Trani

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Trani (טראנה,טראני)

Città della Puglia posta a nord di Bari, in corrispondenza di un’insenatura del litorale adriatico, fu romana, longobarda, bizantina e, conquistata dai normanni nel secolo XI, seguì le vicissitudini  dei regni di Sicilia e di Napoli. Sede vescovile dal V secolo, nel 1443 era tassata per 1065 fuochi e nel 1532 per 716[1].

 

Secondo Beniamino da Tudela, intorno al 1170 la comunità di T. era composta di circa duecento persone (è probabile che egli considerasse i soli maschi adulti) ed a  guidarla erano R. Eliyah, R. Nathan il Predicatore e R. Iacob[2]. Nel 1195 l’imperatore Enrico VI confermò alla Chiesa tranese i diritti goduti dal tempo di re Guglielmo, ossia le decime di T. e di Barletta e la giurisdizione sui giudei (iudeca) della città, precisando che il tributo che questi dovevano versare annualmente all’arcivescovo era di 37 once d’oro e 2/3; oltre al detto tributo, essi non erano obbligati ad altra prestazione personale o economica. Il privilegio fu confermato nel 1221 da Federico II di Svevia, che vi aggiunse il divieto per un cristiano di testimoniare contro un ebreo e viceversa. Nel 1231 lo stesso imperatore affidò all’ebreo Curulia ed ai suoi soci di T. il monopolio dell’acquisto e della vendita della seta nel Regno[3].

Il periodo normanno-svevo fu il più felice nella storia degli ebrei in questa città: essi giunsero ad avere quattro sinagoghe, l’ultima delle quali – la più grande – fu completata nel 1247. Ci fu, inoltre, un’eletta fioritura di studi, come prova il cognome mi-Trani con cui erano designati due dei più grandi maestri dei secoli XII-XIII: Isaia ben Mali (nato verso il 1180) e suo nipote Isaia ben Eliyah, detti rispettivamente “l’Anziano” e “il Giovane”[4].

La serenità fu turbata agli inizi della dominazione angioina con la conversione al cristianesimo di un maestro della sinagoga di nome Manuforte, il quale nel 1267 ottenne dalla Corte l’assegnazione di un contributo annuo di 6 once d’oro, da prelevarsi dai proventi della tintoria, come ricompensa per la conversione e lo zelo nel portare altri giudei alla fede cristiana. Avendo egli denunciato la presenza nel Talmud e nei libri della liturgia sinagogale (Talmut, Carrboct  e  Sedur) di bestemmie contro Cristo e Maria, ottenne nel 1270 l’ordine di ricercare tali testi e di inviarli alla Corte[5].

Il proselitismo degli ordini religiosi e della Corte portò nell’ultimo decennio del secolo XIII al passaggio di molti ebrei del Regno alla fede cristiana e solo a T. tali convertiti nel 1294 furono 310. Le sinagoghe vennero trasformate in chiese: la Scola Grande fu dedicata ai Santi Quirico e Giovita (dedica mutata nel ‘700 in quella di S. Anna), la Scola Nova a S. Maria Annunziata e le altre due a S. Leonardo ed a S. Pietro Martire. L’area cimiteriale, posta all’inizio della via per Colonna, fu donata ai Frati Domenicani. La condizione degli ex-giudei, comunque, non si alleviò molto, perché gli arcivescovi continuarono a vessarli ed a pretendere ancora il contributo pecuniario dovuto in passato. La Corte intervenne più volte in loro difesa e nel 1413 re Ladislao volle che due dei sedici cittadini, da eleggere ogni quattro mesi come amministratori della città, fossero neofiti[6].

Le conversioni non distrussero del tutto la presenza ebraica, che lentamente si riprese e con gli Aragonesi, divenuti nel 1442 nuovi signori del Regno, la comunità tranese diventò una delle più importanti della Puglia. In essa, tra gli altri, operò – e vi morì nel 1450 - il dotto maestro, traduttore e copista Tanhum b. Mosè da Beaucaire. Un copista tranese, Ioseph b. Nathan b. Shemuel Zarfati, era attivo a Napoli negli anni 1480 e 1484.

