Modena

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Modena

Testo

Capoluogo di provincia. Anticamente città della Gallia cispadana con il nome di Mutina, a seguito di svariate vicende divenne stabile possesso della Casa d'Este, dopo il 1336.

Nel 1452 l'imperatore Federico III elevò Borso d'Este al rango di duca di M. e, dopo la guerra della Lega di Cambrai e la scomunica del duca Alfonso I, la città si arrese, nel 1510, al duca di Urbino, capitano dell'esercito papale, e passò al Papa, che l'aveva comperata segretamente dall'imperatore Massimiliano. Nel 1527 approfittando del sacco di Roma e della conseguente impotenza di Papa Clemente VII, il duca d'Este la occupò e la tenne sotto il suo dominio, con il successivo assenso dell'imperatore Carlo V.

In seguito al passaggio di Ferrara al Papato, nel 1598, M. divenne la capitale del mutilato Stato estense. Nel XVIII secolo fu occupata due volte dai Francesi (dal 1703 al 1707 e dal 1734 al 1736) e una volta dagli Austriaci (dal 1742 al 1749); dopo l'invasione francese in Lombardia e in Emilia, nel 1796, e la conseguente fuga del duca Ercole III a Venezia, fu occupata dai Francesi, unendosi, poi, con le altre città della repubblica Cispadana che, nel 1797, entrò a far parte della repubblica Cisalpina.

 

Secondo una fonte, sembrerebbe che gli ebrei fossero presenti in provincia di M. già dal sec. XI, tuttavia, la notizia è controversa[1]. Una documentazione più attendibile risale solo al 1393, quando il marchese Alberto d'Este concesse a Guglielmo del fu Museto di Fermo, residente a M. e ad un gruppo di altri correligionari forestieri di tenere nella città unum banchum seu duo aut plura secundum quod sibi libuerit seu stationes prestiti sive mutui ad tendam con pegno o senza in ratione, denariorum sex marchesanum pro qualibet libra Marchesana mutuata in mense et pro quolibet mense[2]. Questa concessione, quinquennale, venne rinnovata nel 1398 a Guglielmo e soci, ma dal documento risulta che solo Guglielmo, originario, come si è rilevato, di Fermo, abitasse a M. per esercitarvi l'attività feneratizia, anche a nome degli altri, residenti altrove[3]. Nella convenzione venivano assicurate agli Ebrei la libertà del culto, della persona e degli averi e pronta giustizia. Inoltre, il patto era stipulato per un canone di 600 lire annue, senza che vi fosse coinvolto in alcun modo il Comune di M., a differenza di quanto, piu tardi, sarebbe avvenuto a Reggio.

Per quanto concerne l'atteggiamento della Santa Sede, nel 1448 e nel 1451 Lionello d'Este ricevette da Papa Nicola V il permesso di avere ebrei attivi nel prestito sul proprio territorio e l'assoluzione, per sè e per i suoi predecessori, per averne consentito la residenza in passato.

Nel 1459 il Vicario del Vescovo di Ferrara, dietro petizione di un gruppo di israeliti, tra cui Datari quondam Vitalis de Mutina, ricevette ordine di fare in modo che venissero rispettati i privilegi concessi dalla bolla di Martino V agli ebrei italiani, implicanti il divieto ai predicatori di aizzare il popolo contro di loro. Tuttavia, nel 1476, un predicatore fomentò la moltitudine a M. al punto da provocare l'intervento del Reggimento, sollecitato dal Duca, per frenarla. Sulla scia dell'animosità nei confronti degli ebrei, suscitata dal presunto omicidio rituale di Simoncino da Trento, nel 1475, inoltre, tale Aronne da M., accusato di essere tra gli assassini del fanciullo, fu assalito violentemente dalla folla e messo in carcere dagli officiali intervenuti, per sottrarlo al linciaggio.Ancora nel 1494, i frati predicatori risultavano persistere nel loro atteggiamento, tanto da indurre il massaro di Modena a denunciarli al Duca.

Nel 1502 gli ebrei che risultavano aver frodato nel pagamento della vigesima vennero multati e, quattro anni dopo, a Nisach di M. furono confiscati i beni da tre correligionari di Ferrara, sinché non avesse saldato il suo debito con il medico del Papa, Samuele Sarfati[4].

Tornando alle vicende piu generali della città, nel 1493, il frate francescano Ilarione, convinse i Modenesi a fare a meno dei servizi resi dagli ebrei, fondando un Monte di Pietà, cui il Duca d'Este diede l'assenso nel 1494. Come previsto, i rapporti con gli ebrei si inasprirono: vittime della nuova situazione furono il banchiere Manuele e suo figlio, che, arrestati sotto l'accusa di spacciare monete contraffatte, furono condotti a Ferrara, dove il figlio mori in prigione e Manuele si riscattò, pagando ben 4.000 ducati.

La tendenza anti-ebraica, consolidatasi con la creazione del Monte, continuò negli anni, dando, tra l'altro, origine a due processi popolari, uno nel 1518 e l'altro nel 1527, in cui furono accusati i gestori dei due banchi ebraici di violare i capitoli, ottenendone, la prima volta, il pagamento, a titolo di indennizzo, di 100 lire annue al Comune (devolute da quest'ultimo al Monte) e, la seconda, la speranza di un indennizzo ancora piu cospicuo. Tuttavia, nel 1519 il Comune di M., approfittando del governo papale, stipulò direttamente la condotta con gli ebrei.

Quanto alla vigesima, ne venne incaricato per quetsa località Vincenzo Canina (Cavina), un canonico di Imola, nel 1529. Nello stesso anno, gli fu affidato anche l'incarico di indagare se vi fossero, a M., feneratori senza autorizzazione,  edi multare i trasgressori. Sempre in fatto di vigesima, ne fu incaricato nel 1534, Luca Thomasinus e, tre anni dopo, Franciscus Corthesius, un canonico di M., ricevette l'incarico di sub-esattore per i debiti non ancora saldati dagli ebrei modenesi rispetto alle imposizioni di Clemente VII e di Paolo III. Nel 1544 Guido Ascanio Sforza, camerlengo papale, fu incaricato dell'esazione delle tre vigesime che furono imposte motu proprio e, nello stesso anno e nell'anno successivo, il medesimo incarico fu dato a Hippolitus Pagano, di Reggio.

