S. Giovanni in Persiceto

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S. Giovanni in Persiceto

Testo

Provincia di Bologna. Il centro insiste su di un’area già abitata in epoca preistorica e vide la dominazione dei Bizantini e dei Longobardi, che nell’VIII secolo lo posero al centro di un ducato. In seguito P. appartenne a Modena, fu poi controllato da Nonantola e passò a Bologna. Vide allora susseguirsi le signorie dei Pepoli, dei Visconti, dei Bentivoglio e nel XVI secolo finì definitivamente sotto lo Stato Pontificio.

Il primo banco ebraico del bolognese per il quale ci resta documentazione è quello di S., gestito nel 1384 da Abramo di Elia di Musetto da Orvieto, che risulta essere rimasto in loco almeno sino al 1401, quando fece testamento, nominando suoi eredi i figli Aleuccio e Ventura[1].

Da una sentenza podestarile del 1461 si apprende che tale Liucius iudeus, presumibilmente Aleuccio di Abramo di Elia di Musetto, aveva abitato a S. dal 1416 sino alla morte, risalente ad alcuni anni prima della redazione del documento[2]. Liucio, non avendo pagato le collette e gli oneri come gli altri abitanti del Comune rurale[3], risultava essere in debito con esso e, alla sua morte, gli eredi avrebbero dovuto far fronte alle spese al posto suo. Anch'essi, tuttavia, evadevano il pagamento e si rendevano irreperibili, cosicché il Comune si rifece della perdita finanziaria, appropriandosi, conformemente a quanto stabilito dalla relativa sentenza podestarile, della casa posseduta dalla famiglia da Orvieto, un edificio a due piani, in cui erano soliti dimorare i feneratori.

Dagli inizi sino agli anni Sessanta del XV secolo, periodo in cui i da Orvieto gestivano presumibilmente il banco, svariati altri banchieri prestarono alternativamente denaro al Comune: Manuele di Vitale, alcuni membri della famiglia Matasia di Firenze (associati con Daniele De Efida, che da Bologna si era trasferito a S., e con Santo di Rubino Sforno[4]. appartenente alla prestigiosa famiglia Sforno, cui era affidata la gestione di due banchi feneratizi a Bologna), Musetto di Manuele e Manuele di Guglielmo di Beniamino da Norcia. Quest'ultimo divenne, dal 1460, titolare del banco di prestito locale: sei anni più tardi, però, il medesimo ruolo sarebbe stato in mano a Davide Finzi, originario di Padova, che l’avrebbe ricoperto sino all'inizio del XVI secolo.

Dal primo trentennio del XVI secolo, sono attestati per circa trent'anni prestiti dei ricchi banchieri da Pisa al Comune ed anche la famiglia Sforno partecipò per lungo tempo alle sorti economiche della località[5].

Nella seconda meta del XV secolo si verificarono qui episodi di intolleranza contro gli ebrei[6], stimolati anche dalla predicazione di frate Francesco di Bologna nel 1484. Nove anni dopo, un servo ebreo dei Finzi, gestori del banco, rubò dalla loro casa svariati oggetti, tra cui alcuni che riguardavano il culto ebraico. Fuggito a Cento, vi fu arrestato, ma il vescovo di Ferrara fece trattenere la refurtiva, anziché farla restituire ai proprietari, ritenendo che gli oggetti di culto in questione fossero robbe da heretici et da ceremonii prohibiti contro la fede nostra[7]: dall'episodio prese origine un contenzioso tra il vescovo e il Comune di Bologna che sosteneva che la Chiesia tolera li hebrei et li soi cerimonii ne etiam la rasone comanda che se debiano persequitare li hebrei ne etiam torli over prohibirli li loro riti et cerimonii predicti[8],  giungendo a sollecitare dal vescovo la restituzione dei beni requisiti.

Dalle condotte del 1465 e del 1466, si inferisce l'esistenza di un oratorio e del cimitero ebraico in loco[9] e sappiamo che il tasso mensile di interesse praticato, secondo la condotta del 1465, era di 6 denari per lira per i residenti, mentre era a scelta del feneratore per i forestieri[10]. In genere, il prestito era dietro pegno, ma poteva anche essere a carte[11].

