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Oliveto (Monteveglio)
Provincia di Bologna. Sito in posizione dominante la valle del fiume Samoggia, era noto in epoca latina come Aulia-vetus (Aulivetus, Ulivetus, Olivetus), ma viene menzionato nei documenti posteriori al 776 come Casale Sociorum e, in alcune concessioni pontificie successive come Fundus Sociorum. In un documento del 959 appare il nome di Monte Oliveto. Dopo varie vicende, divenne, nel XII secolo, libero Comune rurale, perdendo, tuttavia, l'indipendenza dopo circa un secolo per diventare dipendente da Bologna e seguirne le vicende politiche.
Nel XV secolo, Giovanni I Bentivoglio nominò capitano del castello di Oliveto Accarisio da Cuzzano e nel 1404 fu nominato Massimo Bentivoglio, cui ne seguirono altri. Coinvolto nel conflitto di Bologna con il papato, dopo l'ulteriore ribellione bolognese nel 1428, si aggregò all'insurrezione contro papa Martino V. Nello stesso anno le truppe mercenarie papali, capeggiate da Jacopo Caldora, misero a sacco O., massacrando la maggior parte della popolazione.
Nel 1392 viene menzionato per la prima volta nei documenti un banco ebraico a O., gestito sino al 1400 da Salomone di Gaio[1]. I proprietari del banco dovevano, invece, essere i figli di Zanatano di Angelo da Fabriano e cioè Magister Angelo, Leone e Samuele detto Dattilo che inviarono, in seguito, come agente a O. Gaio di Sabatino[2] che vi rimase sino al 1417[3].
Tra il 1394 e il 1427 i feneratori di O., che avevano esteso la propria attività a tutta la valle del Samoggia, intentarono una serie di processi contro i debitori insolventi, discussi prima di fronte al vicario di Monteveglio e, successivamente, di Savigno, San Lorenzo in Collina, Serravalle e Bazzano[4].
Oltre agli ebrei menzionati sopra, è attestata dai documenti la presenza di alcuni correligionari, quasi tutti bolognesi, per un totale di sedici prestatori: pertanto, facendo un conto approssimativo dei membri della famiglia che li accompagnavano, si ritiene di poter valutare le presenze ebraiche, nei 35 anni di soggiorno a O., a circa una settantina, se non di più[5].
Nei pressi della rocca di O. è sito un imponente edificio a quattro piani, noto come "la casa grande dell'ebreo"[6], di cui è controversa la data di costruzione[7]. In ogni caso, l'edificio fu sede del banco di prestito e residenza della Comunità ebraica sino all'invasione del 1428.
Risultavano, però, abitare a O. alla fine del 1427 e, pertanto, essere presumibilmente periti nel massacro solo Dattilo con il figlio Mosè e Liuccio di Gaglio, mentre si ritiene che gli altri fossero, tornati a Bologna in precedenza[8].
Successivamente, si hanno ulteriori attestazioni della presenza ebraica a O. nel 1458, quando Bonaventura del fu Dattilo da Pesaro ricevette una condotta quinquennale e nel 1463, quando Lucio del fu Daniele di Manuele, originario di Fossombrone nelle Marche, ebbe una condotta decennale, anche a nome dei fratelli (Salomone, Musetto, Mose, Isacco e Guglielmo)[9]. Anche dopo lo scadere dei capitoli, i membri di questa famiglia risultavano presenti a O., dove acquistarono case, sino alla fine degli anni Settanta del XV secolo.
Anche se i feneratori preferivano, per ragioni di comodità, abitare ed esercitare il prestito a O., il loro era, presumibilmente, il banco del vicariato di Savigno e, pertanto, venivano generalmente designati come "da Savigno" nei documenti[10].
Dall'esame delle due condotte menzionate sopra, risulta che il tasso mensile di interesse per il prestito ai residenti fosse di 6 denari per lira e per i forestieri di 8[11].
Lo stanziamento a O., ignorato per circa cinquecento anni, viene, tuttavia, ricordato dal cognome Olivetti[12].
Bibliografia
AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, Rimini 1987.
Campanini, A., Quod posit fenerari... Banchi, prestatori ebrei e comunita rurali del contado bolognese nella seconda meta del XV secolo, in Muzzarelli, M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, Bologna 1994, pp. 159-199.
Colorni, V., Judaica Minora, Milano 1983.
Luzzati, M., La casa dell'Ebreo, Pisa 1985.
Mortara, M., Indice alfabetico dei rabbini e scrittori israeliti, Padova 1886.
