Gerace

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Gerace

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Provincia di Reggio Calabria. Cittadina del versante ionico, posta su una rupe compresa tra le fiumare Gerace e Novito, fu fondata nel IX secolo da profughi di Locri, che la denominarono Hagia Kyriaké (in latino Sancta Cyriaca), trasformato poi in Híeraki (piccolo sparviero), da cui  G. Fu di regio demanio fino al 1348 ed appartenne a vari feudatari, tra cui i Caracciolo, i D’Aragona e i De Cordoba[1]. Sede vescovile, nel 1443 era tassata, con i casali, per 642 fuochi e nel 1521 per  342.

 

La presenza di una comunità ebraica a G. appare ben consolidata in epoca angioina. Nel 1276 essa soddisfaceva agli obblighi fiscali con il resto della città, i cui contributi ordinari assommavano a 41 once, 24 tarì e 12 grana e partecipò allo stesso modo l’anno seguente alla tassa per la distribuzione nel Regno della nuova moneta coniata a Brindisi (in questo caso l’imposta che gravò sulla città fu di 15 once, 5 tarì e 17 grana)[2]. Erano gli anni della forte pressione proselitistica sui giudei da parte dei religiosi e della Corte, che portò alla scomparsa o all’assottigliamento di molte comunità. Ben presto, però, ci fu la ripresa: nel 1311 Carlo, duca di Calabria, accolse l’istanza dei giudei di G. di ricostruire o riparare la vecchia sinagoga purché non ne venissero aumentate l’altezza e l’ampiezza, o non venisse resa più bella di quanto non fosse precedentemente e la facoltà fu confermata nel 1314[3].

La rinascita avveniva in un clima di forte ostilità. Gli ebrei, infatti, denunciarono che durante la Settimana Santa i cristiani davano loro la caccia e lanciavano sassi contro le loro case. Re Roberto, in data 10 gennaio 1311,  ordinò alle autorità provinciali di impedire indebite persecuzioni, ma prescrisse altresì che i giudei essi tenessero chiuse porte e finestre nel giorno di Venerdì Santo e non uscissero di casa per tutta la Settimana, incominciando dalla Domenica di Passione, a norma dei sacri canoni[4].

Nel 1324 gli ebrei di G., con quelli di Crotone e di Rossano, ottennero dal re di non essere costretti a portare gratuitamente per le province le lettere dei Giustizieri e a trasportare con le proprie cavalcature quanto apparteneva ai medesimi e al loro seguito, o ad altri funzionari della Regia Camera. Né gli ufficiali potevano togliere loro paglia, fieno, legna, animali e letti, o entrare senza permesso nelle loro case o processarli ingiustamente e perseguitarli indebitamente. Nella supplica al re, essi misero in evidenza che tali soprusi avvenivano spessissimo per l’insolente audacia e rapacità degli ufficiali: i fratelli Iosafas ed Ilias di Gerace in particolare denunciarono, chiedendo di essere liberati da tale angheria, che i capitani e i giustizieri avevano impiantato in una loro casa strumenti di tortura e li facevano funzionare, causando grave fastidio e danno[5].

Nel 1329 la comunità si vide oberata di tasse perché molti suoi membri, sia per non pagare il contributo annuo di 1 augustale imposto a ogni giudeo di Calabria in età compresa tra 14 e i 60 anni, sia per liberarsi dalle continue vessazioni dei funzionari, erano fuggiti in terre soggette a baroni. Ma i collettori pretendevano da quelli che erano rimasti il pagamento dell’intera somma di 12 once che era stata fissata per la comunità, come se non fosse noto che i baroni nelle cui terre i fuggiaschi si erano rifugiati impedivano a chiunque di molestare i loro novelli sudditi. Nello stesso anno, l’ebreo geracese Mosè Salma, che era stato incaricato dal Secreto di Calabria di riscuotere da ciascun giudeo della regione l’augustale d’oro, fu crudelmente imprigionato perché non era riuscito a riscuotere più di 4 once, ossia 16 augustali[6]. Da notare la compera di alcune terre appartenenti a giudei di G. fatta il 2 settembre 1335 da parte di Guglielmo Ruffo, conte di Sinopoli[7].