 Una tolleranza papale del 1522, attesta il permesso decennale di prestare concesso a David Bonaiuti (Finzi di Padova), prorogato allo scadere del termine per ulteriori sei anni. Un accenno alla presenza ebraica nella località si ritrova, poi, in un documento del 1543, in cui si riferisce del matrimonio contratto, qualche anno prima, da Stella di Vitale da Fano di S., contro la volontà della famiglia[12].

Nell'elenco dei banchi di prestito autorizzati da Sisto V in Emilia-Romagna figurava, nel 1587, un banco a S., sotto la gestione quinquennale di Pasoto di Leone di Revere: nello stesso anno veniva anche menzionato per questo centro e per Budrio il banchiere Emanuele di Budrio[13].

 

Bibliografia

Campanini, A., Quod possit fenerari...Banchi, prestatori ebrei e comunita rurali del contado bolognese nella seconda meta del XV secolo, in Muzzarelli, M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, Bologna 1994, pp. 159-199.

Cremonini, P., Presenza ebraica a San Giovanni in Persiceto tra XIV e XV secolo con alcune ipotesi per il XIII secolo, in Muzzarelli, M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo Bologna 1994, pp. 201-253.

Loevinson, E., La concession de banques de prêts aux Juifs par les Papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 94 (1933), pp. 23-31.

Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei entrati a Bologna nel secolo XV, in Annuario di studi ebraici 1938, pp. 125-173.

 Luzzati, M., Banchi e insediamenti ebraici nell'Italia centro-settentrionale fra tardo Medioevo e inizi dell'Età moderna, in Vivanti, C. (a cura di), Storia d'Italia, Annali 11, Gli Ebrei in Italia, Torino 1996, pp. 175-235.

Pini, A. I., Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda meta del Trecento, Quaderni storici 54 (1983), pp. 784-814.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1]Pini, A.I., Insediamenti ebraici a Bologna nel Trecento, p. 796. Il Pini sostiene che il fatto che in questa località sia stato aperto il primo banco ebraico del bolognese è facilmente comprensibile se si tiene presente che dalla Descriptio Bononie et eiusque comitatus del 1371, redatta dal cardinale Anglico, risulta che essa fosse la più popolosa, con i suoi 939 focularia (ibidem). Il banco di S. è ricordato anche da Luzzati, M., Banchi e insediamenti ebraici nell'Italia centro-settentrionale, p. 202. Per quanto concerne la presenza ebraica a S. è stata avanzata l'ipotesi che due nuclei familiari, i "Giudei" e gli "Isacchi", attestati in loco nel XIII e nella prima metà del XIV secolo, fossero d'origine ebraica (cfr. Cremonini, P., Presenza ebraica a San Giovanni in Persiceto tra XIV e XV secolo con alcune ipotesi per il XIII secolo, p. 241 e segg.

[2] Cremonini, P., op. cit., p. 203.

[3] Sarebbe questo uno dei pochi esempi disponibili dell'imposizione della tassa d'estimo agli ebrei, in aggiunta a quella versata al Comune di Bologna per l'esercizio dell'attività feneratizia (cfr., ivi, pp. 204-205, nn. 11 e 12). In seguito, tuttavia (con i capitoli del 1456), gli ebrei sarebbero stati esentati dal pagamento delle tasse cui erano sottoposti gli altri abitanti del luogo ( ivi, pp. 230-231).

[4] Sulla sua figura e sulla sua attività come feneratore e come medico, vedi  alla voce "Bologna" della presente opera, n. 71.

[5]Cremonini, P., op. cit., p. 211; p. 217.

[6] Per i particolari su un episodio di saccheggio della casa o, più probabilmente, del banco di un ebreo di P., nel 1471, cfr. Campanini, A., Quod possit fenerari..., p. 192.

[7] Cremonini, P., op. cit., p. 250, n. 77.

[8] Ivi, p. 251.

[9] Cremonini, P., op. cit., p. 228.

[10] Campanini, A., op. cit., p. 187.

[11] Cremonini, P., op. cit., p. 232.

[12] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 1296, 1385, 2254.

[13] Loevinson, E., Notizie e dati statistici sugli ebrei, p. 141. Emanuele di Budrio risultava attivo nel prestito sia a S. che a Budrio: Loevison, E.,  La concession de banques prêts aux Juifs, p. 23.

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