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Governolo (גוורנולו)
Provincia di Mantova, attualmente G. è frazione del comune di Roncoferrato. Posto sul Mincio, a 2 km dalla confluenza con il Po, fece parte del ducato di Mantova, di cui seguì le sorti.
Il primo accenno alla presenza ebraica a G. si desume dalla documentazione del 1464, relativa a Salomone di Deodato (Nathaniel) di Padova, titolare del banco locale, che aveva ricevuto l’invito degli abitanti di Quistello ad aprirvi una filiale, apparentemente con il consenso del Marchese, provocando, tuttavia, forte opposizione da parte del clero[1].
Dopo quasi una ventina d’anni (1480), Mosè di Elia Galli di Padova ricevette l’ absolutio[2]e la presenza di ebrei attivi nel prestito continuò sino quasi alla fine del secolo[3].
Nel Cinquecento proseguì l’attività feneratizia a G., con la presenza di svariati banchieri[4].
La cifra sborsata a G. per il rinnovo del privilegio ebraico nel 1587 fu di 519 scudi e, nel 1597, di 874 scudi[5].
Verso la fine del XVI secolo (1595), il vescovo di Mantova ordinò che gli israeliti di una serie di località, tra cui G., sottoponesse a censura i testi ebraici: i libri “espurgati” a G. (e ad Ostiglia e Revere) sarebbero stati più di un migliaio[6].
Il banco restò ancora aperto durante il primo trentennio del XVII secolo[7] e speciali misure di sicurezza per proteggere gli ebrei da attacchi della popolazione cristiana furono prese in occasione della nascita dei figli di Francesco II (1609 e 1611).[8]
Negli anni Venti del secolo, gli ebrei di G., come quelli di una serie di altre località del mantovano, erano obbligati ad acquistare il surplus di grano immagazzinato dal duca[9].
Durante la guerra di successione di Mantova, questa fu tra le località rase al suolo dalle truppe tedesche[10], ma, dopo il conflitto, tuttavia, il banco di G. fu tra quelli che ripresero l’attività[11].
Verso la fine del XVII secolo, la crescente ostilità della popolazione cristiana rese sempre più difficile la situazione degli insediamenti ebraici dell’area, stringendone sempre più i vincoli di dipendenza dalla Comunità di Mantova: ad esempio, prima di accogliere forestieri, gli ebrei di G. dovevano ottenere il consenso dai correligionari della capitale[12].
All’inizio del XVIII secolo, le autorità austriache informarono il governatore di G. (come di altri centri) che gli ebrei non dovevano essere tassati localmente, perché pagavano già alla Comunità di Mantova[13].
Dopo il passaggio sotto il governo austriaco, anche gli ebrei di G. prestarono giuramento di obbedienza ai nuovi regnanti[14].
Nel corso del secolo la situazione economica era tanto problematica da indurre la Comunità di Mantova a rinnovare le disposizioni al nucleo di G. per impedire che accogliesse vagabondi, il cui mantenimento sarebbe stato un onere cui era impossibile far fronte[15].
Dopo la propagazione dell’opera antiebraica ‘Gnora Luna e la repressione dei moti che ne erano conseguiti, nel 1754 venne indetto, in una serie di località, tra cui G., un giorno di digiuno per commemorare la cessazione delle vessazioni[16].
All’inizio degli anni Sessanta, la popolazione ebraica di G. era così esigua che, anche durante le festività, mancava il quorum necessario per le preghiere pubbliche, per cui la Comunità mantovana vi inviava alcuni membri, onde consentire lo svolgersi del culto pubblico[17].
Nel 1770 le autorità austriache presero decisa posizione contro le ostilità anti-ebraiche: al podestà di G., che vessava gli ebrei, venne tolta la giurisdizione su di loro, affidandola a un altro funzionario[18].
Attività economiche
Gli ebrei furono attivi a G. principalmente nel prestito: tuttavia, negli anni Venti del XVII secolo, il banchiere Aronne Sullam acquistava e rivendeva vari tipi di granaglie[19].
All’inizio del XVIII secolo, vi erano telai per la filatura della seta in possesso ad ebrei[20].
Demografia
Nel 1711 vi erano tre famiglie ebraiche, ma nel 1764 gli ebrei residenti a G. erano solo 9[21].
SinagogaNel XVI secolo gli ebrei di G. avevano ottenuto l’autorizzazione ad istituire una sinagoga, di cui, tuttavia, non è rimasta documentazione[22].
Rabbini
Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, fu rabbino a G. , dove si era recato nel 1582, dopo aver lasciato la natia Asti, Yoav di Isacco Gallico, che compilò un dizionario del Talmud e del Midrash[23].
Bibliografia
Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977.
[1] Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 8; p. 211, nota 51; p. 212. Cfr. la voce “Quistello” della presente opera.
[2] Archivio Gonzaga di Mantova, Libro dei decreti, 16 dicembre 1480, citato in Simonsohn, S., op. cit., p. 212 (nota). Per ottenere l’absolutio, Mosè di Elia e altri ebrei si erano appellati al marchese Federico, sostenendo di essere stati perseguitati a causa dei libri ebraici in loro possesso, ritenuti contenere espressioni ingiuriose per la fede cristiana. Ivi, p. 685.
