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Narni (נארני)
Provincia di Terni. Importante città umbra, aveva anticamente il nome di Narnia, perché sorgeva sulla riva sinistra del fiume Nera (Nar). Conquistata dai Romani, in seguito invasa più volte dai barbari, passò al ducato romano e, poi, a quello di Spoleto. Dopo essere stata sotto vari domini, andò alla Chiesa.
Il primo documento che fa riferimento ad una presenza ebraica a N. sono gli Statuti del 1371, dai quali si apprende che agli ebrei era vietato risiedere in prossimità dell’acquedotto e delle fontane cittadine[1].
Negli Statuti si legge, inoltre, che essi erano tenuti a pagare 4 fiorini d’oro al Comune, in occasione dell’annuale corsa di cavalli delle calende di maggio, per l’acquisto di uno stendardo e di un anello: il vicario era incaricato di raccogliere la somma. Il Capitolo CCXLII degli Statuti si concludeva con l’annotazione che gli ebrei, conformemente alla condotta firmata con il Comune (di cu non viene indicata la data), godevano degli stessi diritti dei cittadini di N. in fatto di legislazione criminale e civile, e i funzionari comunali erano caldamente invitati ad osservare con scrupolo i patti stipulati con gli israeliti[2].
Da un documento del 1393, riguardante il prestito a Spoleto, si evince che un ebreo d’origine romana, Aleuccio di Salomone de Urbe, si era insediato a N. dove aveva esercitato l’attività feneratizia e, da lì, si era trasferito a fenerare, appunto, a Spoleto[3].
Nel primo ventennio del XV secolo, troviamo un altro accenno ad una presenza ebraica a N.[4], mentre il successivo si colloca poco prima della metà del secolo e riguarda il medico Magister Leone, figlio di Magister Mosè da Rieti, residente a N., che era intenzionato a lasciare la città per trasferirsi ad Amelia con la famiglia[5].
Nel 1430 abitava a N. Dattilo di Salomone, originario di Ripatransone, al quale Oddo de Varris, Vicecamerlengo papale, gli concesse un salvacondotto per viaggiare liberamente negli Sati della Chiesa. Un simile permesso fu concesso l'anno seguente anche a Dattolo di Abramo, ebreo di N.[6].
Dal testamento fatto nel 1475 da Magister Gaio, figlio del medico Mosè di Gaio (Isacco) da Rieti, residente a N., si apprende che in città vi erano un cimitero ebraico e una sinagoga[7].
Da un documento di un paio d’anni successivo, si deduce il gruppo ebraico era ancora presente in città e sappiamo che, nel 1478, Dattilo di Vitale, definito civis narniensis, acquistava un vigneto in località denominata Fiaccagnani[8].
Nel 1459, intanto, Magister Daniele di Abramo di Castro aveva, poi, ricevuto una Bolla da Pio II Piccolomini, nella quale il pontefice mostrava di apprezzare l’opera da lui svolta come medico a N. e Bagnoregio e gli accordava licenza per continuare a curare pazienti cristiani, accompagnata dall’esenzione dal segno distintivo[9].
Gli ebrei di N., assieme a quelli della legatio di Perugia, del ducato di Spoleto, dell'Umbria, di Rieti, di Terni e contado, furono beneficiari nel 1514 della conferma dei loro privilegi da parte di Raffaele Riario, Camerlengo papale: essi dovettero così riunirsi con gli esponenti delle altre Comunità in Foligno e partecipare alle tasse imposte in quell'occasione[10].
Negli anni 1510-1545 ebrei originari di N. risultavano fenerare a Città di Castello[11], mentre nel 1545 la Sede Apostolica concesse licenza agli eredi di Lazzaro da Viterbo di prestare a N. e nel 1549 al medico Magister Lazzaro di Abramo di Viterbo di aprire un banco feneratizio qui e ad Amelia[12].
Nel 1551 tale Simone di Manuele di N. era membro di una società per la vendita di abiti usati o stracciaria[13]: con questo atto si chiudono le note documentarie sugli ebrei di N.
Bibliografia
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Toaff, A., The Jews in Umbria, 3 voll. Leiden, New York, Köln 1993-1994.
[1] Toaff, A., The Jews in Umbria, doc. 238; tale provvedimento era, probabilmente, frutto del pregiudizio del tempo che vedeva negli ebrei avvelenatori potenziali dei pozzi e delle fonti di acqua potabile. Secondo il Toaff, tuttavia, tali discriminazioni non andavano molto oltre le dichiarazioni verbali e, pertanto, la loro portata non dovrebbe essere sopravvalutata. Cfr. ivi, Introduction, p. XX..
[2] Ivi, doc. 238.
[3] Ivi, doc. 539; cfr. doc. 756. Anche i figli di Aleuccio erano intenzionati a lasciare N. per fenerare ad Amelia, dove, tuttavia, solo la presenza di uno dei fratelli si rivelò richiesta. Ivi, doc. 567, 568.
[4] Ivi, doc. 754.
[5] Ividoc. 1063.
[6] Simonsohn, S., Apostolic See, doc. 673, 680.
[7] Toaff, A., op. cit., doc. 1685.
[8] Ivi, doc. 1739, 1750.
[9] Ivi, doc. 1754. Dal documento risulta che, nel 1478, Daniele aveva ricevuto la condotta medica per Amelia.
[10] Simonsohn, S., op. cit., doc. 1215s., 1222, 1239.
[11]Toaff, A., op. cit.,doc. 2227, 2338, 2384, 2453.
[12] Ivi, doc. 2489, Nota; Simonsohn, S., op. cit., doc. 2480.
[13] Toaff, A., op. cit., doc. 2519; cfr. Introduction, p. XLI.