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Provincia di Pescara. Sita su di un colle alla sinistra dell’alta valle del fiume Tavo, era la capitale dei Vestini. Sotto i Longobardi entrò a far parte del Ducato di Spoleto e dal XII secolo appartenne al Regno di Sicilia, mentre nella prima metà del ‘500 passò per via matrimoniale ai Farnese. Sede vescovile unita a quella di Atri nel 1352, nel 1443 era tassata per 778 fuochi.
La regina Giovanna II d’Angiò-Durazzo ordinò l’1 novembre 1418 agli ufficiali della provincia d’Abruzzo di non gravare l’università di P. ed i castelli ad essa soggetti, ed in particolare gli ebrei che abitavano nella città[1].
Prestatori ebrei operavano a P. nella seconda metà del secolo XV, come testimonia il fatto che nel 1478, ad esempio, Milanuccio de Podio per esigenze commerciali si rivolse ad essi e vi ricorse ancora nel 1481, quando, dovendo seppellire un congiunto, fu costretto a impegnare la vita alli Iudei[2].
L’espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli decretata da Ferdinando il Cattolico nel 1510, colpì anche quelli di P. e la città chiese per essi nel 1514 a Giovanna d’Aragona l’autorizzazione di tornare ad abitare e negoziare come in passato, anche perché questo avrebbe favorito un più celere pagamento delle tasse. La regina rispose che avrebbe provveduto, ma in realtà non ne fece niente. I cittadini rinnovarono la richiesta nel 1517, e questa volta la risposta fu negativa, perché ostava alla riammissione la prammatica del 1510[3]. Gli ebrei, tuttavia, tornarono lo stesso a P., come attesta la consegna di 800 ducati che il 9 giugno 1533 Laudadio di Benedetto di P., a nome della comunità, insieme ai rappresentanti di altri gruppi d’Abruzzo, fece a Lanciano a Vincenzo del Tinto di Sulmona. La somma doveva essere portata a Napoli e rimessa alla Regia Curia dopo la conferma dei privilegi accordati da Carlo V ai giudei [4].
L’espulsione generale del 1541 mise decisamente fine alla comunità locale ed alcuni degli emigrati si stabilirono nelle vicine Marche. Troviamo così nel 1543 a Ripatransone, come gestore di un banco di credito, un Gabriel Emanuel di P., che ritorna nel 1548, in società con Benedetto di Ventura di Caramanico, proveniente anch’egli dal centro abruzzese[5].
Una singolare vicenda fu vissuta da un’ebrea di nome Stella, figlia di Mosè della “tribù di Beniamino”. Rimasta vedova del marito Iacobo, con tre figli e quattro figlie, si convertì al cristianesimo e fu battezzata con tutta la famiglia nella chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Penne., prendendo il nome di Marta. Contrasse, quindi, matrimonio con un Antonio di Pascale de Pandis della stessa città ed insieme a questi ed al cognato Domenico, presbitero, decise poi di recarsi in Sicilia, ma fu catturata da pirati turchi. La donna e il cognato furono lasciati liberi dopo un riscatto di cento scudi dati da un mercante, ma il marito Antonio fu condotto schiavo a Costantinopoli. Non avendo Marta ed i figli donde sostenersi, né il denaro per riscattare il congiunto – situazione che avrebbe potuto portare tutti, in un modo o nell’altro, alla perdita della fede cristiana – papa Paolo III concesse il 3 settembre 1548 particolari indulgenze a chi avesse prestato loro aiuto, con una concessione valida per due anni[6].
Bibliografia
Berardi, M.R., Per la storia della presenza ebraica in Abruzzo e nel Molise tra medioevo e prima età moderna: dalla storiografia alle fonti, in Fonseca, C.D, et alii ( a cura di), L’ebraismo dell’Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541: società, economia, cultura. Atti del IX Congresso AISG (1992), Galatina 1996, pp. 267-294.
Marciani, C., Ebrei a Lanciano dal XIII al XVIII secolo, in Archivio storico per le Province napoletaneIII Serie 2 (1963), pp. 167-196.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Silvestri, A., Gli ebrei nel regno di Napoli durante la dominazione aragonese. in Campania Sacra, 18 (1987), 21–77.
[1] Berardi, M.R., Per la storia, pp. 278-279.
[2] Silvestri, A., Gli ebrei nel regno di Napoli, p. 65.
[3] Berardi, M.R., Per la storia, pp. 278-279.
[4] Marciani, C., Ebrei a Lanciano, p. 286.
[5] Simonsohn,S., The Apostolic See, p. 2364, doc. 2284; p. 2627, doc. 2759.
[6] Ibid., pp. 2643-44, doc. 2782.