Teggiano (Diano nel medioevo)

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Teggiano (Diano nel medioevo)

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Provincia di Salerno. Situato su di un poggio che si erge isolato quasi al centro del Vallo di Diano, fu municipio romano col nome di Tegianum, ma già nel V secolo fu chiamato Dianum, da cui Diano e solo nel 1862 riprese il nome Teggiano. In età angioina vi fu costruito un castello che dominava il Vallo, attraverso cui passava la strada che portava alla Basilicata e alla Calabria. Appartenne ai Sanseverino di Salerno, uno dei quali, l’anti-aragonese Antonello, sostenne in questa fortezza nel 1497 l'assedio del re di Napoli Federico II d'Aragona. Nel 1494 fu tassato per 925 fuochi e nel 1509 per 823.[1]

 

Nel 1494 l'ebreo Daniele, abitante in Diano, fu costretto a ricorrere alla Camera della Sommaria perché non si volevano osservare nei suoi confronti i privilegi concessi ai giudei e perché riceveva minacce. La Sommaria ordinò al capitano di fare osservare scrupolosamente i privilegi e di provvedere perché non ci fossero scandali e turbamenti della quiete pubblica[2].

Nel 1510 era in piena attività nella cittadina un banco di prestito gestito dagli ebrei Michele e Daniele, quest’ultimo di certo il Daniele che era ricorso alla Sommaria nel 1494. Dalla fonte notarile che registra la loro attività appare che l’area in cui essi operavano aveva limitate risorse ambientali, che davano vita ad un’agricoltura povera e ad una pastorizia ristretta al fabbisogno locale. I clienti del banco erano di Diano e delle località vicine, come Sala, Polla, Sassano, San Giacomo, Padula, Sanza e Laurino. I pegni avevano un valore corrispondente più o meno al denaro prestato ed il saldo doveva essere fatto entro due, al massimo sette mesi. Le somme erogate oscillavano da 1 tarì ed 1 grano, dati per una pezza di fustagno, a 1 oncia e 20 tarì per una cassa, quattro cinture d'argento ed un anello d'oro. Nel caso di prestito senza pegno, la somma erogata era consegnata al fideiussore, il quale prometteva di restituirla entro un termine stabilito, trascorso il quale egli avrebbe pagato ai prestatori una penale corrispondente al doppio della somma ricevuta[3].

Della presenza ebraica in questa località rimarrebbe traccia nel toponimo Sinagoga con cui ancora oggi è denominata una contrada sita a ridosso del colle su cui sorge la città. Gli statuti medievali di Diano, che stabilivano multe varie per coloro che imbrattavano le fontane pubbliche, citano fra queste il fonte magno Sinagogae[4].

 

Bibliografia

 

Cilento, N. ( a cura di),  Storia del Vallo di Diano, II,  Età medievale, Salerno 1983.

Didier, A., Un banco di pegni di Ebrei a Teggiano agli inizi del Cinquecento, in  Rassegna Storica Salernitana, n.s. 4 ( 1987), pp. 185-195.

 


[1] Cfr. Cilento, N. ( a cura di),  Storia del Vallo di Diano, II,  Età medievale, Salerno 1983.

[2]ASNa, Sommaria, Partium40, f. 157v (11 aprile 1494).

[3]Didier, A., Un banco di pegni di Ebrei a Teggiano agli inizi del Cinquecento, pp. 185-195.

[4] A. Didier, Un banco di pegni, p. 185.

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