Borgo San Donnino

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Borgo San Donnino

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Borgo San Donnino (Fidenza)

Provincia di Parma. Di fondazione romana e chiamato anticamente Fidentia, prese, in seguito, il nome di Borgo San Donnino. Divenuto feudo dei Pallavicino, fu donato, poi, al comune di Piacenza, determinando un alternarsi di lotte con Parma per il suo possesso. Dal 1335 al 1402 fu sotto i Visconti di Milano, poi passò ad Ottobono Terzi, a Orlando Pallavicino e, nel 1425, nuovamente ai Visconti.

Alla morte del Visconti, nel 1447, il Borgo rivendicò per un paio d'anni la libertà, per arrendersi, poi, a Francesco Sforza, rimanendo sotto il dominio sforzesco sinché Luigi XII, impadronitosi del Ducato milanese nel 1499, non lo infeudò ai fratelli Pallavicino da Busseto. Passato nel 1545 a far parte del dominio dei Farnese, ebbe da Ranuccio Farnese il titolo di città, confermato anche da Clemente VIII che, inoltre, lo elevò a vescovado nel 1601. B. rimase sotto i Farnese sino all'unificazione d'Italia.

 

Il primo accenno ad una presenza ebraica a B. si ha in un documento del 1459, in cui si richiede al podestà locale di esortare il prestatore a custodire con cura i pegni affidatigli da Guido de Asisi, un conestabile del duca[1]. Sei anni dopo, risultavano risiedere in questa località i fratelli Josuè e Allegro, figli di Cressino di Viena, il cui trasferimento a Casalmaggiore veniva auspicato dai feneratori locali che non potevano più far fronte da soli alle necessità creditizie della popolazione[2].

Nel 1469 alla dimostrazione di ebrei cremonesi e forestieri contro la controversa conversione di Caracosa, risultò partecipare anche un Sabbathus habitator Burgi Sancti Donini[3], che, poco dopo, per questa sua presa di posizione, avrebbe dovuto essere arrestato e inviato sotto custodia al caporale (corporal) dei provisionati[4], per beneficiare, poi, del condono ducale della pena, concesso a tutti gli ebrei implicati nell'episodio[5].

Nel 1470 Sabbatus (Shabbatai) figurava nell'elenco degli ebrei che dovevano ancora pagare le tasse al Duca[6] e qualche mese dopo veniva nominato esattore delle tasse, godendo dell'appoggio degli officiali ducali per l'esercizio di questa funzione[7].

L'anno seguente, tra gli israeliti in ritardo con il pagamento delle tasse ducali risulterebbe anche l'esattore stesso, Sabbatai[8], che, in svariati documenti, figura anche in seguito in questa veste[9].

Nel 1472 il podestà di B., insieme a quello di Cremona, ricevette poi ordine dal Duca di preoccuparsi della restituzione dei beni confiscati agli ebrei, in seguito alla loro opposizione al battesimo di Caracosa[10].

Alcuni anni dopo, Sabato di B. era proprietario di due terzi di un banco a Cremona, insieme al fratello Emanuele (proprietario di un terzo) e, intendendo porre termine a questa società, si appellò al Duca perché convincesse il fratello ad acquistare i suoi due terzi o a vendergli il proprio[11].

Nel 1480 l'accordo tra il Duca e gli ebrei del Ducato riguardante la somma di 32.000 lire imperiali, da dare al primo in cambio dei privilegi, venne firmato da una serie di esponenti dell’ Università ebraica, tra cui, il già ricordato Sabato[12].

L'anno seguente, un monaco acquistò dal banco di B. un messale che, in seguito, risultò essere stato rubato a Ferrara: il monaco, obbligato dal tribunale a restituire il libro ai legittimi proprietari, chiese al Duca di costringere il banchiere a indennizzarlo[13].

Poco dopo, Abramo e Sabato, indebitatisi, lasciarono B., ma, per non danneggiare i pegni in deposito presso il loro banco, i due ottennero dal Duca di potervi tornare con un salvacondotto della validità di un anno[14].

