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Fiorenzuola d'Arda (פיורנצואולה)
Provincia di Piacenza. Questa piccola città posta sulla riva destra dell'Arda, anticamente chiamata Florentiola o Florentia non ebbe diritti municipali e la sua fondazione va fatta risalire presumibilmente alla colonizzazione di Silla nell'Emilia. Le sue vicende sono strettamente connesse con quelle di Fidentia (poi divenuta Borgo S. Donnino), di cui fu un vico (per la storia si veda alla voce "Borgo San Donnino").
Il primo documento in cui viene menzionata la presenza ebraica a F. risale al 1451 e riguarda la somma di 25 ducati d'oro ricevuti dal Duca da parte di Giacobbe, il negotiorum gestor di Chresoni (Gershon) di F., occasione ficti...pro anno uno[1]. Negli anni successivi, il Duca intervenne più volte a favore di Chresoni o Cressone di F., tra l'altro per agevolarne la partecipazione al prestito al Tesoro ducale, cui si era impegnato insieme agli altri ebrei, nel 1453[2].
Nel 1456 il Duca, appreso che gli ebrei di F. si rifiutavano di continuare l'attività feneratizia causando, pertanto, un grave danno generale, annunciò al podestà e alla popolazione locale che, se non fossero riusciti a farli recedere da questa decisione, ne avrebbe fatti venire altri nel distretto, per assicurarsi le necessarie 'sovvenzioni'[3].
Poco dopo risulterebbe essere stata introdotta clandestinamente a F. ed esservi allevata come ebrea la figlia di tale Giuseppe e di una donna cristiana, la quale, tuttavia, negava il fatto[4].
Nei documenti relativi alla riscossione dei tributi fiscali ebraici del 1458–1460 viene menzionato l'ebreo Lazaro di F., che era agevolato nella riscossione dei suoi crediti per saldare il proprio debito con l'erario ducale[5].
Ad onta della predicazione francescana contro l'attività feneratizia, le autorità di F., nel 1463, furono informate che il consigliere ducale aveva raggiunto un accordo con Giacobbe sui privilegi elargitigli precedentemente[6].
Nell'elenco degli ebrei del Ducato, cui veniva concessa l’assoluzione nel 1465, figurava anche un tale Abramo di F.[7].
Un’eco dell'episodio clamoroso della controversa conversione di Caracosa di Tortona si sentì anche a F. nel 1469, quando il padre della ragazza, Davide, venne obbligato a rifondere al castellano di F. le spese contratte in occasione delle nozze di Caracosa (Archangela, dopo la conversione) con un cristiano[8].
All'incirca nel 1470 la popolazione di F. si lamentò con il Duca per l'entità delle tasse da pagare, cui non poteva far fronte, in quanto i banchieri ebrei locali non sovvenivano economicamente il Comune e, pertanto, chiese che venisse introdotto, a questo scopo, un altro banchiere[9].
Circa cinque anni più tardi, Cressono di Cremona, munito di permesso ducale per recarsi a F., attraversò, con la moglie e una scorta, il territorio di Rolando Pallavicino: attaccato da cinque uomini vicino a Cortemaggiore, Cressono venne ferito ripetutamente e derubato di merce di valore. Due abitanti di F., sospettati di complicità, furono poi rilasciati -in mancanza di prove - dietro cauzione, mentre Cressono, recuperata solo una parte dei propri averi e minacciato dai due di F., si appellò al Duca per riavere il resto della sua proprietà e per essere protetto dalle minacce.
Nel 1477 in una controversia in merito alla ripartizione delle tasse da pagare, sollevata da Amandolino di Angelo di Pavia, venne nominato arbitro un Magistro Abram de Florenzola che, tuttavia, non riuscì a dirimerla[10].
Nel 1478 tale Bonomo venne trovato ucciso nei pressi di F. e i colpevoli, due cristiani fuggiti a Reggio, dovevano essere estradati, in base agli accordi in questo senso con il Duca di Reggio e condotti a F. per il processo.
