Finale di Modena

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Finale di Modena

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Finale di Modena (Emilia)

Provincia di Modena. Il primo documento in cui si fa menzione di F. risale al 1009.  Al 1213 viene attribuita la nascita ufficiale dell'abitato finalese, cioè quando gli abitanti di Ponteduce determinarono la fondazione del comune di F. Dalla fine del XIII secolo le sorti del centro si legarono indissolubilmente a quelle di Modena: in questo periodo F. passò sotto il dominio degli Estensi. Nel 1598 il duca Cesare d'Este, costretto a cedere Ferrara al Papa, si rifugiò a F.

 

Banchieri e commercianti

La prima presenza ebraica a F. risale al 1541, quando Isacco da Norsa, banchiere ferrarese, assieme ai soci Davide da Modena e Giuseppe Lanternaro, ottenne dal duca Ercole II la condotta del banco feneratizio per F.: Isacco continuò ad esercitare la propria professione al banco Della Ripa di Ferrara, mentre uno o più dei soci si trasferirono a F. La condotta venne rinnovata nel 1550, quando Davide da Modena sembrerebbe essere divenuto il principale conduttore[1].

Queste stesse famiglie ed altre continuarono l'esercizio del banco di F. per alcuni anni, sinché attorno al 1592 Samuele Levi, parente dei Norsa, lo prese in affitto (insieme a quello di San Felice): in quell’occasione restarono, però, nel banco di F. i Lanternaro per un quarto[2].

Anche nuclei di ebrei non banchieri si stabilirono a F., specialmente in seguito al trasferimento della capitale del Ducato estense da Ferrara a Modena (1598). Ciò porto all'espansione del gruppo ebraico a F.: nel 1661 si ricordavano così 29 ebrei maschi adulti, ai quali sono da aggiungerne altri. Il totale della popolazione ebraica a F. a metà del '600 fu stimato intorno ad un centinaio di individui, numero che crebbe di alcune decine di unità verso la fine del secolo[3].

Molti banchieri furono anche mercanti di biade. Essi avevano stretti legami con i correligionari dei territori veneti, mantovani e ferraresi. Altri merci preferite dagli ebrei di F. furono i drappi, in particolare quelli di seta. Ma gli israeliti commerciavano anche in altre cose, come i viveri, il vino ed i grani.

 

L'Inquisizione ed altre vessazioni

 

I rapporti degli ebrei di F. con la popolazione cristiana furono pessimi e inaspriti dal clero ed in particolare dall'Inquisizione. Dalla seconda metà del '500 prese avvio la Controriforma, della quale gli ebrei italiani furono una delle principali vittime. Anche a F. si susseguirono le misure restrittive, le prediche coatte, la censura dei libri ebraici, i processi motivati da infrazioni vere o immaginate della legislazione ecclesiastica e così via[4].

L'inquisizione qui processò ebrei accusati di essersi fatti servire da cristiani, specialmente durante i giorni festivi ebraici, ed una serie di procedimenti a danno di diverse famiglie ebree finalesi furono celebrati dal principio del '600 in poi: alcuni ebrei furono condannati a pene assurde ed altri a pene pecuniarie e all’ incarceramento. Reati che suscitavano l'ira dell'Inquisizione furono l’irriverenza verso la religione cristiana, le espressioni considerate eretiche ed il possesso di libri ebraici condannati dalla censura: tra le vittime vi fu anche il rabbino della comunità, Abramo Belgrado[5].

La pressione operata sugli ebrei affinché essi si convertissero al cattolicesimo ebbe un certo successo anche a F. Nel corso del '600 alcuni individui e addirittura intere famiglie si convertirono al cristianesimo e tra i neofiti ci furono anche il banchiere Cervo Saravalli e la famiglia Finzi. Non mancò neppure un caso di conversione contesa d'una fanciulla, nonostante il divieto ducale della sottrazione dei figli minori ai genitori per essere battezzati. La Casa dei Catecumeni a Modena fu spesso la prima tappa dei neofiti.: alcuni di loro, però, finirono ugualmente nelle carceri dell'Inquisizione con l'accusa di inosservanza dei precetti canonici[6].

 

La vita comunitaria,  la sinagoga ed il cimitero

 

La comunità di F. fu organizzata secondo le forme consuete delle comunità  dell'epoca. A rappresentarla vi furono due massari, che gestivano i fondi e trattavano con le autorità locali e centrali e che furono incaricati di raccogliere  le somme per le tasse e per la manutenzione degli organi interni alla comunità[7].

Nei primi anni del '600 la sinagoga di F. fu ancora un oratorio privato, cioè una stanza nella casa del banchiere Emanuele Lanternaro. Nel corso del secolo la comunità di F. si accrebbe tanto, che gli ebrei furono costretti a servirsi di un edificio apposito. La nuova sinagoga fu costruita nella casa della vecchia sinagoga, ma di dimensioni più ampie. Ciò successe nonostante l'opposizione dell'inquisizione. Più tardi, nel 1678, gli ebrei di F. utilizzarono un secondo oratorio in una strada vicina alla prima, in una via che in seguito divenne la Strada della Scola[8].

Il cimitero ebraico di F. risale al 1600. Prima i morti ebrei venivano sepolti in altre comunità. Anche la comunità di F. era fornita di una confraternita Ghemilut Hassadim, cioè una compagnia della misericordia[9].

 

 

 

Rabbini e dotti

Dei  rabbini e persone illustri a F. si sa pochissimo. Uno di essi vissuto nel '700' fu Aronne di Giuseppe Benedetto Cases, rabbino (nominato nel 1751) a F. ed a Mantova. Alcuni suoi responsa sono fra quelli del Pahad Ishaq e altrove. Egli morì nel 1767[10] 


 

Bibliografia

Balboni, M.P., Gli ebrei del Finale nel Cinquecento e nel Seicento, Firenze 2005.

Balboni, M.P., L'antico cimitero ebraico di Finale Emilia, Modena 1996.

Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977.

Simonsohn, S.,The Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.


 

[1]Balboni, M.P., Ebrei del Finale, p. 9 e segg.

[2] Ivi,p. 15 e segg. Vedi inoltre Simonsohn, S., Milan, doc. 2496: Moses Carmine da Finale, morì a Cremona (1542).  Per una lista dei banchieri ebrei a F. nel corso del '600 si veda Balboni, M.P., Ebrei del Finale, p. 130 e segg.

[3] Ivi, p. 35 e segg.

[4] Ivi,, p. 42 e segg.

[5] Ivi, p. 46 e segg.

[6] Ivi, p. 75 e segg.

[7] Ivi, p. 152 e segg.

[8] Ivi, p. 113 e segg.

[9] Balboni, M.P., Cimitero ebraico di Finale, passim.

[10] Simonsohn, Jews in the Duchy of Mantua, p. 699.

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