Qualche mese più tardi, Nale, Abram e Sabato di B.. risultavano essere venuti meno agli accordi circa l'affitto della casa presi con Giovanni Antonio da Varano ed il podestà di Parma ricevette ordine di appurare la verità e di obbligare Nale al pagamento, comprese tutte le ulteriori spese connesse al caso: in seguito alla corresponsione da parte del genero del da Varano della differentia menzionata nella querela sporta contro Nale, al podestà fu ingiunto di sospendere ogni procedimento contro l'ebreo, sino a nuovo ordine[15]. Il caso passò, poi, al Marchese Pallavicino e il podestà dovette cessare di occuparsene, pur esortando le parti a presentarsi di fronte al Marchese, sino alla conclusione di un completo accordo[16].

Trascorsi alcuni mesi, un'abitante di B., Druxiana de la Porta protestò con il Duca per non essere stata ancora pagata da Abramo e da Sabato per un determinato debito, a causa del loro salvacondotto: il podestà di B. ricevette, pertanto, ordine di obbligare i due a pagare, pena la revoca del salvacondotto stesso. Gli fu ingiunto, inoltre, di appurare la verità circa il denaro prestato dalla donna ad alcuni correligionari, fuggiti, rimborsandola con i beni lasciati indietro da costoro o mettendosi sulle loro tracce per farli arrestare[17]. Un altro abitante di B. si lamentò, poco dopo, di non poter ottenere il pagamento di un credito esteso a certi ebrei, a causa del salvacondotto, concesso loro dal Duca: il podestà intimò loro di pagare il debito, minacciando di costringerveli con ogni mezzo[18].

Nel 1484 due giovani ebree convertite, si appellavano all'autorità per avere, come dote, la parte loro spettante del patrimonio del defunto padre ed il podestà ricevette ordine di obbligare i parenti a consegnare loro senza indugio quella dote che li haveriano dato se fussero restate ebree[19].

Dopo un silenzio di più di mezzo secolo, i documenti parlano nuovamente di B. nel 1547, menzionando la nomina di Carolus Badalocchio, nobiluomo parmigiano, a esattore delle tasse, comprese quelle degli ebrei, in Parma, Piacenza e B.[20], e nel 1548, in occasione dell'ordine, dato dal governatore di Milano al commissario locale, di non prendere nessuna decisione riguardo agli ebrei, prima che non fossero stati appurati i diritti dei Pallavicino di Busseto[21].

Qualche mese dopo, il commissario di B. ordinò l'espulsione degli ebrei da questa e da una serie di località limitrofe, provocando da parte ebraica una petizione al Duca, in cui si chiedeva di procrastinare di un anno l'esecuzione del provvedimento, per regolare le pendenze finanziarie in corso, impegnandosi a non aprire nuovi prestiti[22]. L'espulsione risultò, pertanto, procrastinata di due mesi[23].

Nel 1549 dal contenzioso tra Salomone de Melijs e la figlia del proprietario della casa in cui aveva abitato per quindici anni a B. si apprende che l'affitto annuo era di 15 scudi d'oro. Nello stesso anno, un documento riporta la petizione rivolta al governatore di Milano da tale Vincenzo Fasollo perché gli fosse restituita la proprietà in B. sulla base dei diritti conferiti, nel 1494, dalla Duchessa Bianca Maria Sforza Visconti a tale Paola, ebrea che si era convertita[24].

Nel 1551 Don Ferrante Gonzaga ordinò che gli ebrei di B. venissero provvisti di salvacondotti per trasportare i pegni relativi ai prestiti fatti, senza pagare la dogana[25].

All'incirca intorno al 1553 gli ebrei di una serie di località, tra cui B., appena passate sotto la Corona spagnola, chiesero - e ottennero- la riconferma (per dieci anni) dei privilegi accordati loro in passato dalle autorità feudali con liberalità maggiore di quella mostrata da Francesco II Sforza, compreso, tra l'altro, il permesso di comprare e vendere case e altri beni immobili[26].  L'autorità spagnola rinnovando la condotta dei banchi delle provincie di Parma e Piacenza, confermò che nel Stato di Milano sempre se sono tolerati li hebrei a beneficio publico" e ordinò ai feudatari e agli officiali di prestare "ogni aiuto et favore ad essi hebrei, a tale che cognoscano che liberamente e sicuramente possino riposarsi et confidarsi in soi privilegi che Sua Maestà gli ha concesso[27].

Tre anni dopo, Elia di B. e Abram di Cortemaggiore si appellarono alle autorità per ottenere il pagamento del credito fatto ai soldati del conte Ferrando de Ludrone e vennero esauditi nella loro richiesta[28].