Per quanto concerne la tendenza a promuovere le conversioni, nel 1538 un predicatore volle che gli ebrei modenesi ascoltassero per due volte le sue prediche, mentre, qualche anno dopo, il Papa favorì l'aiuto finanziario ai convertiti modenesi Andrea e Francesco ed ai loro familiari[5].

Tuttavia, non mancarono episodi di cordialità nei rapporti ebraico-cristiani: ne è un esempio il matrimonio nella casa dell’ebreo Buonaiuto, nel 1542, cui parteciparono in gran numero i nobili cristiani[6].

Quanto ai profughi dalla Spagna, il Duca d'Este, in vista del vantaggio economico che avrebbe potuto trarne, aveva concesso loro di stabilirsi nei suoi territori, nel novembre del 1492. L'afflusso di ebrei e conversos dalla Spagna e dal Portogallo o da altre terre fu favorito anche nel XVI secolo dal Duca d'Este, che rilasciò una patente a Salomone de Ripa, suo familiare, per convenire con qualsivoglia mercatante hebreo di Boemia o di altra Natione, et loro famiglie, che volessero venir ad habitar, o negotiar nelle terre, et Stato estense[7].

Quando, nel 1597, gli Estensi cedettero Ferrara al Papa, molti ebrei seguirono il Duca a Reggio e a M[8]: la situazione degli ebrei residenti di vecchia data M., invece, non era certo buona se, nel 1580, Calmo Sanguinetti ed altri banchieri peroravano la propria causa, sostenendo : se non fossero essi stanno male, starieno male et peggio[9].

Nel 1582 gli israeliti di M. furono obbligati a concorrere alle spese necessarie per gli Utensilij de soldati che pone il Serenissimo Principe nostro alla difesa di questa Città[10].

Riguardo ai rapporti con la Chiesa, nel XVII secolo, risulta che anche a M. fu istituita l'Opera pia dei Catecumeni, il cui primo risultato fu un battesimo nel 1629. Pertanto, il tentativo di convertire gli ebrei fu affidato a questa istituzione, anzichè alle prediche forzate che, introdotte nel 1637, si rivelarono ben presto inadeguate allo scopo e, quindi, caddero in disuso.

Le prediche di un frate, Bartolomeo Campi, avevano intanto portato alla proposta, nel 1618, di creare un ghetto, cui erano favorevoli, per motivi economici, sia il Comune di M. che la Congregazione delle arti e dei mestieri. La Comunità ebraica riuscì a sventare momentaneamente il progetto, grazie all'appoggio del duca Cesare, che vi si oppose. Tuttavia, nel 1638, il ghetto fu comunque istituito, sancendo, dopo decenni di predicazione volta a questo scopo, la vittoria dei frati.

Nello stesso anno, tuttavia, con decreto di Andrea Codebo fu concesso agli ebrei di tenere botteghe fuori dal ghetto, purché previa dichiarazione.

Nel 1652 ottenero, poi, privilegi per stanziarsi nel territorio estense ebrei spagnoli, portoghesi e tedeschi: i portoghesi, in particolare, suscitarono le lagnanze dei correligionari di vecchio insediamento per l'esenzione dagli oneri di cui godevano, sinchè il Duca non decretò l'uguaglianza delle imposizioni nel 1671.

In fatto di tassazione, gli ebrei modenesi potevano comprare immobili solo previo pagamento della ricognizione, estesa, nel 1671 anche al resto dei sudditi ebrei dello Stato estense.

Nello stesso 1671, gli ebrei soffrirono gravi perdite per il terremoto che fece crollare mezzo ghetto.

Tornando ai rapporti con la Chiesa, nel 1662 il Padre Inquisitore di M. inviò un bando che imponeva di tenere "corretti" i libri, secondo i dettami del Santo Offizio, senza fidarsi delle precedenti correzioni, onde ottenere, con questo pretesto, ulteriore denaro dagli ebrei che dovevano finanziare la correzione stessa[11].

Nel 1688, in occasione del battesimo somministrato, all'insaputa dei genitori, al figlio di tale Moisè Sacerdoti da una vicina della balia cristiana che lo allattava, il Vicario Generale di M. minacciò di scomunica chiunque sotto qualsivoglia pretesto di carità o altro battezzasse bambini ebrei, prima che siano in età abile a conoscere il bene, dal male[12].

Nel 1724 la Comunità ebraica di M. fu costretta a fornire i letti per i soldati della Compagnia Svizzera Ducale, con il diritto, però, di farsi rimborsare due lire per letto dal Comune. Quanto all'imposta ordinaria di guerra, ormai era stata accettata come inevitabile dagli ebrei, abituati da quasi un secolo e mezzo a fornire, come è stato gia rilevato, gli "utensili" (pagliericci, materassi, lenzuola e coperte) alle truppe.

Per quanto concerne l'esercizio di arti e mestieri consueti, esso veniva loro concesso dietro pagamento di tributi, come per i cittadini cristiani, mentre per attività nuove, occorrevano permessi speciali: analogamente, l'affitto di poderi veniva ora concesso ora negato.

Gli statuti di M., che vietavano di incarcerare debitori cristiani insolventi nei confronti di ebrei, ebbero ripercussioni negative sulle iniziative ebraiche legate alla seta, venendo abrogate dal Duca, nel caso che il debitore fosse privo di beni stabili e sospetto di fuga, senza che, tuttavia, l'ebreo avesse diritto di ricevere frumento a saldo dei propri crediti, salvo che servisse per il suo uso esclusivo personale[13]. I capitoli generali si mantennero sostanzialmente immutati sino a quelli pattuiti nel 1750 da Francesco III.

Nel 1755 veniva pubblicata una Grida sopra gli Ebrei, divisa in 22 capitoli, in cui venivano raccolti tutti i provvedimenti stabiliti dopo la grida del 1670: la maggior parte dei capitoli del '55 entrò a far parte della legislazione successiva[14].

