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San Martino dall’Argine (סן מרטינו דאל'ארג'ינה)
Provincia di Mantova. Fu in età comunale sottoposto al controllo di Brescia ed in seguito fu sotto il dominio dei Gonzaga di Bozzolo, condividendone le vicende.
Il primo documento attestante la presenza ebraica a S. risale al 1522, quando il marchese Federico II di Mantova rilasciò a Giuseppe, Salomone e Lazzaro (Eleazar) di Mosè Levi da Rivarolo la concessione di tenere banco nella località, a Bozzolo e Rivarolo[1].
Data la distruzione degli archivi dei domini di Bozzolo e di Sabbioneta, poche sono le notizie rimasteci sugli ebrei locali.
L’insediamento ebraico era ancora presente nel XVI secolo: tra i libri espurgati, in seguito ai provvedimenti presi nel 1595 dal vescovo di Mantova, vi erano, infatti, anche quelli della Comunità di S.[2].
Isacco di Abramo da Lucca fu abitante a S. nel 1574 e rappresentò Emanuele Bassiano da Cremona per recuperare i suoi crediti. Nel 1585 Abramo di Marco da Cantono abitava a S. e confermò d'aver ricevuto la dote della sposa Stella de Fraymis, figlia di Zacharia e Smeralda[3].
Nel 1609 ricevettero il consenso papale per la gestione del banco di prestito di S., per dodici anni e con i privilegi dei feneratori ebrei attivi dentro e fuori dai territori della Chiesa, Graziadio (Hananiah) e Bonaiuto (Azariah) Finzi e gli eredi di Giuseppe Forti (Hazaq), secondo le regole (perdute con la distruzione dell’archivio principesco) convenute tra il pontefice e Scipione Gonzaga (o la sua procuratrice Isabella Gonzaga). Nel 1619 la concessione (sempre per dodici anni) fu data alla società costituita dai fratelli Mosè e Isacco De Ruere (Revere) e a Elia e Salomone Forti (Hazaq) e, nel 1633, alla società costituita da Elia e Abramo Forti (Hazaq)[4].
Dopo l’espulsione degli ebrei da Mantova, in seguito alla Guerra di successione mantovana, un gruppo di seicento esuli lasciò la città nel 1630, dirigendosi verso S., dove il gestore del banco Elia Forti aveva interceduto presso il duca di Bozzolo in favore dei profughi. Il duca venne in loro soccorso facendo evacuare la fortezza locale e le case vicine per ospitarli.
A S. i capi della Comunità mantovana ricevettero la notizia che l’Imperatore, in risposta agli appelli da parte ebraica, aveva deciso di permettere il ritorno degli esuli a Mantova[5].
Cenni relativi agli ebrei di S. si trovano in documenti del 1730, quando essi (passati precedentemente sotto il ducato di Guastalla) chiesero conferma dei privilegi ottenuti ab antiquo[6].
Nell’ultimo trentennio del XVIII secolo, la presenza ebraica era ridotta a tre persone[7].
Rabbini; vita culturale
Nella seconda metà del secolo XVI fu rabbino a S. Yosef Forti (Hazaq), di cui si conservano alcuni testi manoscritti[8]. Il fratello del rabbino Forti, Yishmael di Shlomoh Forti copiò, nel 1584, l’opera cabbalistica Sefer ha-tzeruf a S.[9].
Il rabbino Yehiel Norsa, in carica a Mantova al tempo dell’espulsione del 1630, seguì gli esuli a S., non trattenendosi, tuttavia, con loro nella località[10].
Bibliografia
Bernheimer, C., Codices Hebraici Bibliothecae Ambrosianae, Firenze 1933.
Colorni, V., Appunti sugli ebrei a Bozzolo, in Judaica Minora. Nuove Ricerche, Milano 1991, pp. 17-52.
Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ XCV(1933), pp. 23-31.
Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977.
Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.
[1] Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 227 (nota); cfr. la voce “Bozzolo” della presente opera.
[2] Ivi, p. 691.
[3] Simonsohn, S., Milan, doc. 1931, p. 2785.
[4] Simonsohn, S.., Mantua, p. 227 (nota); Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, pp. 23-24.
[5] Simonsohn, S., Mantua., pp. 55-60; per alcuni particolari sulla situazione degli esuli ebrei a S.., trattati in responsa rabbinici, cfr. ivi, p. 56, nota 193.
[6] Colorni, V., Appunti sugli ebrei a Bozzolo, p. 22.
[7] Simonsohn, S., Mantua, p. 194, nota 22.
[8] Ivi, pp. 714-715; sui pochi testi rimasti del Forti, cfr. ivi, p. 715, nota 150.
[9] Bernheimer, C., Codices Hebraici Bibliothecae Ambrosianae, nr. 70(3); Simonsohn, S., Mantua, p. 715, nota 150; p. 648, nota 219.
[10] Del fatto dà testimonianza la cronaca di Abramo Massarani, Ha-galut ve ha-pdut (L’esilio e il riscatto), Venezia 1634; Simonsohn, S., Mantua, p. 723.