Nel 1522 tra i banchieri del Ducato che compaiono nell'elenco dei Conservatori degli ebrei, figura tale Moisè da F.[11] Meno di dieci anni dopo, il Papa Clemente VII concesse a Magister Abraham di Magister Samuel e al suocero Donato, con famiglia e soci, di gestire un banco a F., secondo i termini della condotta stipulata con Cesare Pallavicino[12].
Poco più di vent'anni dopo, nel 1543, il vescovo di Piacenza ricevette ordine di concedere a Abraam di Samuele Levi una moratoria quinquennale o lo status di cessio bonorum[13]: dieci anni più tardi, due ebrei di F., implicati anche in altre vertenze con correligionari di Guardamiglio e di Cremona, furono processati con l'accusa di limare le monete: dopo alterne decisioni, venne stabilito di non prolungare il processo, dato che Abraam di F. era disposto a pagare a tal fine 1.000 scudi, da dividersi tra il reclamante, il capitano di giustizia di Milano ed un altro funzionario. Impegnandosi a corrispondere la cifra a brevissima scadenza, Abraam chiese che gli fosse accordato il permesso di vivere nel Ducato per un anno[14].
Lazzaro Levi, deputato degli ebrei dello Stato di Milano dal 1571, lasciò, morendo nel 1589, la propria eredità ai figli, tra i quali figura Josef, dimorante a F.[15].
Nella ripartizione dei crediti ebraici operata dai rabbini Menachem Azaria da Fano, Vitale Meli e Hanania Finzi nel 1600–1603, risultavano creditori anche i seguenti ebrei residenti a F.: Mandolino di Michele Ottolengo, Madio del fu Zacharia Fraymo, Moyse del fu Lazzaro Levi (in veste anche di procuratore di svariati membri della famiglia, tra cui, erano menzionati come residenti a F. Salomone fratello del fu Lazzaro e i fratelli Iseppo e Marco, deceduti)[16].
In una lettera del 1582 Sforza Pallavicino scrisse al Podestà di F. di aver concesso asilo e permesso di prestare a molti israeliti, scacciati da Cremona e da Piacenza, facendo riferimento, verosimilmente, alla cacciata del 1545[17].
Nei documenti notarili rogati tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, riguardanti gli ebrei facoltosi di F., ricorrono Abraam Levi, Amandolino Ottolenghi, Simone de’Sacerdoti, Salomone Levi, Consiglio Carmine e Michele Ottolenghi: i Levi e gli Ottolenghi, originari di Lodi, si erano trasferiti a F. dopo l'espulsione del 1597. Tuttavia, le fonti attestano anche un movimento in senso inverso, riportando il trasferimento a Lodi, all'incirca nel periodo in questione, di Salomone de Levi e di Madio de Fraymis, nonché, qualche anno dopo, di Salomone de Levi del fu Lazzaro e di Moisè de Levi[18].
Dietro ordine ducale, furono rinnovati nel 1601, i capitoli e i privilegi degli ebrei di una serie di località del dominio dei Farnese e furono menzionati, per F., Abraam Levi ed il fratello. Da una convenzione del 1635 (che si rifà ad una precedente del 1620) risulta che il gruppo ebraico a F. era ancora presente[19].
Tra l'Università degli ebrei di F. e l'Inquisitore non sembrano esservi stati particolari attriti, salvo, nel 1662, quando il secondo, ad onta dell'esortazione ducale ad evitare provvedimenti nuovi contro gli ebrei locali, dichiarò di voler procedere contro Salomone Levi ed altri, rei di aver impiegato personale cristiano, trattenendolo, talvolta, nelle proprie abitazioni tutta la notte, contro le disposizioni vigenti[20].