Riguardo all'atteggiamento delle autorità circa i rapporti tra la popolazione e gli ebrei, troviamo che, nel 1750, alla conferma dei Privilegii dispensati alla Nazione Ebrea, fu accordato anche il capitolo concernente il divieto nel Carnevale , e molto meno in alcun'altro tempo dell'anno di tenere pubbliche rappresentazioni che schernissero la Legge Mosaica, o [mettessero] in ridicolo, o burla le funzioni , e riti ebraici, nè tampoco li ministri delle Sinagoghe, ed Università[15], sotto pena di multa e di un mese di carcere o di tre mesi, in caso di impossibilità di pagare.

In materia di legislazione estense, va rilevato che, in occasione della sostituzione della legislazione statutaria precedente con un corpo di leggi unico per tutto lo Stato, nel 1771, fu raccolta anche la legislazione riguardante gli ebrei. A questo proposito, va notato che non vi veniva piu fatta distinzione tra "oriundi" (gli ebrei vecchi) e immigrati successivamente (gli ebrei spagnoli e portoghesi)[16] e che veniva concessa a tutti la libertà di esercitare tutte le attività . Nel contesto di questa concessione, si affermava che essi dovevano essere considerati come "cittadini", anche se le restrizioni precedentemente imposte venivano mantenute. In primis, restava il ghetto, chiuso la sera con alcune eccezioni, inoltre, era vietato acquistare o affittare immobili fuori dal ghetto, senza espressa licenza ducale, eccezion fatta per l'acquisto di terreni per cimiteri e per filatoi e per l'affitto di granai e magazzini, purché dietro debito ragguaglio alle autorità.

Mentre era permesso impiegare maestranze cristiane, agli ebrei era proibito insegnare alla popolazione cristiana ogni tipo di scienza o facoltà, compresi canto e ballo. Quanto al segno distintivo - cui erano stati obbligati qualche tempo dopo essersi insediati negli Stati estensi, consistente, nel XV secolo, in una fettuccia gialla o arancione a forma di "O", cucita sul lato sinistro dell'abito, caduto in disuso e ripristinato dagli statuti di Reggio del 1582 -fu ribadito dalle Costituzioni estensi, nel 1771, come lo era gia stato nel 1706, e fu stabilito che consistesse in una cordella rossa sul cappello, cui, tuttavia, potevano sottrarsi i minori di dodici anni, le donne e coloro che, per svariati motivi, ne avevano ottenuto l'esenzione. Infine, l'accesso all'Università fu consentito agli ebrei limitatamente alla facoltà di medicina e chirurgia[17].

Nel 1796, M. venne occupata dai Francesi.

 

Vita comunitaria

I tributi che, secondo i capitoli del XVI sec., la Comunità ebraica doveva pagare erano due: 1.200 doble da corrispondersi in 10 rate annuali uguali e altri 500 scudi d'oro, ogni anno, pagati in gran parte dall'Università di M.[18].

A partire dal XVII secolo cominciarono ad essere menzionati nei documenti i massari (rappresentanti legali e, talvolta, responsabili delle Università sin dalle origini di queste), per lo più due, incaricati di consegnare al fisco le somme dovute, di raccogliere con l'aiuto dei rabbini le offerte e di assegnare le quote.

Per quanto riguarda l'autogestione finanziaria della comunità, da principio, non vi furono contributi obbligatori, come non vi furono rappresentannti legali degli interessi comuni: i rabbini e i maggiorenti amministrarono le rendite e regolarono le spese a M. sino alla fine del XVI secolo. Per avere una documentazione particolareggiata, sia rispetto all'amministrazione della spesa pubblica interna che all'organizzazione della tassazione da devolvere all'erario estense, occorre attendere sino alla fine del XVII secolo. A partire da questo periodo, si rileva che tutta la direzione della cosa pubblica era suddivisa tra ministri del culto e pagatori, di cui solo i maggiori pagatori avevano diritto di decisione, rappresentando gli interessi propri e quelli dei contribuenti minori. Essi soli formavano una società che sotto l'aspetto giuridico si divideva in congregazione generale, di cui facevano parte i maggiori contribuenti (pagatori), che aveva come compito la nomina delle cariche e l'amministrazione e in congregazione ristretta, composta da membri di elezione e di diritto, suddivisi in tre gruppi o deputazioni, in carica per un triennio amministrativo.

Una figura peculiare, all'interno della Comunità ebraica, era quella del proponitore, il solo ad avere diritto di presentare proposte all'assemblea. I proponitori erano due e la loro nomina spettava alla congregazione generale, che li sceglieva tra i suoi membri con un metodo in cui si mescolavano elezione e sorteggio. Per quanto riguarda il modo in cui veniva raccolto il denaro per le pubbliche spese, all'inizio, esso veniva operato tramite il getto nella cassella, in cui venivano messi gli impegni scritti di partecipazione pecuniaria da parte dei membri dela Comunità: se la cifra raccolta con questo sistema si rivelava insufficiente, venivano tassati d'ufficio tutti coloro che avevano un reddito superiore a un determinato minimo. Il rabbino e le altre persone di fiducia che avrebbero dovuto compiere questo ufficio venivano chiamati confidenti.

In seguito, anziché basarsi sul getto, i fondi per le spese vennero raccolti togliendo una percentuale sul valore del patrimonio, in base al calcolo fatto dai Deputati confidenti. I confidenti di solito non erano piu di tre, fra cui, per diritto, il rabbino maggiore, e avevano come compito quello di cercare di ottenere le maggiori offerte per le spese comuni. Se non si raggiungeva la cifra necessaria, si procedeva alla tassa parziale a carico dei renitenti e, se le offerte rimanevano troppo scarse, alla tassa generale. I tassatori, membri della Congregazione generale, di numero variabile a seconda degli statuti, erano delegati a determinare il patrimonio, il reddito e la quota d'imposta di ogni contribuente.

Tutti gli elementi del patrimonio venivano calcolati, salvo il mobilio di casa e i debiti che venivano defalcati. Ciascuno statuto determinava il criterio in base al quale calcolare il capitale dei membri della Comunità, ai fini del contributo alla spesa pubblica, da cui erano esentati, oltre ai poveri, gli insegnanti, i domestici e i dipendenti salariati . La decisione dei tassatori non era, comunque, irrevocabile e, generalmente, in base ai reclami, venivano rifatti i calcoli, colmando il deficit del bilancio dei pagatori con una nuova ripartizione delle imposte.

