V. era tra le località del mantovano in cui continuava il prestito ebraico[11] e, in occasione della nascita dei figli di Francesco II (1609 e 1611), furono prese particolari misure per proteggere gli ebrei dai moti ostili della popolazione che accompagnavano tradizionalmente i lieti eventi della casa ducale.
Nel corso degli anni Venti, anche gli israeliti di questa località furono costretti all’acquisto di grano per smaltire le scorte ducali[12].
Durante la guerra di successione mantovana, V. fu tra le località invase dalle truppe tedesche e fu la prima tra le Comunità della zona ad essere tassata da quella di Mantova per far fronte ai danni causati dal conflitto. La tassazione si ripeté, del resto, anche verso la fine del secolo, quando la dipendenza dalla Comunità centrale si era fatta più stretta[13].
Il prestito ebraico continuò ad essere in funzione qui anche nella seconda metà del Seicento[14] e, alla fine del secolo, le pretese ducali di finanziamenti si fecero sentire pesantemente anche a V.[15].
All’incirca nello stesso periodo, il vescovo di Mantova intervenne in favore degli ebrei della località contro l’Inquisitore di Cremona (la cui giurisdizione si estendeva anche a V.), che aveva promosso iniziative per vietare ai cristiani di accendere il fuoco di sabato nelle case ebraiche e alle nutrici cristiane di allattare i bambini ebrei. In seguito, anche l’Inquisitore di Mantova si adoperò per far cessare le vessazioni, fomentate soprattutto dal vicario di V., che era particolarmente ostile[16].
All’inizio del XVIII secolo, epoca dell’occupazione del territorio mantovano da parte di Eugenio di Savoia, anche la Comunità di V. fu implicata nei pagamenti alle armate tedesche[17].
Episodi antiebraici furono registrati a V. nel 1713 e nel 1715 ed anche l’atteggiamento sfavorevole della Chiesa locale proseguì nel primo trentennio del secolo, quando il vicario cercò di obbligare gli ebrei alle prediche forzate, nonostante ne fossero stati dispensati dal privilegio ducale del 1680: la Comunità di Mantova riuscì, però, ad intercedere in favore di quella di V., ottenendo la sospensione temporanea dei provvedimenti conversionistici. Quando, in un secondo tempo, un frate francescano cercò di ripristinare l’obbligo alla predica coatta, le autorità stabilirono che gli ebrei andassero alle prediche solo di loro spontanea volontà[18].
Nel 1729 V. era tra le Cinque comunità ebraiche sottoposte all’autorità centrale mantovana e condivideva con le altre comunità rurali una situazione economica poco prospera.[19]
Nel 1741 anche gli ebrei di V. giurarono fedeltà all’Imperatrice d’Austria[20]: manifestazioni di lealtà si ebbero anche durante la Guerra dei Sette Anni, quando gli ebrei di V. (come di altre località limitrofe) digiunarono, nel 1757, per propiziare la vittoria austriaca[21].
Dopo la metà del secolo, complice la circolazione dei versi antiebraici intitolati Gnora Luna, si moltiplicarono le manifestazioni ostili: qui come altrove venne allora proclamato un giorno di digiuno per commemorarne la cessazione[22].
L’attitudine del clero locale a “promuovere” con ogni mezzo le conversioni degli ebrei delle comunità rurali è attestata anche a V.[23].
Negli anni Novanta del XVIII secolo, un emissario della Terrasanta visitò anche questa località[24].
Vita comunitaria
A V., come nei principali insediamenti ebraici del territorio mantovano, vi erano strutture comunitarie di una certa complessità, capeggiate da Massari: tuttavia, la perdita degli archivi comunitari locali non consente di precisare le strutture in questione.
Sebbene gli ebrei pagassero le tasse alla Comunità di Mantova e non ai singoli centri di appartenenza, spesso le autorità locali tentavano di estorcere una doppia tassazione.
Date le condizioni economiche difficili in cui versava V., nel 1711, la Comunità mantovana ne accolse la richiesta di pagare meno tasse rispetto alla capitale. Nella seconda metà del XVIII secolo, visto il ridotto numero di ebrei di V. e gli scarsi mezzi, la Comunità di Mantova inviò anche aiuti finanziari[25].
Demografia
Da documenti del 1711 risultavano esservi allora 18 famiglie ebraiche a V.[26], mentre per il 1764 sappiamo di 76 ebrei residenti in loco[27].
Sinagoga
Nel 1532 i feneratori di V. ottennero il permesso di erigere una sinagoga, ancora in funzione nel XVIII secolo[28].
