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Una testimonianza notevole della presenza ebraica a S. è costituita dal contratto (ketubbah) stipulato nel 1439 in occasione del matrimonio di Salomone di Davide con Iaele di Salomone. Insieme al consueto elenco del corredo, esso riportava l’impegno del padre dello sposo a concedere alla nuora, nel caso restasse vedova, il libello del ripudio (chalizah) senza richiesta di denaro, mentre lo sposo si impegnava ad abitare per cinque anni a S. A garanzia dei patti, fu comminata una multa di 12 once, da assegnare metà alla comunità e metà alla parte lesa. Furono testimoni Iacob di Ioseph, Ezechiel di Caleb, Nissim di Iacob, Elias di Iacob, Iacob di Caim, Caim di Sciabbatai, Abraham di Caim, Isaac di Salomone, Isaac di Moysis Cairi medico e chirurgo, Moysis di Davide, fratello dello sposo e Navi di Matahia. L’atto fu steso dal notaio Ieshua di Caim[2].
Bibliografia
Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, Torino 1915.
Giovene, M., Simeri e i suoi casali, Catanzaro 2000.
Lacerenza, G., Un foglio di Sefer Torah, in Annali Istituto Universitario Orientale 59 (1999).
[1] Giovene, M., Simeri e i suoi casali, Catanzaro 2000.
[2] Il documento fu pubblicato in traduzione latina da Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 110-112. Ferorelli lo donò alla Biblioteca della Società di Storia Patria Napoletana, ma attualmente esso non è rintracciabile. Un foglio pergamenaceo con testo ebraico, che si conservava con cura incorniciato nella sede della Società e che si riteneva fosse la ketubbah, si è rivelato un frammento del libro dei Numeri. Cfr. Lacerenza, G., Un foglio di Sefer Torah, pp. 401-444.