I confidenti fungevano da esattori delle cifre imposte, che avevano validita per un triennio, dopo di che veniva fatta una nuova valutazione dell'imponibile e, di norma, veniva bruciato tutto il materiale relativo al periodo di tassazione spirato, onde evitare contenziosi. Infine, è da rilevare che negli ordinamenti della Comunità il rifiuto della pubblica carica, sia elettiva che di diritto, veniva punito con forte pena pecuniaria.

Quanto alle pubbliche contribuzioni, vi erano sottoposti gli ebrei terrieri (cioè, residenti) e gli ebrei forestieri: rispetto a questi ultimi vigeva il diritto della reciprocità, per cui venivano esonerati o gravati di pari oneri i forestieri di quelle Università che esoneravano o gravavano i terrieri che soggiornavano fuori della comunita d'origine. Nell'ambito di questo principio, si distinguevano, tuttavia, i capitali fermi, cioè investiti, che erano tassabili, dagli avventizi, cioè derivanti da industrie, vendite, baratti ecc., per cui il forestiero non veniva tassato secondo lo stesso criterio applicato al terriero. I forestieri attuavano i pagamenti dovuti, usando l’ apposita cassella, che si trovava nella bottega di uno dei due deputati eletti per un triennio dalla congregazione generale, e che era chiusa con due chiavi diverse tenute dai massari dell'Università. Ai deputati, con l'aiuto del bidello dell’Università, spettava di vigilare sui forestieri perche partecipassero alle pubbliche contribuzioni e ai renitenti, oltre le pene elencate nelle concessioni sovrane, era minacciata la scomunica[19].

Data la realtà della vita comunitaria, nel sec. XVIII, fu consentito all'Universita di emettere leggi suntuarie per porre freno al lusso e al gioco. Come esempio, ci resta una Prammatica, pubblicata a M. nel 1790, in cui venivano stabiliti provvedimenti contro l'eccessivo sfarzo nell'abbigliamento femminile (per cui veniva dato un dettagliato elenco di abiti, ornamenti e gioielli permessi o vietati), che terminava con la proibizione, per le donne, di uscire di casa, e, a maggior ragione, di recarsi in città, senza cendale, ad esclusione delle donne povere, che girano per far servigi o per questuare[20]. Analoghe limitazioni venivano imposte all'abbigliamento maschile, escludendo, tra l'altro, l'uso del colore cremisi e scarlatto, salvo per il tabarro e ogni sorta di ornamenti per il copricapo[21]. Veniva, poi, proibito il ballo, in ogni tempo e luogo, eccettuato chi per impararlo dovrà, come Discepolo [..] esercitarsi col proprio Maestro[22]. I rinfreschi, in ogni sorta di occasioni e cerimonie, venivano limitati, cosi come il numero degli invitati[23]. Del pari, veniva fissato il numero delle persone che potevano partecipare al corteggio delle spose o accompagnare le puerpere alla sinagoga[24] e i regali che il compadre e i convitati potevano fare in occasione di nascite[25]. A Purim venivano limitati i regali connessi con il misloah manot (invio di cibi e bevande)[26].

Inoltre, veniva proibito il gioco ai maggiori di anni tredici, sia con ebrei che con cristiani, non intendendosi con ciò di vietare nei Luoghi pubblici i giuochi, per li quali si pagano diritti alla Serenissima Ducal Camera[27]. I forestieri risultavano esclusi dalla Prammatica per il periodo di due mesi, mentre i terrieri che si recassero in viaggio in luogo, tuttavia, non meno distante di otto miglia da M., venivano esentati dalle proibizioni in fatto d'abbigliamento elencate sopra.[28] La Prammatica si chiudeva con la promessa di spiegazione dei dettagli sopra esposti, in caso di dubbio, e con le modifiche necessarie, se del caso, ferma restando la sostanza del contenuto e previo assenso dei cinque Deputati che l'avevano stilata[29].

Infine, va segnalato che nella Comunità ebraica modenese si trova traccia di 15 confraternite, volte allo studio, alle pratiche religiose e alle opere di assistenza. Si tratta del Talmud Torà (1597),[30] per lo studio pubblico dei meno abbienti; Haverìm mosciavìm (1614), per l'istruzione, settimanale, nella legge mosaica; Covenhè nhittìm (1654), con lo stesso scopo della seconda; Mismered abocher veanhèrev, per l'istruzione serale della Bibbia, con il commento di Rashi e altri; Misnajòd umismèred ahòdesc (1717), per la lettura serale della Mishnah; Hazòd-jom, con lo stesso scopo della precedente; Hazòd laila (1763) recita di salmi all'alba con invito ai soci di intervenirvi; Manhamadòd, lettura della Bibbia e dei libri profetici; Kabbalad Sciabbad, per la recita di speciali preghiere del venerdì, prima dell'entrata del sabato; Mesapperim teillod, recita quotidiana dei salmi per l'istruzione della gioventu; Malbìsc nharummìm (1716), per fornire di indumenti un certo numero di padri di famiglia indigenti e per la recita serale dei salmi; Ascmored abocher (1700), per la distribuzione della biancheria ai poveri ogni venerdì sera per celebrare il sabato con un abbigliamento adeguato; Hevrad rahamim (1744), per fornire medici, medicine, carne e seppellimento gratuito ai poveri; Pirche scira (1750), per la recitazione di salmi e poesie ebraiche, dopo le orazioni mattutine; Sonhed holim, per l'assistenza alle donne povere ammalate, concedendo loro quanto era concesso agli indigenti di sesso maschile nella confraternita Hevrad rahamim[31].

 

Attivita economiche

Sin dal primo insediamento a M., nel 1393, la presenza ebraica era intrinsecamente collegata all'attivita feneratizia. A differenza di quanto accadeva con gli usurai cristiani, il prestito ebraico veniva regolato, stabilendo un interesse mensile di 6 denari per lira, corrispondente al 30% annuo; il prestito veniva concesso per 6 mesi, trascorsi i quali, il feneratore doveva citare i debitori davanti al giudice, se residenti a M., o farli citare da chi di dovere se erano forestieri; trascorso un altro mese, poteva vendere il pegno e rendere conto dei residui attivi, secondo quanto risultava dai suoi libri contabili. Il feneratore ebreo poteva tenere banco nella casa dove abitava o nelle stationes ad tendam (un banco fatto di due cavalletti e di assi, riparato da una tenda) da erigersi in piazza o dove si teneva il mercato. Dalla richiesta di esonero di pagamento per il banco, presentata da Isach e Manuel Vita, nel 1498, risulta che la cifra in questione fosse di 50 ducati per ogni banco, mentre, dopo la fondazione del Monte, si era venuta a creare una situazione economica assai difficile per gli ebrei.

