Caltabellotta

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Caltabellotta

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Caltabellotta, posta pochi chilometri a nord di Sciacca, in Val di Mazara, era un feudo dei de Luna e in seguito di altre famiglie (tra cui i Moncada). L’area costituì un insediamento antropico sin dall'epoca preistorica e fu fortificata dagli arabi, che gli diedero l’attuale nome (Qual-At-Ballut, cioè Rocca delle Querce). C. è, inoltre, forse più nota per la pace ivi conclusa tra Federico II d'Aragona e Carlo di Valois, comunemente indicata come la conclusione della guerra del Vespro (1302).

La prima attestazione di una  presenza ebraica a C. risale al 1404, quando re Martino I ordinò al capitano della cittadina di restituire alcuni beni a Sofen Aran, ebreo della vicina Sciacca[1]. Il trasferimento di ebrei da Sciacca a C. (e viceversa) è continuamente testimoniato anche negli anni seguenti e le due comunità mantennero sempre stretti legami. Questi ultimi si rafforzarono, poi, nel 1451, anno in cui il conte Antonio de Luna, gran conestabile e camerlengo di Sicilia, acquistò da Alfonso il Magnanimo anche la giurisdizione sugli ebrei di Sciacca, atto poi confermato dal suo successore[2]. Gli ebrei di C. traevano vantaggio dal loro essere vassalli del conte: in particolare essi furono esentati da diverse tasse imposte ai sudditi dal re e godettero anche di alcuni diritti non concessi agli altri correligionari. Del resto, però, la loro posizione non si rivelò sempre favorevole: fu così che, ad esempio, nel 1474 il viceré Durrea dovette inviare sul posto un algozirio  per proteggerli dalle vessazioni dello stesso  conte[3].

Gli atti di alcuni notai di Sciacca e di uno di C., roganti per gli ebrei locali, ci consentono di dare uno sguardo alla vita e alle attività di una comunità ebraica siciliana soggetta ad un barone anziché al dominio diretto del re[4].

Secondo gli elenchi contributivi del '400 quella di C. fu una comunità di dimensioni medie, che comprendeva alcune centinaia di anime, ed i suoi membri furono coinvolti nelle attività consuete dei correligionari siciliani, come l'artigianato ed il commercio.

Qui vi fu, inoltre, uno dei maggiori centri di cultura ebraica dell’isola: basti a dimostrarlo la vasta erudizione del neofita Guglielmo Raimondo Moncada, nativo di questa cittadina. La formazione culturale ricevuta nella dimora paterna, infatti, fu il fondamento delle sue opere letterarie successive alla conversione al cattolicesimo.

L’ubicazione della sinagoga e del cimitero ebraico di C. è stata individuata[5].   


[1] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 1707 (Sofen). Dieci anni più tardi David de Muxa viene menzionato come residente a C. (si vedano pp. 5838, 5840, 5880). Sul quartiere ebraico si veda Scandaliato, La Giudecca di Caltabellotta. p. II; Id., Sviluppo urbano, p. 7 e segg. Per le iscrizioni si veda, invece, Simonsohn, Epigrafica ebraica, p. 514 e segg.; Scandaliato, I cimiteri ebraici di Sciacca e Caltabellotta, p. 15 e segg.; Id., Ebrei e convertiti a Caltabellotta, p. 179 e segg. Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.

[2] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 2965, 2968, 3415-6, 3514, 4927 (giurisdizione).

[3] Ivi, Doc. 3206, 3209 (esenzione), 4048, 4351 (protezione).

[4] Ivi, voll. 16-17, passim.

[5] Sul quartiere ebraico, la sinagoga ed il cimitero si veda Scandaliato,  La Giudecca di Caltabellotta, p. II; Id., Sviluppo urbano e aspetti di vita ebraica a Caltabellota, p. 7 e segg.; Id., Cimiteri ebraici di Sciacca e Caltabellotta, p. 15 e segg.; Id., Ebrei e convertiti a Caltabellotta, p. 179 e segg. Per l'iscrizione si veda la Simonsohn, Epigrafica ebraica, p. 514e segg.;  su Moncada, Simonsohn, Some Well-Known Jewish Converts, passim.

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