Nardò

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Nardò

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Nardò  ( נרדו)

Provincia di Lecce. Situata a sud-ovest di Lecce, a poca distanza dalla costa ionica, è di origine messapica e fu municipio romano con il nome di Neretum. Nel 1055 fu tolta ai bizantini dai normanni. Fu feudo di diverse famiglie e nel 1497 fu assegnata ad Andrea Matteo Acquaviva, il cui figlio, Belisario, divenne duca, dando così inizio al lungo possesso degli Acquaviva. Nel 1443 era tassata per 540 fuochi, nel 1512 per 602 e nel 1532 per 988[1].

 

Nel 1276 la comunità ebraica di N. contribuì all’imposta per la distribuzione della nuova moneta coniata nella zecca di Brindisi. Circa due decenni dopo, fu falcidiata dal proselitismo angioino e i neofiti furono ricompensati con l’esenzione dai pagamenti fiscali. Nella prima metà del secolo XIV si attivò un movimento di ritorno alla fede mosaica, invano contrastato dagli ordini mendicanti.  Esso era favorito a N. dall’abate benedettino di S. Maria, Guglielmo, e tale comportamento fu annoverato nel lungo elenco di crimini attribuiti allo stesso, presentato a papa Urbano III nel 1367 dal clero locale[2].

Quando nel 1413 la città divenne sede episcopale, il vescovo ebbe anche la giurisdizione sugli ebrei locali, già concessa all’abate di S. Maria nel 1195 dall’imperatore Enrico VI. Nel 1465 Ferrante I d’Aragona ordinò al figlio Federico di riassumere e concludere il processo intentato dal vescovo Ludovico de Pennis contro il demanio regio per il recupero di tale giurisdizione, tolta alla sua chiesa dal defunto principe di Taranto Giovan Antonio del Balzo (+1463)[3]. I nuclei familiari ebraici erano in quel tempo cinquanta. Tanti, all’incirca, erano ancora nel 1485, come consta dall’elenco dei diritti della chiesa di N. compilato in quell’anno.  Gli ebrei, di cui vengono riportati i nomi, erano tenuti innanzitutto al pagamento dello jus affidae ed alcuni di essi erano locatari di case e di botteghe di proprietà della chiesa[4]. Le loro attività erano varie, ma prevalevano la concia e la lavorazione delle pelli: le multe che erano loro più frequentemente inflitte riguardavano, infatti, il riversamento sulla pubblica via di acque sporche e fetide, provenienti di certo da tale attività.

Nel 1460 Nardò ospitò il copista Yehoshua ben David Cohen, il quale vi trascrisse gli Aforismi di Ippocrate con il commento di Galeno nella traduzione ebraica di Natan ha-Meati (1283)[5].

Nel 1492 ci furono attriti fra la comunità ebraica e le autorità cittadine per un contributo straordinario per il restauro del castello, al quale la prima riteneva di non essere tenuta, e per la prestazione forzosa di alloggi e panni. Gli ebrei denunciarono allora anche di essere stati espropriati dall’università di una gabella sulla carne che essi si erano imposta per pagare la tassa annuale dovuta al vescovo. Comportamenti trasgressivi nei confronti dei regolamenti cittadini e nell’ambito dei rapporti privati erano abituali tra ebrei ed ebrei e tra questi e cristiani, come attesta il Registro delle multe inflitte dal capitano nell’anno dell’VIIIa indizione (settembre 1489-1490). Molti giudei vi compaiono, sia come parte lesa che come accusati, per  litigi, ingiurie, minacce, violazioni di bandi, giochi proibiti (carte, dadi). In un solo caso un ebreo, Cale de Inbeni, fu punito per una “bestemmia”, che consisteva nell’avere detto che Cristo fo trentatrè anni iudio[6].

Gli attriti con le autorità locali per motivi fiscali continuarono nel 1494, e questo certamente accrebbe l’animosità contro gli ebrei, che si espresse con violenza l’anno dopo, quando Carlo VIII di Francia invase il Regno. Gli ebrei, depredati dei beni e costretti a rinunciare ai propri crediti, trovarono scampo nella vicina Gallipoli, le cui autorità ottennero il 7 dicembre 1501 da Consalvo de Cordova, Gran Capitano dell’esercito spagnolo, che potessero recuperare i beni mobili e stabili di cui erano stati privati. Nell’area già abitata dagli ebrei, nel quartiere S. Paolo, nel 1497 l’università cittadina ottenne da Alessandro VI la facoltà di erigere un convento francescano dedicato a Sant’Antonio di Padova[7].