Nel 1510 il divieto agli ebrei di esercitare l'attivita feneratizia vennne esteso dal Venerdì Santo a tutti i giorni di festa cristiani. Dopo la crisi nel campo del prestito ebraico per la concorrenza del Monte,[32] già verso la meta del XVI secolo gli ebrei ripresero il sopravvento, mantenendolo anche dopo la costituzione del Monte nuovo, nel 1555, che, peraltro, non ebbe miglior fortuna del primo[33].

Entrando più in dettaglio rispetto ai banchi ebraici, gia nel 1527, era stata fatta una concessione di prestito a Isac Della Volta, Buonaiuto e fratello, del fu Isac di M., Simone, Emanuele e Isac, figli del fu Abram di M. e ai figli di Buonaiuto, di Isac e di Emanuel di M., che erano i principali feneratori modenesi, cui era permesso di tenere aperti due banchi. Dalla conferma della concessione, nel 1566, si apprende che erano contrassegnati come banco di San Giorgio e banco de' Servi[34]. Anche un terzo banco, quello di San Felice, fu assegnato alla famiglia Buonaiuto nel 1562.

Nel 1579 l'interesse era del 20% annuo per i prestiti fino a 10 lire e del 25% oltre le 10 lire, per i forestieri il tasso era del 30% annuo e, a partire dal 1631, il tasso fu ulteriormente ridotto al 18% annuo. Quest'ultimo tasso d'interesse doveva ritenersi normale alla fine del XVI secolo e all'inizio del XVII, conformemente a quanto aveva stabilito Sisto V per tutti i banchieri ebrei degli Stati della Chiesa. Dal contratto per la concessione del banco del 1579, risulta, inoltre, che per quello di San Felice la famiglia Buonaiuto doveva corrispondere 200 scudi all'anno, somma che, per la sua esiguità, fa ipotizzare che esso fosse di modeste proporzioni, come forse gli altri.

La fortuna della famiglia Buonaiuto nell'attività feneratizia si mantenne per tutto il XVI secolo, secondo quanto indicano i rinnovi delle concessioni di prestito, mentre, gia nel 1600, era in declino, come mostra la condanna di Isac Buonaiuto (quasi certamente pronipote di Buonaiuto del fu Isac da M., beneficiario della prima concessione del 1527) a un’umiliante pena corporale sulla pubblica piazza a M., per non essere riuscito a pagare, allo scadere del tempo, i propri debiti, che ammontavano alla notevole somma di 20.000 scudi[35].

All'inizio del XVII secolo, Moisè di Abramo da M. ottenne il permesso di essere attivo come cambiavalute e, inoltre, bisogna ricordare che gli ebrei avevano spesso avuto l'appalto della zecca, a M.[36].

Nel XVII secolo, una famiglia di Mantova (quella di Grassino Vigevano) ottenne privilegi per trasferirsi da Mantova a M. per porre in piedi negotii, et in essa introdurre Tessadri e fabbricatori di drappi di seta di diverse sorte, Cordellami etc..[37].

Sempre nello stesso secolo, è attestata la presenza dell'Arte dei Merciari Ebrei e dell'Arte de' strazzari[38]. Quanto alla mercatura, va rilevato che la posizione di garante attribuita da una grida del 1670 alla Comunità ebraica, in caso di fallimento dei suoi singoli componenti, avrebbe potuto compromettere non poco l'attività economica ebraica, secondo quanto attesta il ricorso alla sua applicazione, che sostiene: l'osservanza di simile proclama seco porterebbe la supplantazione di tutta quanta la Mercatura, ch'è l'unico fondamento, sul quale non solo è appoggiato tutto il mantenimento della Nazione [....] ma anche il vivere quotidiano di più migliaja d'operaj Cristiani, e causerebbe ancora che Forestieri non accaserebbero più le loro Figlie colla Nazione di quello Stato per non esporle al rischio , che restino escluse delle loro Doti[39]. Il rescritto ottenuto nel 1726 dall'Università, pertanto, stabilì che la prelazione dei creditori cristiani rispetto agli ebrei dovesse aver luogo solo in caso di fallimento doloso e ad esso si rifece la Comunità ebraica in occasione del fallimento del Modenese Ventura Castelfranchi nel 1737[40].

Va notato, in questo contesto, che gli statuti di M. vietavano d'incarcerare debitori cristiani insolventi nei confronti di ebrei, ma, dato che il provvedimento nuoceva alle attività ebraiche connesse alla seta, il Duca lo abrogò, nel caso che il debitore fosse privo di beni stabili e sospetto di fuga, senza che, tuttavia, l'ebreo avesse diritto di ricevere frumento a saldo dei propri crediti, salvo che servisse per il suo uso esclusivo personale.

L'attività feneratizia ebraica continuò ufficialmente sino al 1767, quando i Monti dello Stato estense ottennero l'abolizione dei banchi: tuttavia, il prestito proseguì in sordina[41].

 

Demografia

Gli unici dati disponibili sulla popolazione ebraica modenese risalgono al 1638, quando, dopo che era stato istituito il ghetto, risultava che avrebbero dovuto abitarvi 45 famiglie, per un totale di 246 persone[42].

 

Sinagoghe

Da un documento del 1580, risultavano a M. tre sinagoghe e, nel 1584, una risultava ubicata nella contrada San Giorgio, mentre, nel 1616, un'altra risultava sorgere presso la chiesa dei Servi. Dopo la costituzione del ghetto, le sinagoghe furono poste entro le sue mura. Sappiamo, inoltre, esservi state sinagoghe private, gestite da svariati membri della comunità (Sanguinetti, Usiglio, Levi, Fano, Rovigo) e sinagoghe designate con nomi particolari, come la Scuola Piccola, che, nel corso degli anni, vennero chiuse, mentre rimaneva la Scuola Grande[43].