Fonti dell'epoca attestano che la situazione di privilegio degli ebrei fiorenzuolani continuò per tutto il XVII secolo, nonostante le proteste della popolazione. Da una grida del 1687, risulta che veniva contestata la validità dell'acquisto di beni stabili ad opera degli israeliti: tuttavia, nel 1689, Abraam di Padova ottenne il permesso di vendere alcuni immobili che possedeva a F. e in altre località della zona. Egli figurava allora tra gli ebrei più facoltosi insieme a Bonaiuto Levi, Amandolino Levi e fratelli, Abraam Fontanella e Moisè e Josef Ottolenghi[21].
I fratelli Levi gestivano il banco feneratizio, verso la fine del XVII secolo, avendo talvolta contrasti con la Camera Ducale, come attesta la composizione, del 1697, nella quale si affermava che, nella convenzione fra la Camera stessa e i suddetti, la prima rimetteva loro tanto credito che essa aveva contro li medesimi in causa pensioni e per la somma di lire 13.000[22], mentre i secondi per tale somma cedevano i diritti sulla proprietà della Saviola, annessa alla vendita del feudo di San Martino, fatta al Marchese Controni[23].
Nella prima meta del secolo XVIII, troviamo alcune grida che proibivano di istrapazare gli ebrei nelle mascherate carnevalesche[24].
Nel 1749 fu rilasciato agli israeliti di F. un permesso per negoziare, in cui erano menzionati Bonaiuto Levi, gli eredi di Moisè Ottolenghi, Laudadio Ottolenghi e gli eredi di Salomon Levi. Nello stesso anno, probabilmente in seguito alle lamentele contro gli ebrei, accusati di tenere un comportamento troppo libero rispetto ai luoghi e alle manifestazioni del culto cristiano, venne fatta richiesta all'arciprete di F. di dare un ragguaglio preciso sul loro numero, sul loro contegno e sul loro comportamento in occasione di funzioni sacre, nonché sulle loro occupazioni e abitazioni. L'arciprete, pertanto, riferì che Pochi di questi si dicono da taluno di poca autorità disubbidienti e pertinaci di non volersi ritirare in casa quando o privata processione o confraternita raunata in oratorio esistente in quella contrada in cui in parte abitano, si porta alla chiesa maggiore o quando li viene intimato da qualch'altro simile di allontanarsi dalla chiesa, rispondendo questi essere in piazza pubblica, sapere il suo dovere, conoscere chi devono ubbidire, avendo pure a questi cagionato non poco d'antipatia una rissa insorta con un fedele vicino alle loro case, il quale ritennero e consegnarono alle forze di giustizia[25]. Risultava, inoltre, che l'arciprete non sapesse se avevano o meno persone di servizio cristiane, nonostante fosse proibito alla popolazione cristiana di prestar loro servizi, come l'accensione del fuoco di sabato. Sempre a detta dell'arciprete, alcuni fiorenzuolani abitavano in case di proprietà ebraica, separate, tuttavia, dai luoghi abitati dagli ebrei[26].
L'articolo XIV della Convenzione del 1788, che limitava notevolmente la liberta degli ebrei, imponendo loro, ad esempio, di rimanere chiusi in casa gli ultimi tre giorni della Settimana Santa, venne abolito con l'invasione napoleonica[27].
Vita comunitaria
All'inizio del XVIII secolo, presumibilmente nel 1716 circa, vennero fondate a F. la confraternita dell'illuminario e quella dell'assistenza agli infermi di cui ci resta la lo statuto, redatto nel 1756, cioè una quarantina d'anni dopo la fondazione[28].
Attività economiche
Da un documento del 1477, risulta che a F. vi erano cinque banchi feneratizi[29]. Nel 1597 risultavano detentori della concessione del banco, elargita da Ranuccio Farnese per sette anni, e con il diritto di prestare al 20%, gli eredi di Amandolino Levi[30].
La rete dei banchi ebraici a F. e nelle località vicine come Colorno, Bussetto, Cortemaggiore ed altre, venne autorizzata dalla Sede Apostolica tra la fine del '500 e la metà del '600. Nell'ultimo ventennio del secolo XVII, Bonaiuto Levi ottenne due volte l'appalto del dazio, in seguito tenuto da Amandolino Levi[31].