Passeri, R., Quelli di Oliveto. Storia del più piccolo libero comune d'Italia, Bologna 1972.
Pini, A.I., Famiglie, insediamenti e banchi ebraici a Bologna e nel Bolognese nella seconda metà del Trecento, in Quaderni storici 54 (1983), pp. 783-814.
[1] Pini, A.I., Insediamenti ebraici a Bologna nel Trecento, p. 797. Secondo il Pini, l'identificazione di Salomone di Gaio con il noto Salomone di Matassia (di Sabbatuccio) da Perugia, abitante a Bologna sin dal 1380 e cointeressato a una serie di banchi nel nord-Italia, contenuta nello studio monografico su Oliveto del Passeri, Quelli di Oliveto (p. 139) è errata, così come l'affermazione che i feneratori non avessero una sede propria, alloggiando alla locanda del castello di O., sino al 1410 (ivi, p. 144) in quanto già il documento del 1392 risulta stilato nella abitazione di Salomone a O. (cfr. Pini, A.I.,op. cit., n. 64, p. 812).
[2] Secondo il Passeri da identificarsi, forse, con Gaio di Sebastiano (op. cit, p. 145).
[3] Pini, A.I.,op. cit p. 797; Luzzati, M., La casa dell'Ebreo, p. 239.
[4] Passeri, R., op. cit., p. 143. L'elenco delle zone di provenienza dei debitori insolventi comprende per il vicariato di Monteveglio: Oliveto, Montebudello, Crespellano, Zappolino, Piumazzo, Capuglia, Pragatto, Murano, Sarmeda, Monteveglio, Bazzano; per il vicariato di Savigno: oltre a Savigno, Oliveto e Savignano; per il vicariato di San Lorenzo in Collina: Pradalbino, Montemaggiore, San Lorenzo; per il vicariato di Serravalle : oltre a Serravalle, Zappolino e Montegiorgio. Per ulteriori dettagli, cfr. ivi, p. 157.
[5] Ivi, p. 145. Per l'elenco dei 16 feneratori e per il resoconto dettagliato della loro attività, cfr. ivi, pp.146-156.
[6] AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 35.
[7] Posta su una facciata dell'edificio vi è una lapide in terracotta, piuttosto deteriorata, recante la scritta: " HEC D-OMUS-F.F. SAL-OMON- HEBR-14 X", che il Passeri ha inteso significasse che la casa era stata fatta costruire da Salomone Ebreo nel 1410 (Passeri, R., op.cit., p. 192); tuttavia, l'allusione a Salomone non risulta chiara, dato che, a questa data, nessun ebreo con questo nome risultava trovarsi a O. e, d'altro canto, un documento del 1393 attesta l'acquisto (da parte dell'ebreo Leone di Zanatano) di una casa con molto terreno, sita nella località detta la Rocha de sovra, mentre un atto del 1404, rogato nella casa di Dattilo di Zanatano, fratello di Leone, indica l'ubicazione della casa supra rocham dicti castri. Pertanto, viene avvalorata l'ipotesi che la casa fosse fatta costruire ben prima del 1410 da Salomone di Gaio, presumibilmente figlio di Gaio di Leone da Rimini (fratello di Zanatano) e, dunque, cugino di Leone e di Dattilo (Pini, A.I.,op. cit., p. 812, n. 64).
[8] Passeri, R., op. cit., p. 158.
[9] Campanini, A., Quod possit fenerari..., pp. 164-165; p. 173. Il Passeri, facendo riferimento precipuo alla documentazione conservata nell'archivio comunale di Bazzano, ritiene che la presenza ebraica a O. sia da considerarsi estinta dopo il primo trentennio del XV secolo, ma le condotte ritrovate dalla Campanini provano che, se gli ebrei abbandonarono la località, prima del 1427, vi tornarono, comunque, in epoca successiva (cfr. Passeri, R., op. cit., p. 157; Campanini, A., op.cit., pp. 171-172.
[10] Pini, A.I., op. cit., p. 796; Campanini, A., op. cit., p. 172; pp. 174-175.
[11] Campanini, A., op. cit., p. 186.
[12] Il cognome ebraico Olivetti, per secoli, è stato pressoché l'unica testimonianza della presenza ebraica in questa località. Colorni, V., Judaica Minora, p. 693; Passeri, R., op. cit., p.158. L'origine olivetana e attestata anche dalla denominazione toponomastica di un autore ferrarese di opere manoscritte del secolo XVI, Rafael di Reuven da Oliveto (Mortara, M., Indice, p. 45).