Gravina

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Gravina

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Provincia di Bari. Sita nella Murgia Alta, sull’Appia Antica, era già sede vescovile nel IX secolo e fu contesa da Bizantini e Longobardi. Passata ai Normanni verso il 1040, divenne capoluogo di contea.

 

La più antica testimonianza sulla presenza ebraica a G. è costituita da un’iscrizione sinagogale conservata in apografo. Essa, datata 4945 A.M. (1184-85 dell’era volgare), ricorda la pavimentazione della sinagoga e del cortile con un lastricato di pietre e la costruzione di panchine lungo i muri. Le opere furono fatte eseguire da Baruch b. Mosè in memoria del figlio Mosè, deceduto all’età di diciotto anni[1].

Passato il Regno sotto il dominio degli Angioini, i cittadini provocarono nel 1284 un intervento della corte contro i giustizieri di Terra di Bari, che erano stati accusati di favorire i giudei nelle cause con i cristiani, al punto da non accettare le prove addotte da questi ultimi. Il comportamento fu giudicato oltraggioso per la religione cristiana e per il re, il quale riteneva suo dovere «reprimere la protervia dei reprobi e largheggiare in favori con i fedeli». In futuro, quindi, dovevano essere ammesse le accuse e le testimonianze portate contro i giudei, senza tenere conto di alcun privilegio allegato da essi in proprio favore[2].

Il proselitismo angioino  riuscì a fiaccare la resistenza degli israeliti e a sfaldare le comunità: nel 1294 a G. sei giudei passarono al cattolicesimo, ricevendo in premio l’esenzione dalle tasse. Essi erano: Benedetto (già Madio de Silano), suo figlio Angelo (già Gaudio), suo genero Grimaldo (già Tobia), Francesco (già Gaudio), Martino (già Shemariah) e Giovanni (già Salomone)[3].

Gli ebrei ricomparvero a G. sotto gli Aragonesi. Con la popolazione locale i rapporti furono per parecchi anni assai buoni, come prova la missione che nel 1463 le autorità locali  affidarono a mastro Astruc Marsilio, ricco mercante e uomo di fiducia di Ferrante I, di perorare presso il re la remissione della pena in cui la città era incorsa per non aver comunicato la quantità di sale che conservava nei depositi. La missione riuscì e mastro Astruc si trasferì a G. con tutti i familiari. Alla sua morte, però, la vedova Stella dovette faticare  per salvare i propri beni dalle mire del feudatario, al quale la Camera della Sommaria ricordò che era volontà del re che ai giudei non fosse fatta alcuna violenza o ingiuria. Protetta dal sovrano, Stella poté riparare a Trani, ma qui incappò nell’esosità fiscale dei correligionari e ancora una volta la Sommaria venne in suo aiuto, ordinando che fosse eseguito un apprezzo giusto ed equo della sua consistenza economica[4].

Nel periodo aragonese abitavano, o erano attivi come prestatori, a G. Mometto di mastro Bonifacio e i giudei leccesi Criscio e Vitale Mayr[5]. I rapporti tra quest’ultimo con Mometto di mastro Bonifacio erano assai stretti, avendo un fratello di Vitale, di nome Leone, sposato a Bitonto nel 1465,  Fina, sorella di Mometto[6].

Con l’invasione del Regno da parte di Carlo VIII di Francia (1495), anche qui ci furono disordini. La vittima più illustre fu proprio Mometto di mastro Bonifacio, nipote di messer David Calonimos, medico personale del re. La sua abitazione fu assalita e svuotata di quanto c’era di valore: quattro carra di grano, sei casse d’indumenti e biancheria, denaro, argenti. Tornati gli Aragonesi, egli chiese la restituzione delle sue robe, ma gli fu risposto che esse non esistevano più perché le autorità, per evitare che la popolazione venisse al sangue per spartirsele, le avevano donate alla cattedrale per la riparazione dei danni provocati nel 1456 da  un terremoto. La controversia non era ancora arrivata a soluzione nel 1497 e Mometto pensò di aggirarla e di rifarsi del torto subito, chiedendo e ottenendo il soddisfacimento dei debiti che i gravinesi avevano contratto con lui[7].

Con la caduta del Regno sotto il dominio spagnolo, i pochi giudei che abitavano a G. lasciarono la città e si trasferirono in località più accoglienti, tra cui Trani. A G. restarono però gli ex-giudei, ossia i cristiani novelli, qualcuno discendente dai convertiti del 1294, altri immigrati da località vicine. Con l’espulsione generale decretata nel 1510 da Ferdinando il Cattolico, nuovo sovrano del Regno, anche i neofiti furono costretti a esulare. Essi rispondevano ai nomi di mastro Raimondo de Molillo, mastro Marco d’Acquaviva con il figlio Terenzio, mastro  Loise d’Acquaviva e Manna de Vitale[8].

Le necessità della popolazione costrinsero gli spagnoli ad attenuare temporaneamente il proprio rigore, ed ebrei e neofiti furono di nuovo attivi nel Regno. Nel 1523 troviamo così a G. i neofiti mastro Addario e mastro Galiotto, che era probabilmente conciapelli. Esercitava lo stesso mestiere, o almeno era ad esso collegato, il giudeo di nome Marco che il 7 aprile 1524 acquistò dal capitolo della Cattedrale un grosso quantitativo di pelli d’agnello. Poiché tra i neofiti che nel 1511 si allontanarono da G. c’era un mastro Marco d’Acquaviva, è possibile che si tratti dello stesso, che era rimpatriato e, nonostante il battesimo, era ritenuto ancora giudeo, come attestano altri casi[9].

 

Bibliografia

 

Cassuto, D.M., Costruzioni rituali ebraiche nell'alto medioevo, in Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull'Alto Medioevo 26,2 (1980) 1017-1064.

Cassuto, U, Iscrizione della sinagoga degli Ebrei di Gravina, in Italia I (1945).

Colafemmina, C. - Corsi, P. – Dibenedetto, G. (a cura di),  La presenza ebraica in Puglia. Fonti documentarie e bibliografiche, Bari 1981.

Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990.

Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia. Le comunità minori, Bari 1991.

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, Torino 1915.

 

 

 

 

 

 


[1]Cassuto, U, Iscrizione della sinagoga degli Ebrei, pp. 5-7; Cassuto, D.M., Costruzioni rituali, p. 1048. Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 11-16.

[2]Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp.16-18, 29, doc. 1.

[3]Ibid., pp. 18-19, 30-31, doc.2-3; Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 54-55.

[4]Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 48-49, doc. 24 (a. 1484); pp. 60-61, doc. 37-38 (a. 1487); pp. 62-63, doc. 41 (a. 1488).

[5] Ibid., p. 81, doc. 64 (a. 1490); pp. 194-195, doc. 209 (a. 1498).

[6] Colafemmina, C. – Corsi, P. - Dibenedetto, G. (a cura di ), La presenza ebraica in Puglia, pp. 42-43, doc. 21.

[7] Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 22-23.

[8] Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, p. 245, doc. 264; Id.,  Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 24-25.

[9] Colafemmina, C., Ebrei e cristiani novelli in Puglia, pp. 26-28.

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