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Bari (בארי)
Capoluogo dell’omonima provincia, è situata sull’Adriatico, a metà circa della costa pugliese. Fu porto e nodo stradale sotto i romani. Strappata agli ostrogoti dall’Impero romano d’Oriente verso la metà del VI sec. d. C., cadde nell’VIII secolo nelle mani dei longobardi di Benevento. Nell’847 fu conquistata dai musulmani africani, sotto i quali divenne sede di emirato. Ripresa dalla Cristianità nell’871, nel 976 tornò ai bizantini, che ne fecero la capitale della provincia di Longobardia. Nel 1071 fu presa dai normanni e seguì quindi le vicende del regno del Sud. Fu dei Del Balzo e dal 1464 della famiglia Sforza di Milano. Nel 1557, alla morte di Bona Sforza, il Ducato fu assegnato alla Spagna, nell’ambito del Viceregno. Sede vescovile dal V secolo. Nel 1443 era tassata per 437 fuochi, nel 1532 per 1157[1].
Sembra che già nel secolo V dell’era volgare a B. ci fosse una comunità ebraica a cui apparterrebbe una piccola catacomba scoperta nell’agosto 1923 sulla via di Carbonara. Nella stessa zona, detta nei documenti medievali Monte dei Giudei, l’anno precedente era venuta alla luce una necropoli a cielo aperto databile ai secoli VIII-IX, la cui giudaicità è provata dal candelabro a sette bracci inciso su di un lastrone tombale. Nell’area furono rinvenute anche alcune lapidi sepolcrali in lingua ebraica, dei secoli IX-X[2]. Una di esse, dedicata ad un Elia ben Mosè, qualifica il defunto come «stratego». Il titolo designava probabilmente un dirigente della comunità con competenze civili e amministrative, come si riscontrerà nella Sicilia arabo-cristiana sotto i Normanni. Un’altra epigrafe celebra il defunto, Mosè ben Elia, come maestro della Legge e poeta ispirato. Ciò farebbe riconoscere in lui l'omonimo poeta sinagogale di cui si ignorava il luogo natale - ma che si riteneva di area bizantina- e l'epoca precisa in cui era vissuto[3].
La Cronaca di Ahima’az b. Paltiel (1054) parla di un soggiorno a B. di Abu Aron, uomo di grande dottrina e sapienza, venuto in Puglia dalla lontana Bagdad. La città, che era stata conquistata dai musulmani, aveva come emiro Sawdan (857-871). Questi accolse il dotto babilonese, che proveniva da Oria, con grandi onori e lo volle suo consigliere. La permanenza di Abu Aron a B. durò sei mesi. In capo a questo tempo, preso dalla nostalgia per la sua terra, il maestro s'imbarcò su una nave che faceva vela per l'Egitto, invano supplicato di restare dal suo protettore[4].
Nell’871 l’imperatore Ludovico II e Adelchi di Benevento riconquistarono B.: nella città, che nell’876 era passata sotto i greci di Bisanzio, si rifugiarono alcuni ebrei di Oria, tra cui il rabbino Abraham ben Ioshafat, scampati all’eccidio e al sacco compiuti dai musulmani nel 925. Dopo alcuni anni comparve a B. anche un altro oritano, Hananel b. Paltiel, venuto dall'Africa, dove i suoi erano stati deportati e avevano fatto fortuna, alla ricerca di alcuni beni di famiglia che gli scampati avevano salvato dal saccheggio. Egli riuscì a recuperare alcune vesti femminili ed un antico esemplare della Bibbia[5].
Gli ebrei della Puglia soggetta a Bisanzio furono oggetto di una persecuzione, sembra sotto Romano Lecàpeno (920-944), che mirava in particolare alla distruzione dei libri giudaici. La prima aggressione si ebbe proprio a B., dove parecchi libri furono dati alle fiamme. A Otranto ci furono delle vittime, ma i libri furono messi in salvo. La persecuzione, comunque, non durò a lungo, e dei fatti fu inviata relazione a Hasdai ibn Shaprut, il potente consigliere e medico di Abd ar-Rahman III, califfo di Cordova[6].