Gli ebrei erano di nuovo a N. agli inizi del Viceregno (1503), ma dovettero esulare in forza dell’editto di espulsione emanato nel 1510 dal nuovo sovrano, Ferdinando il Cattolico[8]. In quegli anni un figlio del duca di N. Belisario d’Acquaviva si unì in matrimonio con una fanciulla neofita: l’ingresso di una discendente di giudei in un casato tanto illustre suscitò mormorazioni e maldicenze, ma a difesa delle nozze si levò il sacerdote ed umanista Antonio De Ferrariis Galateo con l’epistola  De neofitis, in cui esaltò la nobiltà dei giudei e della loro fede.

Una piccola presenza ebraica è attestata a N. negli anni trenta del XVI secolo[9], ma ad essa pose fine l’editto di espulsione generale di Carlo V nel 1541.

 

Bibliografia

 

Colafemmina, C., Un copista ebreo a Nardò nel 1460, in Studi in onore di Mons. Aldo Garzia, Molfetta 1986, pp. 157-160.

Croce, B., Un’epistola del Galateo in difesa degli ebrei, in La critica 36 (1938), pp. 71-76.

Ferorelli, N., Gli ebrei dell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII,  Torino 1915.

Mennonna, M., Nardò dalle origini alla metà del ‘900, Galatina 2003.

Pastore, M.,  Le pergamene della curia e del capitolo di Nardò,  Lecce 1964.

Sidoti Olivo, S.,  Per il  Libro dei baroni ribelli.  Informazioni da Nardò. I. Testi, in Bollettino Storico di Terra d’Otranto 2 (1992), pp. 137-174.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Sirat, C. – Beit-Arié, M., Manuscripts médiévaux en caractères hébraïques portant des indications de date jusqu’à 1540,  Paris 1972.

Tafuri, G.B., Dell’origine, sito ed antichità della città di Nardò, in  Opere di Angelo, Stefano, Bartolomeo, Bonaventura, Gio. Bernardino e Tommaso Tafuri di Nardò, a cura di M. Tafuri, Napoli 1848.

Vetere, B. ( a cura di),  Città e monastero. I segni urbani di Nardò (secc. XI-XV), Galatina 1988, pp. 179-185.

Vetere, B., Le visite pastorali in diocesi di Nardò (1452-1501), Galatina 1988.

Zacchino, V., Uno scritto di Antonio de Ferrariis Galateo in difesa degli ebrei:  De neophitis, in Sefer Yuhasin 13 (1997), pp. 23-34.

Zuccaro, C.,  Gli Ebrei a Nardò nel XV secolo, Nardò 1901.

 

 

 

 

 

 


[1] Mennonna, M., Nardò dalle origini alla metà del ‘900, Galatina 2003.

[2] Ferorelli, N., Gli ebrei dell’Italia meridionale, pp. 46, 61; Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews. Documents: 492-1404, pp. 433-436, doc. 408.

[3] Pastore, M.,  Le pergamene della curia e del capitolo di Nardò,  pp. 51-52, n. X.

[4]Cfr. Nardò, Archivio Vescovile, Ms. A/1, foll. 88rv-89r; Tafuri, G.B., Dell’origine, sito ed antichità della città di Nardò, , p. 397.

[5]Sirat, C. – Beit-Arié, M., Manuscripts médiévaux en caractères hébraïques, I, n. 117.

[6] ASNa, Sommaria,  Partium 36, 105r, 106r-v, 112v; Relevi e informazioni 242, f. 211v.

[7] ASLe,  Libro Rosso della città di Gallipoli, ff. 9v, 45v, 89v-90r; Perrone, B.F., I conventi della Serafica Riforma di S. Nicolò in Puglia (1590-1835), vol. 2, pp. 147-151.

[8]ASNa, Sommaria,  Partium 544 I, f. 39r.

[9] Cfr. Ferorelli, N.,Gli ebrei nell’Italia meridionale, p. 236.

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