[3] Nel 1495 ricevettero l’absolutio Elia e Isacco, figli di Mosè Galli, i quali, lo stesso anno, ebbero conferma dell’autorizzazione a fenerare e, due anni dopo, un’altra absolutio. Abraham di Mordekhay Farissol a G. copiò per Giuseppe, figlio di Isacco, un “albero” cabalistico (ivi, p. 212). Sull’”albero” cabbalistico copiato dal Farissol, vedi alla voce “Bigarello” della presente opera.
[4] Nel 1505 ebbero l’autorizzazione a fenerare i figli di Mosè Galli, Leuccio (Elia) e Isacco; nel 1533, Emanuele (Menahem) di Giuseppe Galli ricevette il permesso di vendere il banco a Benedetto (Barukh) di Calman di Casalmaggiore, che, l’anno successivo, lo vendette a sua volta agli eredi di Isacco Norsa. Nel 1540 questi ultimi furono autorizzati a gestire il banco, mentre, nel 1557, lo fu Salomone da Colorno, che, nel 1569, ebbe il permesso di vendere il banco a Mosè Galli. Nel 1577 Mosè fu autorizzato a gestire il banco, che, dieci anni dopo, passò ai suoi eredi. Nel 1589 la gestione era in mano ad Elia Galli e Leone (Yehudah) e Dattilo (Yoav) Galli, che vennero autorizzati a continuare l’attività anche nel 1593 (ivi, pp. 224-225). Con membri della famiglia Galli prese contatti Isabella d’Este per far tradurre in latino opere ebraiche (ivi, p. 602, nota 4). Leone (Yehudah) Gallico, oltre che feneratore a G., fu anche rabbino a Revere(ivi, p. 712).
[5] Ivi, pp. 165-166. Nel 1590 a G. un ebreo pagava le tasse alla Comunità di Mantova.
Ivi, p. 392. Per la tassazione relativa al periodo successivo, cfr. ivi, p. 393, n. 222.
[6] Ivi, pp. 690-691.
[7] Nel 1605 gestivano il banco Leone e Dattilo Galli e nel 1616 Abramo e Zipporah Portaleone; tre anni dopo (1619) Aronne Sullam ricevette il permesso di acquistare metà del banco. Nel 1626 Michele Vita (Chay), Aronne Sullam, Abramo e Zipporah Portaleone gestivano il banco. Ivi, p. 236 (nota).
[8] Ivi, p. 127, n. 76.
[9] Ivi, p. 280.
[10] Ivi, p. 51. Gli ebrei che furono costretti ad abbandonare Mantova, in seguito alla guerra, si divisero in due gruppi, di cui uno risalì il Po, passando anche per G., andando incontro a gravi disavventure. Ivi, p. 57.
[11] Nel 1649 Anselmo (Asher) Vivanti (Chay) ricevette l’autorizzazione a trasferire la conduzione del suo banco a Emanuele Montalbotto, Sarah Norsa –Montalbotto e Zaccaria Vivanti (Chay). Nel 166, il permesso di fenerare fu accordato ad Angelo (Mordekhay) Corinaldi. Ivi, p. 237 (nota 110).
[12] Anche in materia di tasse comunitarie si accentuò la pressione della Comunità ebraica della capitale. Ivi, p. 72, nota 227.
[13] Ivi, p. 299. Per i problemi connessi con i tentativi di estorcere una doppia tassazione, vedi ivi, p. 410, nota 266. Alla fine degli anni Venti, G. era tra i cinque insediamenti ebraici sotto la giurisdizione della Comunità mantovana: le difficoltà economiche facevano sì che il contributo di tali insediamenti alle tasse comunitarie fosse esiguo (ivi, p. 82).
[14] Tale giuramento venne prestato, nel 1711, all’Imperatore e, nel 1740, all’imperatrice Maria Teresa. Ivi, p. 144, note 130, 131.
[15] Ivi, p. 523, nota 54.
[16] Ivi, p. 90, nota 284.
[17] Ivi, p. 412.
[18] Ivi, p. 93.
[19] L’operazione di rivendita delle granaglie, dopo averle mischiate, in contravvenzione alla normativa in proposito, provocò l’opposizione dei mercanti cristiani e la conseguente confisca dei proventi della vendita, ricavati da Aronne, che, tuttavia, ricorse al tribunale, vincendo la causa. Ivi, p. 278, nota 263.
[20] Ivi, p. 300.
[21] Ivi, p. 193, nota 14; p. 194, nota 18.
[22] Ivi, p. 570.
[23] Ivi, p. 604. Inoltre, Gallico scrisse un inno pubblicato in Ayelet ha-shahar. Il Gallico è tra i banchieri di Mantova e dell’area che sono menzionati più volte nei registri della Comunità mantovana, soprattutto in connessione con la controversia scoppiata tra essa ed i detentori dei banchi feneratizi (ivi, p. 713). Per altri particolari relativi al Gallico, cfr. ivi, p. 108, nota 25.