 

Cimitero

La prima notizia di un cimitero ebraico a M. risale al 1511 e allude ad un luogo di sepoltura presso le mura della città. Alla fine del XVI secolo il sito viene identificato in modo più preciso, come il terreno dove poi sarebbe sorto il convento delle Carmelitane Scalze e dove, nel 1599, fu sepolto l'ebreo mantovano Iseppo da Fano, ucciso a M., insieme al signore di Sassuolo, Marco Pio di Savoia. Nel 1621 i fratelli Pellegrino e Samuele Sanguinetti comperarono dai signori Montecuccoli un orto sito in Terranova, tra la via dei Cappuccini e la via Sgarzeria, per adibirlo a cimitero: tuttavia, date le lagnanze della cittadinanza, poiché si trattava di un appezzamento di terra che si trovava tra case di abitazione e chiese, nel 1628, venne acquistato un pezzo di terra verso le mura, contiguo al

cimitero esistente, che venne allargato e servì come luogo di sepoltura anche per gli ebrei di Sassuolo. Dal 1656, l'Università di M. si trovava in difficoltà per difendere dalla profanazione le ossa dei sepolti, dato che le Carmelitane Scalze (il cui monastero era stato fondato, nel 1651, in territorio contiguo) intendevano allargare a spese del cimitero il loro chiostro. Durante il periodo della peste del 1630, gli ebrei vennero seppelliti in un campo in borgo S. Silvestro, dietro la via Pelosa, cui ne venne aggiunto un altro. Secondo il Balletti, una ventina di anni dopo, nel monastero il terreno usato come cimitero ebraico era stato adibito a coltura, provocando l'opposizione ebraica, che portò al solo risultato di ottenere che le ossa dei morti non potessero essere toccate senza permesso ducale.

Nel 1685 il Duca ordinò agli ebrei di acquistare un terreno fuori città per seppellirvi i morti, quando non vi fosse stato più posto nei cimiteri cittadini.

Vari documenti attestano dell'ampliamento del cimitero nel XVIII secolo[44].

 

Quartiere ebraico e ghetto

 Da un progetto per l'ingrandimento della città, risulta che il quartiere ebraico, noto come "Luogo di abitazione per gli Ebrei", si trovava tra un bastione al nord della città e il canale della Soratora. Le vie del Sole, di Daniel Macari e dei Coltellini erano, nel 1618, conosciute come strade degli ebrei e la contrada della Cervetta era chiamata "dei Sanguinetti", mentre  altri ebrei abitavano in Rua del Muro.

Nel 1638 si decise di adibire a ghetto la contrada Blasia e la contrada Coltellini: due dei quattro portali che lo chiudevano erano al nord e al sud della via Blasia e due sulla via Emilia, e recavano le due Arme di marmo con altri hornamenti... che già son fatte a Carrara[45]. Una piazzetta fu creata nel mezzo delle due contrade, dietro richiesta dell'Università ebraica.

Nel 1702 il ghetto venne allargato e nel 1783, data l'entità delle esalazioni mefitiche (provocate, in gran parte, dalla beccheria di cui il Duca aveva concesso l'apertura nel ghetto nel 1645), gli ebrei furono obbligati dal Duca ad acquistare anche il cosi detto mezzo ghetto, cioe' le case che davano sulla via della Torre e sulla via dello Squallore[46].

 

Vita culturale

M. fu per lungo tempo un centro di studi ebraici e, in particolare, cabbalistici di primaria importanza. Tra gli autori di manoscritti, troviamo nel XVI secolo, Gershom b. Mosheh, David b. Avraham Modena e Avraham Mikhael Modena (che, secondo una fonte, tuttavia, forse appartiene al secolo successivo) e, nel XVII secolo, Mose Israel b. Vardama e Yosef b.Mosheh Israel Melli; nel XVII-XVIII secolo, Yehudah Matzliah Padova, il cui figlio, Menasheh Yehoshuan, si trova menzionato nei rituali di Rafael Meldola. Tra le personalità di maggior rilievo, nel XVII secolo, abbiamo Avraham Yosef Shlomo b. Mordekhay Graziano, originario di Pesaro, ma attivo come rabbino a M., discendente da un’illustre famiglia rabbinica, che cambiò il cognome originario -Gallico- con il nome di uno dei suoi membri (Yohanan, la cui traduzione italiana è, appunto, "Graziano”). Collezionista di opere rare e di manoscritti, fu autore di un'opera di glosse allo Shulkhan Arukh, ricca di riferimenti storici di rilievo. Scrisse anche svariate poesie: tra quelle stampate, due in morte del rabbino Aaron Berechyah da M. (contenute nel Maavar Yabbok, scritto da quest'ultimo) e una sulla profanazione di un rotolo della Torah a Reggio. Fu anche autore di responsi, pubblicati nell'opera Afar Yakov di R. ben Nathanel ben Aaron Yakov Segre e nel Pakhad Ytzhak di Isacco Lampronti. In materia di Legge, seguì la tendenza all'applicazione meno rigida e permise l'uso dell'organo nella sinagoga[47].

Grande importanza come propulsore della Kabbalah luriana in Italia nel XVII secolo, fu il modenese Aaron Berakhyah b. Mosheh, allievo di Menahem Azaryah Fano, autore dell'opera Maavar Yabbok, ricordata sopra, pubblicata a Mantova nel 1623, grande sommario di escatologia di scuola luriana.

Nella seconda meta dello stesso secolo, M. divenne un centro sabbatiano di grande importanza, in cui spicca la figura del rabbino Avraham Rovigo, allievo di Mose Zacuto e amico di Benyamin ha-Kohen Vitale (rabbino a Reggio), con cui divideva le inclinazioni cabbalistiche. Rovigo fu uno dei principali esponenti del sabbatianesimo moderato in Italia e mantenne un nutrito epistolario con i capi sabbatiani della sua epoca[48].