Verso la fine del sec. XV ricomparvero fermenti di intolleranza. Gli ebrei si lamentarono nel 1492 nei confronti di impedivano loro a sassate di pregare nelle sinagoghe. La reiterazione delle denunce nel 1494, portò alla scoperta che era proprio il vicario episcopale che aizzava laici e preti contro gli ebrei. La Camera della Sommaria intervenne per far cessare le vessazioni, e in particolare le ancor più violente sassaiole contro le abitazioni e le persone degli ebrei durante la Settimana Santa[7]. La situazione peggiorò, in particolare per i neofiti, nel 1495, quando Carlo VIII di Francia invase il Regno. I loro beni furono sequestrati – si disse per evitare che fossero saccheggiati – e molti fuggirono a Barletta ed in altre terre della Puglia per salvarsi dalle violenze. Le famiglie espatriate furono 120, e di esse la città chiese la cancellazione dai registri per non doverne sopportare il peso fiscale. Tra gli esuli all’estero, e precisamente a Salonicco, ci fu la famiglia, di origine spagnola, del  maestro  Mosè ben Iosef T. (1500-1580), padre a sua volta del grande rabbino Iosef ben Mosè T., detto Maharit (1568-1639).

In cambio dell’aiuto ottenuto contro i francesi, nel 1496 Ferrante II d’Aragona cedette in pegno la città a Venezia, che la tenne sino al 1509. Fu questo un periodo di relativa calma, durante il quale visse ed operò qui il dotto siciliano Rabbi Hayyim b. Shabbetai Yona. Nel 1506 egli vi copiò il  Siddur di Amram Gaon (d. 875 ca.), la più antica raccolta di preghiere per tutto l’anno giunta fino a noi e a cui molto deve il rito sinagogale sefardita[8].

Nel 1510, essendo T. ormai passata sotto la sovranità della Spagna, anche i suoi ebrei  dovettero lasciare la città in forza dell’ordine di espulsione generale emanato da Ferdinando il Cattolico. In quest’anno i nuclei ebraici stabili erano 15, quelli avventizi 32, mentre i fuochi cristiani, compresi 30 di albanesi, erano 843. Poiché il sovrano aveva ordinato anche l’espulsione dei neofiti, alcuni di loro riuscirono a dimostrare la propria ortodossia cattolica e poterono restare[9].

Spinti da necessità economiche, gli spagnoli tollerarono, però, il ricostituirsi di comunità ebraiche. Quella di T. era di nuovo attestata nel 1518 e perdurò sino al 1541, quando ci fu l’espulsione definitiva a totale voluta da Carlo V. Gli ultimi ebrei noti (aa. 1539-1541) sono Elia de Moyse e suo figlio Rafael, Iacob de Elia e suo figlio Sciabadullo. Essi commerciavano in stoffe, in frumento, ma soprattutto in vino[10].

L’ubicazione dell’antico insediamento ebraico è ancora oggi ricordata dai toponimi  Strada della Giudea, Via Scolanova, Via Sinagoga. Nei secoli XV-XVI gli israeliti abitarono nel rione detto “Il casale”, posto a ridosso della seconda cinta muraria di T., a mezzogiorno: ne serberebbe memoria il toponimo  Via dell’Ebrea.

 

 

Bibliografia

 

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Burgaretta, D., Due contratti matrimoniali, un atto di fidanzamento e un atto di ripudio ebraici nel regno di Napoli (Trani, Bari, Napoli), in Sefer Yuhasin 23 (2007), pp. 3-34.

Cassuto, U., Iscrizioni ebraiche a  Trani, in Rivista degli Studi Orientali 13 (1932), pp. 172-180.

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Strauss, R., Gli Ebrei di Sicilia dai Normanni a Federico II, a cura di Mazzamuto, S., Palermo  1992.

Vitale, V., Trani dagli angioini agli spagnoli.  Contributo alla storia civile e commerciale della Puglia nei secoli XV e XVI, Bari-Trani 1912.

 


[1] Prologo, A., I primi tempi della città di Trani, Giovinazzo 1883.

[2]Adler, N.M., Itinerary of Benjamin of  Tudela, pp.10-11 (ebr..); p. 9 (ingl.).

[3] Strauss, R., Gli Ebrei di Sicilia dai Normanni a Federico II, pp. 97, 100, 102.

[4] Cfr. Güdemann, M., Geschichte des Erziehungswesen und der Cultur der Juden in Italien wärend des Mittelaters, pp. 185-189, 320-326.

[5] RCA I, p. 84; IV, p. 139; V, p. 63; VI, p. 367.

[6]Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 54-58; Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews. Documents: 492-1404, pp. 351-352, n. 335.    

[7] C. Colafemmina, Pietre cristiane e teste ebraiche. Antisemitismo in Puglia, in “Quaderni medievali”, 10  (1980) pp. 125, 129-132.

[8] New York, The Jewish Theological Seminary of America Ms. 4074.

[9] Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, pp. 230-31, 236, 240, 254, 256-7; nn. 246, 253, 240,275, 278.

[10]Colafemmina, C. – Dibenedetto, G. (a cura di),  Gli Ebrei in Terra di Bari durante il Viceregno spagnolo. Saggio di ricerche archivistiche, pp. 183-199

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