Demografia
Dal rapporto del 1749 risultavano vivere a F. circa 200 ebrei, suddivisi in 28 famiglie[32].
Quartiere ebraico
Dal documento del 1749 risulta che gli ebrei vivevano mescolati al resto della popolazione di F., tanto da indurre il pievano a richiedere che fosse istituito un ghetto. Da una pianta di F. del 1803 vediamo che lungo la Strada Diritta (o della Chiesa nuova o di Caravaggio), dove si trovava la sinagoga, era ubicato il ghetto. Che quest'ultimo fosse stato realmente istituito non è ancora del tutto provato: è, invece, assodato che le abitazioni ebraiche erano tutte concentrate in una zona, un tratto dell'attuale via Mazzini e ad esse era possibile accedere anche dalla Strada Diritta (in seguito diventata via Garibaldi)[33].
Cimitero
Il primo cenno relativo al cimitero ebraico di F. risale al 1479, quando gli ebrei protestarono con il Duca per il prezzo di appezzamenti di terra nel cimitero, superiore a quanto concordato, e il commissario di Piacenza ricevette ordine di intervenire in loro favore[34].
In un'opera sulla storia di F. dell'inizio del XX sec., viene riferita l'esistenza di due cimiteri: uno, chiuso al tempo della peste del 1630, in area adiacente al vecchio cimitero cristiano di F. e l'altro, in prossimità del torrente Arda, chiuso nel 1875[35].
Bibliografia
AA.VV., Cultura ebraica in Emilia Romagna, Rimini 1987.
Artocchini, C., Gli Ebrei a Fiorenzuola, in Pagine storiche di Fiorenzuola d'Arda, Fiorenzuola 1969.
Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.
Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.
Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
[1] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy, I, doc. 131.
[2] Ivi, I, dcc. 150, 233, 399, 400.
[3] Ivi, I, doc. 442.
[4] Ivi, I, doc. 486.
[5] Ivi, I, dcc. 536, 641.
[6] Ivi, I, doc. 816.
[7] Ivi, I, doc. 925.
[8] Ivi, I, doc. 1173.
[9] Ivi, I, doc. 1198.
[10] Ivi, I, doc. 1543; II, doc. 1735.
[11] Ivi, II, doc. 1805, 2393.
[12]Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 1528.
[13] Ivi, doc. 2224.
[14] Ivi, doc. 2843.
[15]Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, p. 59, n. 1.
[16]Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 4376, pp. 2040-2043.
[17] Artocchini, C., Gli ebrei a Fiorenzuola, p. 49.
[18]Artocchini, C., op. cit., p. 50; Segre, R., op. cit., p. 126; Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, IV, p. 2610, p. 2642, p. 2669, p. 2667-68.
[19]Artocchini, C., op. cit., pp. 50-51.
[20] Ivi, p. 51.
[21] Ivi, p. 52.
[22]Artocchini, C., op. cit., p. 52.
[23] Ibidem.
[24] Ibidem.
[25] Artocchini, C., op. cit., p. 53.
[26]Ivi, p. 54.
[27]Ivi, pp. 56-57.
[28] Ivi, pp. 59-64.
[29] Simonsohn. S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 1758.
[30] Essi affittarono il banco nello stesso anno (1597) a Mandolino Ottolenghi, che si trasferì, pertanto, a F. con la famiglia, incaricando, però, del banco il genero, Moisè Levi di Lazzaro (Segre, R., op. cit., p. 125, n. 1).
[31]Loevinson, E., Banques de prêts, p. 178 e segg.; Segre, R.,op. cit., p. 52.
[32] Segre, R.,op. cit., p. 54.
[33] Ivi, pp. 54-55; AA.VV., Cultura ebraica in Emilia-Romagna, p. 23.
[34] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 1923.
[35]AA.VV., Cultura ebraica in Emilia -Romagna, p. 91.