La fama della B. ebraica nell'Alto Medioevo era tale, che le celebri scuole rabbiniche di Fostat, in Egitto, di Qairawan, nel Magreb, e di Cordova, in Spagna. si vantavano di avere avuto come loro maestri dei dotti baresi. La sua autorevolezza, insieme a quella di Otranto, è attestata dal detto tramandato da R. Tam di Ramerupt (1100 ca. – 1171): «Da Bari esce la Legge e la Parola del Signore da Otranto»[7]. Del magistero rabbinico di B. ci è noto il responso a un quesito in materia d'impegni matrimoniali. Il documento è importante perché fa conoscere i nomi delle personalità più in vista - maestri e notabili- della comunità barese tra la seconda metà del secolo X e gli inizi dell’ XI[8]. Il terzo firmatario del responso, Elia ben Shemaiah, è, dopo Amittai da Oria, il più notevole e fecondo tra i poeti sinagogali dell'Italia meridionale. Molti dei suoi inni, tutti penitenziali, sono entrati a far parte del rito ashkenazita, ossia degli ebrei di tradizione tedesca. Un altro poeta vissuto a B. in quel periodo fu Avraham b. Isaq, il quale si fregiava del titolo di alluf, ossia “capo, maestro insigne”[9]. Loro contemporaneo fu R. Mosè Kalfo, di cui Nathan b. Iehiel (1035 ca.-1106), l’autore del noto lessico talmudico Aruk, ascoltò le lezioni e riportò nella sua opera alcune spiegazioni lessicografiche[10].
Nei torbidi che precedettero e accompagnarono la fine del dominio bizantino a B. e l'affermazione di quello normanno anche la comunità ebraica venne coinvolta. Così nel 1051 Argiro e i suoi seguaci filobizantini saccheggiarono il quartiere ebraico e sul finire dell'XI secolo, poi, Sikelgaita, seconda moglie del duca normanno Roberto il Guiscardo, fece costruire una chiesa, dedicandola ai santi Leone e Silvestro, sul luogo dell'antica sinagoga e alcuni ritengono che con quest’ultimo gesto si fossero voluti punire gli ebrei locali per il loro apporto alla conversione all’ebraismo dell’arcivescovo di B. Andrea avvenuta in Costantinopoli verso il 1066[11].
L'aggressione più violenta la comunità barese dovette, però, subirla dagli Angioini, subentrati nel 1266 agli Svevi. Sotto la pressione proselitistica 72 ebrei nel 1294 accettarono il battesimo[12]. La vita di questi neofiti non fu facile, essendo essa costantemente sotto il controllo dell'Inquisizione. Il continuo sospetto, reso ancor più insopportabile da oscene dicerie, insieme al trauma dell'abbandono della fede fino allora professata per praticare quella dei loro antagonisti, provocò in qualcuno turbamenti psichici, che giunsero alla schizofrenia e al rinnegamento di qualsiasi fede. Assai significativi sono gli atti processuali relativi al neofita magister Iohannes de Sancto Nicolao de Bari in Apulia, già Abraham de Manuele, condannato al rogo a Briançon nel 1443 come reo confesso di apostasia, magia, negromanzia, invocazione del demonio, divinazione mediante il sangue dei cadaveri, veneficio, omicidio ed altre nefandezze[13].
Con l’avvento al trono nel 1309 di Roberto d’Angiò, figlio di Carlo II, la condizione degli ebrei nel regno di Napoli migliorò. La pressione fu allentata, permettendo ai giudei di ricostituire le comunità e ai convertiti di ritornare alla fede dei padri. A B. fu restaurata la sinagoga e fu aperta nel muro di mezzogiorno una finestra. Dell’opera rimane documento l’architrave della finestra stessa con incisa un’epigrafe in ebraico ritrovata ancora in situ. L’iscrizione è datata 1314 e autore, o promotore, dell’opera fu Mosè da Treves[14].
Agli inizi del XV secolo la comunità giudaica barese era di nuovo attiva, soprattutto per la venuta di correligionari dal sud della Francia e dalla Germania, ai quali più tardi si sarebbero aggiunti i profughi dei domini spagnoli, espulsi da Ferdinando il Cattolico nel 1492. I protocolli notarili dell'epoca documentano abbondantemente le attività degli ebrei. I loro negozi concernevano prestiti di denaro, compravendita di tessuti, abiti, olio, frumento, mandorle, croco, buoi, cavalli. Da Bari gli operatori giudei si irradiavano nelle località vicine, promuovendo in particolare con anticipi di denaro e noleggio di animali l'economia rurale.
Nel 1494 i nuclei familiari annoverati con quelli cittadini erano venti, a cui si aggiungeva un numero imprecisato di famiglie povere. Tra i notabili c’era David Calonimos, medico peritissimo e amico del re, onorato nel 1497 con il conferimento della cittadinanza napoletana. Un suo figlio, Hayym, fu autore di opere astronomiche e astrologiche, tra cui una Constitutio astronomica anni 1494. Da notare che opere di filosofia aristotelica furono copiate a B. nel 1453 da Bonfils Astruc da Perpignano e il dizionario Sefer ha-Shorashim di David Qimhi fu copiato da Hayym Tarbot[15].