Cimitero
Il cimitero ebraico di V. risale all’inizio del XVI secolo, quando Elia di V. ricevette il permesso di comprare un pezzo di terra da adibire a sepoltura. Nel 1587 Yehudah Sommo inoltrò una supplica in favore degli ebrei di V., che desideravano estendere il cimitero e, a quanto sembra, venivano sepolti qui anche i defunti di altre località.
Resti di lapidi funerarie ebraiche sono stati rinvenuti in loco[29].
Dotti e rabbini
Negli anni Sessanta del secolo XV, durante il periodo in cui gestì il banco di V., Angelo Mordekhay di Abramo Finzi, matematico e astronomo e traduttore di svariate opere di astronomia e matematica, trascrisse l’ultima parte di un codice contenente la traduzione ebraica di un’opera del filosofo arabo Ibn Tofeil, con il commento di Mosè di Narbonne[30].
Furono rabbini a V. nel XVI secolo Hillel di Samuele Modena, di cui sono rimasti alcuni responsa e le risposte che diedero ai suoi quesiti i contemporanei, Yosef di Salomone Forti (Hazaq), autore di testi manoscritti, e Israel di Yehudah Sforno, di cui sono conservate alcune decisioni legali manoscritte.[31] Il rabbino “itinerante” Yohanan di Yosef Treves (m. 1556), attivo in svariate località, fu anche a V.[32].
Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, fu rabbino in molti centri del territorio mantovano, tra cui V., uno dei tre rabbini impegnati nella ripartizione del credito ebraico dopo la cacciata dal ducato di Milano, Graziadio (Hananiah) di Salomone Finzi, autore di diverse opere[33].
Bibliografia
Colorni, V., Judaica Minora, Milano 1983.
De Rossi, G.B., Mss. Codices hebraici Bibliothecae I. B. De-Rossi, Parma 1803.
Mortara, M., Indice alfabetico dei rabbini e scrittori israeliti, Padova 1886.
Segre, R., Gli ebrei lombardi nell’età spagnola, Torino 1973.
Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977.
Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.
[1] Archivio Gonzaga di Mantova (d’ora innanzi AGM), Libro dei decreti, 12 marzo 1442, citato in Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 211, nota 51.
[2] AGM, Libro dei decreti, 3 luglio 1433, citato ibidem. A quanto sembra, Elia proveniva da una famiglia di feneratori originari di Perugia, banchieri a Revere, Mantova, Bologna e altrove.
[3] Colorni, V., Judaica Minora, pp. 336-337; Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, I, doc. 745; Idem, History of the Jews in the Duchy of Mantua, pp. 8-9. Per ulteriori cenni su Angelo Finzi, che viene identificato dagli studiosi con l’astronomo e matematico Angelo di Mordekhay Finzi, vedi il paragrafo “dotti e rabbini”.
[4] Colorni, V., op. cit., pp. 337-338.
[5] Dalla documentazione relativa a V., si rileva che, nel 1481, ricevettero l’absolutio Salomone e Angelo (Mordekhay) Finzi; nel 1488, la ricevettero Salomone, il genero Abraham, Mosè Rava e il loro famulo Raffaele di Emanuele (Menahem); nel 1491 la ricevettero i fratelli Simone (Shemuel), Raffaele ed Isacco di Daniele da Carpi (sappiamo che nel caso di rapporti sessuali con donne cristiane o ebree non avrebbero dovuto essere tenuti in carcere per più di cinque giorni). Nel 1493 Salomone Finzi ricevette il permesso di esigere un debito. Nel 1495 l’absolutio fu concessa a Salomone e al conduttore del banco David di Beniamino da Montalcino, cui fu data l’absolutio anche due anni più tardi. Ibidem.
L’impunità garantita a Salomone e Mordekhay Finzi dal marchese Federico, nel 1481, consentì loro di possedere libri ebraici a patto che i testi contenenti espressioni ritenute ingiuriose per la fede cristiana non circolassero più nello Stato di Mantova. Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 685, nota 373.
[6] De Rossi, G.B., Mss. Codices hebraici Bibliothecae I. B. De-Rossi, Parma 1803, cod. 1289; documenti relativi all’episodio dell’accusa di omicidio rituale non sono stati reperiti.