Sul finire dell’età angioina papa Martino V, come è noto, s’interessò degli ebrei dell’Italia meridionale. Nel 1426 egli incaricò proprio il vescovo di G., Paolo di Segni, di inquisire e punire a suo arbitrio i giudei di Calabria d’ambo i sessi che prestavano a interesse, che non portavano il contrassegno e commettevano eventuali altri eccessi, malefici, crimini e delitti. Il denaro proveniente dalle relative multe sarebbe servito per la riparazione delle chiese di Roma[8]. Ma Alfonso I d’Aragona, detto il Magnanimo, divenuto nel 1443 nuovo sovrano di Napoli, corresse il rigore pontificio nei confronti dei prestatori giudei: nel 1445, infatti, egli assolse il medico Aron de Sacerdotibus di G. da ogni pena in cui fosse incorso in passato o nella quale potesse incorrere  a motivo della sua attività di banchiere. Questo perché, egli scrisse, un uso antico e rispettato permetteva ai giudei di alcuni luoghi di Calabria di sovvenire alle necessità dei Cristiani prestando loro denaro a interesse, Inoltre, avendo concesso allo stesso Aron la licenza di praticare l’arte medica, in cui era di grande utilità per la Calabria e per G., lo sottrasse alla giurisdizione di qualsiasi tribunale, rimettendolo solo a quella  della curia dei baiuli della località e, per l’appello, a quella del Viceré di Calabria. Il privilegio sarebbe valso sopratutto nel caso in cui qualcuno avesse voluto portare in giudizio Aron per aver praticato l’arte medica prima di averne ottenuto la licenza dal Re[9].

Sul finire del regno di Ferrante I d’Aragona, figlio di Alfonso I, ci furono attriti fra la comunità ebraica e le autorità cittadine per questioni di tasse. Nel 1494 Penagas iudio de Girace fecepresente alla Camera della Sommaria che la comunità si era accordata con le autorità di G. per contribuire ai pagamenti fiscali con 56 ducati e affinché, nel caso il comune avesse ottenuto una diminuzione delle tasse, anche la somma dovuta dai giudei fosse proporzionalmente diminuita. Così, quando  Ferrante I ridusse i contributi fiscali di G. a 400 ducati, la quota dovuta dai giudei fu ridotta a 36 ducati.  Fatto un nuovo censimento, i contributi dovuti dall’università cittadina  furono aumentati, e anche la parte dovuta dai giudei subì un incremento di 9 ducati, portando il contributo da 36 a 45 ducati annui. Nell’anno della decima indizione (settembre 1491-agosto 1492), senza ragione alcuna, l’università di G. obbligò dapprima i  giudei a pagare 70 ducati e in seguito 80. La comunità giudaica denunziò alla Sommaria il sopruso e chiese che il proprio contributo fiscale fosse riportato alla somma che era stata concordata di 45 ducati annui. Volendo provvedere secondo giustizia, la Camera ordinò al tesoriere provinciale di prendere diligenti informazioni e quindi di decidere nel modo più semplice e celere. Nel caso affiorasse qualche dubbio, egli doveva consultarsi con la Camera, che gli avrebbe inviato indicazioni su quanto avrebbe dovuto esigere. Inoltre, poiché la comunità era stata costretta a pagare 9 ducati della tassa dell’adoa, la Sommaria ordinò al capitano di far restituire ai giudei la somma, essendo essi immuni da tale specie di contribuzione[10].

Quando con il patto di Granada (11 novembre 1500) spagnoli e francesi si divisero il Regno di Napoli, gli spagnoli si presero la Calabria e la Puglia. A Consalvo di Cordova,viceré delle due province, il 17 settembre 1501 la città di G. chiese così la conferma di una serie di capitoli e grazie. Nel secondo capitolo chiese che nella fruizione dei  privilegi fossero compresi anche gli ebrei, sia quelli cittadini, sia quelli venuti da poco, che erano artigiani. Il Viceré  accolse la richiesta e sappiamo che allora la comunità locale era composta di 17 nuclei familiari[11].