La conquista del regno di Napoli da parte degli spagnoli (1503) segnò il tramonto e quindi la fine del giudaismo dell'Italia meridionale. Nel 1510 Ferdinando il Cattolico emanò una prammatica di espulsione dei giudei e dei cristiani novelli dalle sue nuove province. I nuclei familiari giudaici a B. erano allora 74, su un totale di 1274 fuochi cittadini. Anche i giudei baresi obbedirono all’editto e restituirono i terreni a censo che adibivano a cimitero nelle contrade Santa Croce e San Tommaso. La seconda era vicina alla porta grande della città, non lontano dall’attuale piazza Massari. La prima si trovava nell’area dove nel 1556 sarà costruito il convento cappuccino di Santa Croce.
Verso il 1515 gli ebrei ripresero a circolare nel Viceregno. Parecchi degli ebrei espatriati da B. ritornarono e si ripresero il cimitero sito in contrada San Tommaso. Alle vecchie famiglie si aggiunsero Chasday de Toros, Iacob e Garzone di Brescia, Elia Verni, Matassa di Lia di Brescia, Cincalo Teutonico, Gabriele di Speranza, Iacob e Iosep de Scialo, Chaym di Marsiglia, David di Vitale di Napoli, Salomone di Recanati, Pomodoro di Speranza, Lazzaro da Rimini, Mayr de Palmis, Isaq Trabu o Trevo. La loro dimora, però, non durò a lungo. Nel 1541 l’imperatore Carlo V ordinò a tutti i giudei che abitavano nel Viceregno di uscire dalle sue terre entro il mese di ottobre di quell'anno. Significativo dell'intesa che si era ormai realizzata a B. tra la cittadinanza cristiana e gli ebrei locali è un documento rogato all'interno della sinagoga locale il 31 agosto 1541. Nel piccolo tempio, dove si erano riuniti i notabili giudei e i rappresentanti del Capitolo della Cattedrale i giudei affidarono ai secondi la custodia della sinagoga e del cimitero, da restituire loro nel caso tornassero[16].
Entro la data stabilita da Carlo V, i giudei pugliesi si imbarcarono chi per Venezia, chi per Ragusa, la maggior parte per Corfù e Salonicco. Il barese Graziano Levi, che si era trasferito nel ducato di Milano, supplicò il viceré di Napoli Fernando-Alvarez de Toledo (1555-1558), di permettergli per mezzo di due suoi figli o fattori di tornare a negoziare nelle terre del Viceregno, ma la risposta fu: In questo non si po[17].
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[1] Cfr. Tateo, F. (dir.), Storia di Bari. Vol. 1, Dalla preistoria al Mille; Vol. 2, Dalla conquista normanna al ducato sforzesco, Bari 1989-1990.
[2] Cassuto, U., Iscrizioni ebraiche a Bari, in Rivista degli Studi Orientali 14 (1934), pp. 316-322.
[3]Cfr. Zunz, L., Literaturgeschichte der synagogalen Poesie, Berlin 1865, p. 377.
[4]Ahima‘az ben Paltiel, Sefer Yuhasin. Libro delle discendenze. Vicende di una famiglia ebraica di Oria nei secoli IX-XI, a cura di Colafemmina, C., Cassano Murge 2001, pp. 111-116.
[5]Ahima‘az ben Paltiel, Sefer Yuhasin cit., pp. 171-176.
[6] Starr, J., The Jews in the Byzantine Empire (641-1204), Athens 1939, pp. 152-154.
[7] Sefer ha-Yashar 74a.
[8] Starr, J., The Jews in the Byzantine Empire cit., pp. 172-173.
[9]Schirmann, J., An Aramaic Poem by an Early Italian Poet, in Leshonenu 21 (1957), pp. 212-219.
[10] Cfr. Vogelstein, H., Rome, Philadelphia 1940, pp. 119, 132.
[11]Blumenkranz, B., La conversion au Judaisme d’André, Archevêque de Bari, in The Journal of Jewish Studies 14 (1963), pp. 33-36.
[12]Ferorelli, N., Gli ebrei nell'Italia meridionale dall'età romana al secolo XVIII, Torino 1915, p. 55.
[13] Marx, J., L’inquisition en Dauphiné, Paris 1914, pp. 218- 228. doc. 11.
[14]Colafemmina, C., Due nuove iscrizioni sinagogali pugliesi, in Vetera Christianorum 31 (1994), pp. 383-390.
[15]Tamani, G., Manoscritti e libri, in L’Ebraismo dell’Italia Meridionale Peninsulare dalle origini al 1541, a cura di C. D.Fonseca e altri, Galatina 1996, p. 226.
[16]ASBari, not. Vito de Taziis, aa. 1538-15543, c. 202r-v.
[17]Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, vol. 2 1477-1566,, Jerusalem 1982, p.1273, doc. 2934.