[7] Nel 1509 i figli di Daniele da Carpi ricevettero il permesso di vendere il banco ai fratelli Emanuele (MenaHem) e Simone (Shemuel) Norsa e, nel 1511, questi ultimi furono autorizzati a venderlo a Giacobbe e Isacco di Vitale (Yehiel) de Pichionis (cioè provenienti da Piccione). Nel 1520 il permesso di fenerare fu concesso a Davide di Lazzaro (Eleazar) da Mariana, a Elia e ai nipoti de Pichionis, nel 152, a Elia, Isacco e Giacobbe de Pichionis, autorizzati anche a vendere il banco a Emanuele (Menahem) di Beniamino da Fano e al figlio Yoab (residenti a Castelgoffredo). Nel 1527 ricevettero il permesso di farne le veci Guardamale e Tobia Foa e l’anno seguente, fu preso come socio Abramo di Samuele da Rochetta. Nel 1532 Dattilo (Yoab) di Emanuele (Menahem) e il figlio Giacobbe ebbero il permesso di vendere il banco ad Angelo (Mordekhay) di Simone (Shemuel) da Colonia e ai figli Salomone e Abramo, mentre nel 1540 ricevettero il permesso Salomone e Abramo da Colonia e nel 1557 Leone (Yehudah) e il fratello del fu Salomone, che si rivolsero per consulto al rabbino Mosè Provenzali. Nel 1568 ebbero licenza ancora Leone e il fratello, con l’aggiunta di Batsheva, vedova di Salvatore (Yehoshua) da Colonia. Due anni più tardi, il permesso fu concesso solo ai fratelli da Colonia e, dopo ulteriori due anni, lo ebbero Giuseppe e Giacobbe da Revere e, nel 1597, lo ricevettero Angelo (Mordekhay) da Colonia, Guardamale da Jena e Salomone Poggibonsi. Simonsohn, S., Mantua, p. 224 (nota)
[8] Ivi, p. 392, nota 220. Gli ebrei di V. figurano tra coloro che avevano pagato la tassa per il privilegio , nel 1587 e nel 1597 (rispettivamente, 716 e 475 scudi). Ivi, p. 165; p. 166.
[9] Ivi, pp. 690-91.
[10] Ivi,p. 30; Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan III, doc. 4376.
[11] Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 229, nota 91.
[12] Ivi, p. 127, nota 76; pp. 279-280, nota 269.
[13] Ivi, p. 51; p. 62 (nota); p. 72, nota 227.
[14] Nel 1659 ricevettero il permesso di fenerare i seguenti ebrei: Nissim Cologna, Leone (Yehudah) Pesaro, Simone (Shemuel) Vitale e il fratello, gli eredi di Matassia (Mathias) Portaleone. Il Cologna e il Pesaro risiedevano a V., mentre i fratelli Vitale venivano da Alessandria. I feneratori facevano riferimento al permesso di fenerare accordato dal Papa. Dalla documentazione si evince che i feneratori precedenti a V. avevano perso il loro denaro e, pertanto, mancavano di capitale. Ivi, p. 237, nota 110.
[15] Cfr. ivi, p. 185, nota 243.
[16] Ivi, pp. 142-143.
[17] Ivi, p. 73, nota 232.
[18] Ivi, p. 80; p. 81; p. 153, nota 163. Nel 1718 fu documentato un altro caso di vessazione, quando un ebreo di V., incarcerato per non aver avuto indosso il segno, si appellò alle autorità, sostenendo di averlo avuto, sia pure in cattive condizioni. Ivi, p. 159, nota 179.
[19] Ivi, p. 82.
[20] Ivi, p. 144, nota 131.
[21] Ivi, p. 77.
[22] Ivi, p. 90, nota 284.
[23] Da documenti del 1759 risulta che una ragazza ebrea di V. fosse stata tenuta in convento per “favorirne” la conversione: le sue richieste di ricevere cibo kasher non vennero esaudite, se non dopo che furono esercitate pressioni sulle autorità della capitale per far rispettare i diritti degli ebrei relativi all’osservanza delle Leggi alimentari ebraiche. Un analogo episodio, un paio d’anni dopo, non sortì, invece, il desiderato effetto. Ivi, p. 157, nota 174.
[24] Ivi, p. 497 (nota).
[25] Ivi, pp. 408-413.
[26] Ivi, p. 193, nota 14.
[27] Ivi, p. 194, nota 18.
[28] Ivi, p. 570, nota 213.
[29] Ivi, p. 574, note 233; 235.
[30] Colorni, V., op. cit., p. 336; per ulteriori informazioni sull’attività culturale svolta dal Finzi, vedi ivi, p. 341, nota 87; Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 709.
[31] Mortara, M., Indice, p. 24; p. 40; p. 61; per ulteriori particolari, Simonsohn, S., Mantua, p. 715, nota 149; p. 721, nota185; p. 735.
[32] Simonsohn, S., Mantua, p. 736, nota 277.
[33] Mortara, M., Indice, p. 22; Segre, R., Gli ebrei lombardi nell’età spagnola, Torino 1973, p. 124; Simonsohn, S., Mantua, p. p. 709, nota 107.