Tra il 1677 e il 1682, invitò a M. i sabbatiani Issachar Baer Perlhefter e Mordekhay Eisenstadt; invitò anche Mordekhay Ashkenazy, di cui fece stampare a Fuerth i commenti d'ispirazione sabbatiana allo Zohar, raccolti nel volume Eshel Avraham. All'inizio del '700, si recò con la famiglia ed un gruppo di discepoli in Palestina, fondando a Gerusalemme una yeshivah in cui la presenza sabbatiana era maggioritaria. Dal 1704 al 1707, fu inviato come emissario, incaricato di raccogliere fondi in Europa, dove tornò una seconda e forse una terza volta, tra il 1710 e il 1713. Nel 1713, durante la sua ultima missione, morì, mentre era di passaggio a Mantova.

Nel secolo XVIII tra gli ebrei italiani che, seguendo Hayym ibn 'Attar, talmudista dalle tendenze cabbalistiche d'origine marocchina, si stabilirono in Terra d'Israele, fondandovi ad Acco la yeshivah Midrash Keneset Israel, vi era anche il modenese Avraham Yishmael Hayym Sanguinetti, di cui ci sono rimaste alcune lettere scritte al padre, Shlomoh Hayym, ricche di particolari di un certo interesse storico su questo viaggio e sull'insediamento in Terra d'Israele[49].

Sempre nel XVIII secolo, era stato rabbino a M. Leon Prospero Padoa, talmudista, cabbalista e poeta, di cui si conserva un Componimento poetico nella Biblioteca Estense di

M.[50].

Tra gli altri modenesi di una certa importanza, in questo stesso secolo, vengono ricordati, Yakov Hayym b. Reuven b. Jachia; Ytzhak Berakhyah Yehudah b. Avraham b. Jachia, di cui ci resta l'Inno per l'istituzione di una societa di studiosi della Mishnah con il commento di Bertinoro (1748); Shimshon Hayym b. Nahman Refael Nachmani.

Tra il XVIII e il XIX secolo, vi è, oltre a Mazaltov Modena, Ishmael b. Abraham Ytzhak ha-Kohen (o, all'italiana, Laudadio Sacerdote, 1723–1811), rabbino di M., che fu figura di spicco nel mondo dell'ebraismo contemporaneo, menzionato nell'opera Divrei Shalom ve-Emet (Berlino, 1782) di Naphtali Hirsch Wessely, tra coloro che aveva chiamato a difesa dell'introduzione degli studi d'argomento secolare nelle scuole ebraiche. Sebbene si fosse dissociato dall'illuminismo ebraico o Haskalah, egli lo sostenne de facto: come esempio della sua apertura scrisse, tra l'altro, poesie d'argomento profano. Fu l'ultimo rabbino italiano ad essere accettato nel mondo rabbinico come autorità in materia di Legge ebraica: in questo campo scrisse un'opera improntata a realismo e moderazione, pubblicata sotto il titolo di Zera Emet[51].

 

Bibliografia

AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, Rimini 1987.

Artom, E.S., La alijjàh di un Ebreo modenese nel secolo XVIII, in RMI XI (1936), pp. 44-49.

Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, Reggio-Emilia, 1930.

Cammeo, G., Gli ebrei di Modena sotto i Duchi Estensi, in Il Vessillo Israelitico 60 (1912), pp. 662-663.

Colorni, V., Prestito ebraico e comunità ebraiche nell'Italia centrale e settentrionale, in Rivista di storia del diritto italiano VIII (1935), pp. 55 (estratto).

Ghirondi, S.-Neppi, H., Toledoth Ghedolei Israel be-Italia, Trieste, 1853.

Leeven, J., Two Autograph Letters forma a Ms, in the British Museum (Or.9166), in JQR XIX (1928–29), pp. 137-143.

Milano, A., Documenti sui banchieri ebrei a Modena nel secolo XVI, in RMI XI, 10 (1937), pp. 450-455.

Mortara, M., Indice alfabetico dei rabbini e scrittori israeliti, Padova 1886.

Rivlin (Ardos), B., Mutual Responsibility in the Italian Ghetto: Holy Societies 1516–1789 (in ebr.), Jerusalem, 1991.

Toaff, A., Gli ebrei a Perugia, Perugia 1975.


[1] Infatti, è desunta da un documento del 1025, pubblicato dal Muratori, in cui si ricorda un Ardingus Judeus, come depositario di una decima a Saliceto, in provincia di M. (cfr. Balletti, A., Gli ebrei e gli Estensi, p. 14), tuttavia, secondo il Colorni, l'appellativo "Judeus" attribuito a un cristiano era alquanto frequente nel Medioevo (Colorni, V., Prestito ebraico, pp. 43-44) e, pertanto, non fornisce alcuna informazione precisa sulla presenza ebraica nel modenese. La località menzionata, Saliceto, può essere identificata con S. Panaro o S. Giuliano, entrambi in provincia di M. Tuttavia, dato che sembra poco verosimile che un ebreo percepisse una decima ecclesiastica, è probabile essere il caso, non del tutto raro all'epoca, di un cristiano che recava l'appellativo di Judeus accanto al nome.

[2] Balletti, A., op. cit., p. 16.

[3] Nella concessione vengono menzionati, oltre a Guglielmo, Salomone de Mathasia da Perugia, abitante a Bologna, gli eredi del fu Museto di Aleuccio da Perugia, residente a Bologna, gli eredi del fu Salomone di Elia residente a Rimini, e i loro fattori e soci (cfr. Balletti, A., op. cit., p. 16; su Museto di Aleuccio da Perugia, cfr. Toaff, A., Gli ebrei a Perugia, p. 52).

[4] Balletti, A., op. cit., p. 17; p. 18; p. 139; p. 140; Simonsohn, S., The Apostolic See, Documents: 1394–1464, doc. 772, 789, 858; Documents: 1464–1521, doc. 1164, 1191.

[5] Balletti, A., op. cit., p. 18, pp. 60-62, pp. 191-192; Simonsohn, S., op. cit., Documents: 1522–1538, doc. 1427, 1440, 1684, 1825; Documents: 1539–1545, doc. 2373, 2377, 2474; 2466.

[6] Balletti, A., op. cit., p. 138.

[7] Balletti, A., op. cit., p. 77.

[8] Dichiarava, ad esempio, di volersi stanziare a M. Moisè Alatino, celebre medico e traduttore dall'ebraico in greco, che, tuttavia, non realizzò questo progetto (Balletti, A., op. cit., p. 79; Cassuto, U., E.J., alla voce "Alatino").