Gli spagnoli e i francesi non rispettarono la spartizione del Regno decisa a Granada e vennero a guerra. Vinsero gli spagnoli e il nuovo sovrano, Ferdinando il Cattolico, decise nel novembre 1510 di espellere gli ebrei e i neofiti dalle sue nuove province. Gli ebrei lasciarono anche G. e la Camera della Sommaria il 24 aprile 1511 ordinò che i loro contributi fiscali venissero esatti sino al giorno in cui fossero usciti dal  Regno. Una volta partiti, il loro carico fiscale doveva essere dedotto dal quello della città, con la cui popolazione erano stati sino ad allora annoverati[12].

Gli ebrei risiedevano a G. presso la chiesa (oggi non più esistente) di San Giovanni Battista, nel rione tuttora detto Judeca: qui, verso il 1990, fu ritrovato in una casa un frammento di iscrizione in ebraico, nel quale si ricorda una donna, forse Anavatià, “figlia di R. Mosè”[13].

 

Bibliografia

 

Caggese. R.,  Roberto d’Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922.

Colafemmina, C., Gli ebrei nella Calabria meridionale, in Calabria Cristiana. Società Religione Cultura nel territorio della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi. Atti del Convegno di studi (Palmi-Cittanova, 21-25 novembre 1994), a cura di Leanza, S., Soveria Mannelli 1999, I, pp. 161-190.

Colafemmina, C., Per la storia degli ebrei in Calabria. Saggi e documenti, Soveria Mannelli 1996.

D’Agostino,  E., Da Locri a Gerace. Storia di una diocesi della Calabria bizantina dalle origini al 1480, Soveria Mannelli 2005.

Dito, O., La storia calabrese e la dimora degli ebrei in Calabria dal secolo V alla seconda metà del secolo XVI, Cosenza 1979 (ed. anast.).

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, Torino 1915.

Minieri-Riccio, C., Saggio di Codice Diplomatico formato sulle Antiche Scritture dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1878, Supplemento Parte Seconda Napoli 1885.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Trasselli, C.,  Lo stato di Gerace e Terranova nel Cinquecento, Reggio Calabria 1978.

 

 

 

 

 

 

 

 


[1] D’Agostino,  E., Da Locri a Gerace. Storia di una diocesi della Calabria bizantina dalle origini al 1480, Soveria Mannelli 2005; Trasselli, C., Lo stato di Gerace e Terranova nel Cinquecento, Reggio Calabria 1978.

[2] RCA , vol. XLVI, pp. 208, 232;  Dito, O.,  La storia calabrese, p. 166. 

[3]Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 60, 63; Dito, O., La storia   calabrese, pp. 166, 169.

[4] Minieri-Riccio, C.,  Codice diplomatico, Suppl., II, 69, n. 54.

[5] Ferorelli,  N., Gli Ebrei nell’Italia meridionale, pp. 59-60.

[6] Caggese, R., Roberto d’Angiò I, pp. 302-303.

[7]ASNa , Archivio Privato dei Ruffo di Scilla, Busta I, fols. 80v-81r.

[8] Simonsohn, S.,  The Apostolic See and the Jews,  doc. 636.

[9] Barcellona, Archivo de la Corona de Aragón, Cancilleria 2906, fols. 180r-181r.

[10] ASNa, Sommaria, Partium 36, fol. 126v; 39, fols. 48v-49v; 72r.

[11]Trasselli, C.,  Lo stato di Gerace e Terranova nel Cinquecento, Reggio Calabria 1978, pp. 31-33; Colafemmina, C.,  Per la storia degli ebrei in Calabria, p. 90.

[12] ASNa, Sommaria,  Partium 80, fol. 27r.

[13] Cfr. Colafemmina, C., Gli ebrei nella Calabria meridionale, p. 171.

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