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Capoluogo dell’omonima provincia del Lazio istituita nel 1927, Frosinone è situata su di un colle che domina la valle del Sacco. Fu possesso della Chiesa romana dal IX secolo e, verso il XIII, godette di larghe autonomie per poi divenire residenza dei Caetani, duchi di Campagna. F. era un centro nel quale si commerciavano i prodotti agricoli della fertile valle del Sacco e dell’area silvo-pastorale dei Monti Ernici[1].
Nel 1472 era censito a F. il nucleo familiare di un certo Moscè, il quale doveva per la vigesima di quell’anno 3 ducati. Nel 1524 gli ebrei del luogo erano nell’elenco delle comunità di Campagna e Marittima tenute al pagamento della stessa tassa, fissata in 800 ducati per le due province da Adriano VI (1522-1523) e dal successore Clemente VII, e che non era stata ancora pagata. Nel 1542 la tassa degli ebrei locali - 8 scudi e 2 giulii - doveva essere versata da Angelo di Emanuele[2].
I fratelli Angelo, Moyses e Iacob di Ventura, ebbero nel 1549 la facoltà quinquennale di prestare denaro in questa località. Angelo, insieme ai fratelli, nel 1550 pagò per la vigesima 1 ducato e 76 baiocchi, mentre, nel 1556, quali contribuenti compaiono anche i nomi di Simone e Ventura per 7 ducati e 13 baiocchi, più altri 17 baiocchi di interessi[3].
Nel 1556 Angelo e Moyses di Ventura furono inquisiti, con Simone Sadum e Ventura di Graziele, originari rispettivamente di Ferentino e di Fondi, per violazione della bolla Cum nimis absurdum di Paolo IV (1555) a motivo di proprietà immobili e di animali, prestito a interesse, familiarità con i cristiani, obbligo del contrassegno. Moyses Ventura e Simone Sadum dimostrarono di essere in regola con la bolla e furono assolti. Ventura di Graziele e Angelo Ventura furono invece condannati ad una multa di 25 e 15 ducati d’oro da versare alla Camera Apostolica. Il primo fu riconosciuto colpevole di avere prestato denaro senza la dovuta licenza e di avere tollerato che la figlia Stella avesse familiarità con i cristiani; il secondo di essersi recato a vendere le proprie mercanzie nei castelli limitrofi portando una berretta di colore nero invece di quella prescritta di colore giallo. Angelo fu poi graziato da mons. Virgilio Rosario, vicario pontificio, su intercessione di mons. Ugo Boncompagni (che diverrà nel 1572 papa col nome di Gregorio XIII), il quale dichiarò di avergli dato la licenza, in occasione di un viaggio, di andare senza la berretta gialla; quanto alla multa inflitta a Ventura Gratiele, essa fu ridotta a 8 ducati.
Nel corso del processo, il commissario pontificio Annibale Britio, aprì un procedimento d’ufficio contro Speranza, figlia di Gemma e di Sabatuzio di Arpino, dimorante a F., colpevole di non portare mai il velo giallo prescritto dalla bolla quale contrassegno delle donne ebree e di avere avuto dimestichezza con donne cristiane. Per conto di Speranza comparve in tribunale il fratello Ferrante, il quale chiese di essere processato in sostituzione della sorella, rimettendosi alla clemenza del giudice a motivo della sua estrema povertà. Questi stava per essere multato in luogo della sorella, ma in suo favore intervennero il sindaco e i maggiorenti del comune di F.: egli era poverissimo e Speranza non era che una bimba di quattro anni! In quanto possiamo – essi scrissero – lo raccomandiamo a V.S., che a quanto detta putta è trascorsa non è stato per contravvenir alli ordini de’ Patroni, ma per inavvertenza di quella e tutto quello appiacere se gli farrà, lo reputeremo a noi medesimi e ne terremo in perpetuo ricordo e con questa a V. S. de core ce raccomandamo. Il commissario, in considerazione della povertà familiare e dell’età della bambina, annullò il processo a suo carico[4].
Bibliografia
Alonzi, L., Frosinone, guida storico-artistica, Frosinone 1962.
Cristofanilli, C., Tacto calamo vicende di una comunità ebraica in Monte S. Giovanni nel Cinquecento, Monte S. Giovanni Campano 2003.
Esposito, A., Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale nel tardo Quattrocento, in Latium, Rivista di Studi Storici, 2 (1985), pp. 153-154.
Pietrobono, S., Carta archeologica medievale di Frosinone, Firenze 2006.
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
Stirpe, M., Gli ebrei di Campagna e Marittima e l’editto di Paolo IV, in Scritti in memoria di Giuseppe Marchetti Longo, Anagni 1990, vol. II, pp. 291-329.
Stirpe, M., Presenza ebraica nel Lazio meridionale alla metà del Cinquecento, in Latium, Rivista di Studi Storici, 5 (1988).
[1]Pietrobono, S., Carta archeologica medievale di Frosinone, Firenze 2006; Alonzi, L., Frosinone, guida storico-artistica, Frosinone 1962.
[2] Esposito, A., Una descriptio relativa alla presenza ebraica nel Lazio meridionale, p. 156; Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, n. 960, 1316. Nell’elenco del 1524 sono annotati anche gli ebrei della vicina Torrice. Su ebrei denominati da questa località, cfr. Cristofanilli, C., Tacto calamo, pp. 41-42, 45-46.
[3] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, nn. 2191, 2830; Stirpe, M., Presenza ebraica nel Lazio meridionale, pp. 29, 32.
[4] Stirpe, Gli ebrei di Campagna e Marittima, pp. 302-305. Ferrante di Sabatuzio riuscirà a risollevare la sua fortuna. Nel 1565 egli acquistò a Ceccano, dove andò ad abitare, un orto coltivato a ulivi per il prezzo di 10 carlini e 5 baiocchi. Cfr. Cristofanelli, Tacto calamo, p. 240.