[9] Balletti, A., op. cit., p. 80.

[10] Ivi, p. 119.

[11] Ivi, p. 81, p. 83, p. 90, p. 160, pp. 169-170, p. 172, p. 174, p. 176, p. 207, p. 216 ; cfr. AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 32.

[12] Foglio unico, stampato a M., in data 28 maggio 1688 (documento di proprieta privata).

[13] Balletti, A., op. cit., pp. 118-119; p. 107.

[14] Cfr. Grida sopra gli Ebrei, foglio unico, stampato a M. in data 16 aprile 1755 (documento di proprietà privata). Ritengo opportuno segnalare due capitoli che trattano argomenti non considerati nel contesto della legislazione estense relativa agli ebrei e cioè: il cap. 16, che stabilisce che, in caso di fallimento, l'Università sarà esentata dall'indennizzare i creditori, non dovendo essere gravata per qualunque particolare né civilmente, né criminalmente e il cap. 17 che vieta l'uso della lingua ebraica nei libri contabili, pena la multa di 25 scudi (ibidem).

[15] Foglio unico, stampato a M., in data 16 gennaio 1751 (documento di proprieta privata).

[16] Circa la legislazione riguardante gli Ebrei delle Nazioni forestiere, cioè, d'origine spagnola e portoghese, cfr. Balletti, A., op.cit., p. 109 e segg.

[17] Ivi, pp. 108-109; p. 149; p. 151; p.152; p. 112.

[18] Il tributo annuo gravava inizialmente solo sull'Università di M. che, nel 1671, riuscì a farne pagare una parte anche a quella di Reggio, in seguito ridotta al 18% della cifra, date le difficili condizioni economiche in cui quest'ultima versava. Tale ripartizione della cifra rimase in vigore sino all'inizio del XIX secolo( ivi, p. 117).

[19] Ivi, pp. 124-133.

[20] Prammatica instituita da osservarsi dai singoli dell'Università degli Ebrei di Modena per un triennio, stampata a M., nel 1790 (documento di proprieta privata), art. 1, p. 6.

[21] Ivi, art. II, pp. 6-7.

[22] Ivi, art. III, p. 7.

[23] Ivi, artt. IV, V, VI, VII, pp. 7-11.

[24] Ivi, artt. VIII, IX, pp. 11-12.

[25] Ivi, art. X, pp. 12-13.

[26] Ivi,1 art. XI, p. 13.

[27] Ivi, art, XII, p. 13. Alla regolamentazione dei giochi ammessi sono dedicati, invece, l'art. XIII e l'art. XIV, pp. 14-15.

[28] Ivi, artt. XV e XVI, p. 15.

[29] Ivi, art. XVII, pp. 15-16. I cinque Deputati risultano essere :Emanuel Sacerdoti, Jacob di Raffael Vita Sanguinetti, Leon Fano, Flaminio Rovighi e Flaminio Formiggini.

[30] L'anno di fondazione della confraternita è riportato tra parentesi, la grafia segue quella del Cammeo, da cui sono desunte queste notizie, cfr. Cammeo, G., Gli ebrei di Modena sotto i Duchi Estensi, p. 663.

[31] L'esistenza, a M., di due diverse confraternite per fornire pari assistenza ai poveri dei due sessi è rilevata anche da Rivlin (Ardos),B.,  Mutual Responsibility in the Italian Ghetto (in ebr.), p. 52.

 

[32] I Modenesi si erano avvalsi, in ciò, del breve di Paolo III, ottenuto dal cardinale Jacopo Sadoleto, anch'egli di M., che, nel 1542, concedeva ai Monti di ricevere depositi al 5% l'anno.

[33] Balletti, A., op. cit., p. 17; pp. 155-156; p. 62.

[34] Queste notizie, desunte da documenti acquisiti dalla Biblioteca Estense, dopo la compilazione dell'opera del Balletti, ne rettificano, in certa misura, alcuni dettagli (Milano, A., Documenti sui banchieri ebrei a Modena nel secolo XVI, p. 451; cfr. Balletti, A. op. cit., p. 66).

[35] Milano, A., op. cit., pp. 452-454.

[36] Balletti, A., op. cit., p. 163.

[37] Balletti, A., op. cit., pp. 81-82.

[38] Ivi, p. 164.

[39] Foglio unico stampato a M. nel 1737 (documento di proprieta privata).

[40] Ibidem.

[41] Balletti, A., op. cit., p.107; pp. 71-72.

[42] Ivi, p. 174.

[43] Ivi, p. 98.

[44] AA. VV, Cultura ebraica in Emilia-Romagna, pp. 103-104; Balletti, A., op. cit., p. 102.

[45] Balletti, op. cit., p. 174.

[46] Balletti, op. cit., pp. 172-174; p. 177.

[47] Cassuto, U., E.J., alla voce "Graziano, Abraham Josef Salomo ben Mordechai"; Ghirondi, S. -Neppi, H.,Toledot, p. 2; Mortara, M., Indice, p. 28.

[48] A proposito dei corrispondenti epistolari di Abraham Rovigo, a prescindere da riferimenti espliciti al sabbatianesimo, si veda la lettera scrittagli, nel 1677, dal rabbino di Praga, Aaron Simeon Spira per chiedergli di raccogliere, tra gli ebrei di M., il denaro per il riscatto di otto ebrei, imprigionati dalle autorità ungheresi, dopo che due maggiorenti, Judah Loeb ben Koppel e Issachar Baer, erano stati incarcerati e rilasciati a patto che riuscissero a trovare la cifra voluta allo scopo dal governo ungherese (Leveen, J., Two Autograph Letters from a Ms. in the British Museum (Or. 9166), pp. 137-139.

[49] Artom, E.S., La alijjàh di un ebreo modenese nel secolo XVIII, pp. 46-49.

[50] Tamani, G., Manoscritti copiati in provincia di Modena, in AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, pp. 427-432, p. 430.

[51] Mortara, M., Indice, p. 27, p. 28, p. 29, p. 38, p. 40, p. 43, p. 46, p. 47, p. 58; Samet, M.Sh., J.E., alla voce "Ishmael, ben Abraham Isaac ha-Kohen".

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