B. si trovava nella rete dei banchi ebraici vicini come quelli di Fiorenzuola, Colorno, Bussetto, e Cortemaggiore, che vennero autorizzati dalla Sede Apostolica tra la fine del '500 e la metà del '600[29].

Nel 1568 Mandulino de Vigheria figurava come procuratore dei fratelli Raffaele e Michele de Carmino, cremonesi, per intentare causa e per riscuotere un credito di 200 scudi loro dovuto dagli abitanti di B.[30].

Nella ripartizione dei crediti ebraici del 1600–1603, venivano menzionati come residenti a B. Moyse e Iseppo de Carminis di B. con 350 lire di credito, Abraa del fu Isaac Levi (noto come Ganso) e il fratello Moyse con 300 lire, Donato del fu Magio Octolengho con 620 lire (sue e del nipote Abraam di Vita Octolengho di Mantova), nonché Simone del fu Vitale Gategno de Alessandria con 100 lire[31].

Dopo l'espulsione dal Ducato, si stanziarono a B. diverse famiglie cremonesi, tra cui i Carmini[32].

Da documenti della prima metà del XVIII secolo risulta che gli ebrei continuavano a risiedere e a fenerare in una serie di luoghi, tra cui B., non avendo il permesso di vivere a Parma e Piacenza, passate, nel frattempo, sotto l'impero.

Circa il rinnovo dei privilegi ebraici in questi distretti, le autorità deliberarono, facendo riferimento al privilegio concesso, nel 1726, dal Duca Francesco Farnese[33].

 

Cimitero

In una lettera scritta dal priore dei padri Serviti di Soragna al principe Diofebo Meli Lupi, nel 1750, viene menzionata l'esistenza di un "campo degli Ebrei" a B. che, essendo troppo vicino alle abitazioni cristiane, aveva dato occasione, anni prima, ad una lunga lite tra il gruppo ebraico e la popolazione locale[34].

 

Bibliografia

 

Colombi, B., Soragna: Cristiani ed Ebrei, otto secoli di storia, Parma 1975.

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, Jerusalem 1982-1986.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.


[1]Simonsohn, S., The Jews,  I, doc.639.   

[2]Simonsohn, S., The Jews,  I, doc. 893.   

[3]Simonsohn, S., The Jews I, doc. 1104.   

[4]Simonsohn, S., The Jews I, doc. 1122.   

[5] Simonsohn, S., The Jews, I, doc. 1141.  

[6]Simonsohn, S., The Jews, I, doc. 1205.   

[7]Simonsohn, S., The Jews, I, doc. 1256; doc. 1267.  

[8]Simonsohn, S., The Jews,I, doc. 1267, p. 534 e p. 535.   

[9]Simonsohn, S., The Jews, I, doc. 1275; doc. 1280; 1314; 1391; doc. 1494.   

[10]Simonsohn, S., The Jews,I, doc. 1395.   

[11]Simonsohn, S., The Jews, II, doc.1827; 1829.  

[12]Simonsohn, S., The Jews II, doc. 2035.   

[13]Simonsohn, S., The Jews II, doc. 2043.   

[14]Simonsohn, S., The Jews II,doc. 2049.   

[15]Simonsohn, S., The Jews II,doc. 2058.   

[16]Simonsohn, S., The Jews II, doc. 2065.   

[17]Simonsohn, S., The Jews II, doc. 2062.   

[18]Simonsohn, S., The Jews II,doc. 2069.   

[19] Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2113.

[20]Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2668.   

[21]Simonsohn, S., The Jews, doc. 2571.   

[22]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2577.   

[23]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2578.   

[24]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2605.   

[25]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2790.   

[26]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2817.   

[27]   Segre, R., Gli Ebrei lombardi nell'eta spagnola", pp. 29-30.

[28]Simonsohn, S., The Jews, II, doc. 2979.   

[29] Loevinson, E., Banques de prêts, pp. 178s.

[30]Simonsohn, S., The Jews, IV, p. 2371.   

[31]Simonsohn, S., The Jews, III, doc. 4376, p. 2035, p. 2037, p.p. 2039, p. 2040.   

[32] Segre, R.,  Ebrei lombardi, p. 126.   

[33] Simonsohn, S., The Jews, III, doc. 4715.   

[34]   Colombi, B., Soragna: cristiani ed ebrei, otto secoli di storia, p. 314.

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