Frascati

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Frascati (פרסקאטי)

Provincia di Roma. Situata sul versante nord-occidentale dei colli Albani, vicino ai ruderi dell'antica Tusculum, sorse forse tra VII e IX secolo e fu data in feudo da Innocenzo III alla basilica di San Giovanni in Laterano, ma, nelle epoche successive, vide più famiglie, tra cui quella dei Colonna, alternarsi nel suo controllo.

 

In assenza di altri documenti, data la dispersione del materiale dell’archivio comunale causata dalle vicende belliche della seconda guerra mondiale, l’unica attestazione dell’insediamento ebraico di F. è l’elenco delle sinagoghe che, negli anni 1560-1565, pagavano il tributo alla Casa dei Catecumeni di Roma, da cui risulta che quella di F. corrispondeva prima 10 e poi 12 scudi[1].

Da due manoscritti del XIV secolo si può presumere che la presenza ebraica nella località risalisse, però, almeno a tale epoca. Il primo, del 1326, è opera di Menahem Tzemah di Avraham e contiene il  Libro dei Re con parafrasi caldaica e con i Commenti di Rav David Qimhy, Rav Yeshayah da Trani e Rav Binyamin di Giuda Romano. Alla fine dell’ultimo Commento si legge infatti: Fu compiuto il Commento dei Re per mano di Menahem Tzemah di Avraham […] e lo terminai il giorno di lunedì ai 14 di Kislev, anno 87  [5087] dell’era ebraica corrispondente al mese di dicembre del 1326, qui in Frascati, che risiede sul fiume Marana. E pace.[2].

Il secondo manoscritto, opera dell’amanuense David di Qimhy, fu terminato a F. nel 1326-1327[3].

Nel 1544 papa Paolo III approvò e confermò a Dattilo della Ripa, banchiere a Ferentino, la condotta per l'esercizio del prestito a F., che questi aveva firmato con gli abitanti della cittadina[4].

Un Angelo di Raffaele, che risiedeva a F., nel 1545 ottenne un salvacondotto dal camerlengo papale valido sei mesi, dopo essere stato accusato di aver avuto dei rapporti con prostitute cristiane[5].

Un ulteriore cenno alla presenza ebraica (seppure sporadica e non stanziale) si ha nel 1728, quando i cardinali-vescovi di alcune località, tra cui F., ricevettero disposizione dal Collegio cardinalizio di non concedere agli ebrei di trascorrervi la notte, senza il permesso della Congregazione[6].

 

Bibliografia

Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali prima del bando di Pio V, in Lunario Romano 1980: Rinascimento nel Lazio, Roma 1980, pp. 47-77.

Pavoncello, N., Gli  ebrei nella provincia romana,  in Le Judaysme Séphardi, Nouvelle Série, Numéro 31 (Janvier 1966), pp. 26-30.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

 

 

  


[1] Pavoncello, N.,  Le comunità ebraiche laziali, p. 68.

[2] Catalogo dei Codici orientali, Codici ebraici della Biblioteca Angelica di Roma, per Angelo di Capua, p. 86, citato in Pavoncello, N., Gli  ebrei nella provincia romana,  in Le Judaysme Séphardi, Nouvelle Série, Numéro 31 (Janvier 1966), p. 30, n. 14; cfr. Pavoncello, N., Le comunità ebraiche laziali. p. 68.

[3] Monatsschrift für Geschichte und Wissenschaft des Judentums (1884), p. 555, cit.  in Pavoncello, Le comunità ebraiche laziali , p. 68.

[4] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 2352.

[5] Ivi, doc. 2546.

[6] Pavoncello, Le comunità ebraiche laziali., p. 68.

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