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Nel 1452-54 Isaq ben Shelomoh del Barri ricopiò in Melfi per David ben Menahem Zarfati di T. il Gioiello perfetto, ossia buona parte dell'opera medica di Abul Al Kasim Ezzahrawi tradotta in ebraico dall'arabo da Meshullam ben Yonah[1].
La comunità ebraica di T. partecipò nel 1458 con le altre della Basilicata alla colletta per l’incoronazione di Ferrante I, all’imposta straordinaria nel 1468, a a quelle del 1480 e 1481 per far fronte ai turchi che erano sbarcati in Puglia. Tra gli incaricati della suddivisione della tassa del 1468 c’era mastro Elia Sacerdoto di T., che però nel 1482 era contribuente moroso con Memmo de Moyses, Helia e Mordecay de T. e Leone de Sinisi[2].
Gli ebrei di questa località vennero a trovarsi in contrasto con l’università a motivo dell’imposta ordinaria da versare ogni anno al fisco. Essi nei primi decenni del dominio aragonese avevano prosperato molto e si erano volontariamente impegnati ad integrare con 2 tarì e mezzo per casata per i primi dieci anni di dimora, e con 7 tarì e mezzo per gli anni successivi, l’imposta che la città raccoglieva in maniera indiretta mediante i dazi. Ma già nel 1478 il contributo di 7 tarì e mezzo non sembrò più sufficiente e l’università chiese al proprio signore, il principe Pietro Antonio Sanseverino, che gli ebrei contribuissero ai dazi per il loro bestiame[3]. Le guerre che avevano stremato il Regno incisero poi anche sugli israeliti di Tricarico, i quali nel 1488 chiesero alla Camera della Sommaria di essere esentati dallo stesso contributo promesso. La Sommaria accolse la richiesta, ma ciò provocò la reazione dell'università e diede origine ad una lunga controversia, che terminò solo nel 1494. Gli ebrei accettarono di contribuire in tutto con i loro concittadini, eccetto che nell'imposta per teste et industrie, essendo essi gravati da contribuzioni straordinarie assai più che i cristiani[4], ma furono obbligati a partecipare ad alcune spese che interessavano tutta la compagine cittadina. Ad essi, infatti, fu imposto di contribuire per la casa delo auditore, per la casa delo capitaneo, per la casa delo assessore, per lo proposito delo molino, per reparacione de fontane, muri de terra et petrate, per la provisione et comissione deli magistri mercati, ali preyti adcioché contribuiscano ali dacii, per quello se dona ali incantaturi deli dacii, per lo mastro de scola, intendendose però quando sende servano li iudei[5].
La controversia con l’università creò disagi in seno alla comunità a motivo del denaro che alcuni, tra cui Vitale e Servodio, sindaci e proti della giudecca, e mastro Angelo de Israel, avevano anticipato e che altri tardavano o si rifiutavano di restituire. A capo dei renitenti c’era l’autorevole mastro David[6].
I fuochi ebraici di T. nel 1488 erano quindici, a cui si aggiunse nel 1494 quello di Stellanica Gentile. In questo stesso anno giunsero nella città giudei siciliani e spagnoli, di cui si ignora il numero, che l'università sotto il profilo fiscale voleva trattare da forestieri ma ai quali la comunità riuscì a far riconoscere gli stessi diritti dei giudei del Regno[7]. Forse per creare un ambiente di preghiera anche per i nuovi venuti, la comunità nel 1494 sopraelevò la “scola”, ossia la sinagoga, ma ciò suscitò l’opposizione del vescovo della città, Scipione Cicinelli. Questi pretese che le nuove strutture fossero demolite e l'edificio riportato alle sue precedenti dimensioni. Gli ebrei ricorsero alla Camera della Sommaria, che, in data 24 agosto 1494, intimò al prelato di non intromettersi nella faccenda e di lasciare che completassero i lavori. Nel caso egli avesse ravvisato la violazione di qualche suo diritto, poteva esporre le proprie ragioni alla stessa Camera, che avrebbe giudicato secondo giustizia[8].
Circa le attività dei giudei di T., esse erano quelle solite: il commercio, il prestito di denaro, l'esercizio della medicina e l'artigianato. Un documento attesta il commercio di gioielli: si tratta di un ordine della Sommaria ai custodi del passo di Battipaglia perché restituiscano ad Abramo de Masello di T. una certa quantità di perle e di altre gioie che gli erano state sequestrate perché si rifiutava di pagare il pedaggio, affermando, a ragione, che tale merce ne era esente. Assai attivo nel commercio era Angelo de Israel, che con i fratelli ed i nipoti aveva dimora in T., Monopoli e Napoli[9].
In forza della prammatica di espulsione emanata nel 1510 da Ferdinando il Cattolico, nuovo sovrano del Regno, anche gli ebrei di T. dovettero esulare. In quel periodo la comunità era composta di nove fuochi, di cui tre intestati a vedove[10].
Dopo qualche anno si trovò, però, di nuovo qualche ebreo di T. nel Viceregno, Alla vigilia dell’espulsione definitiva del 1541, a Bitonto il 21 giugno 1540 Servadius ebreus de Tricarico dichiarò di essere debitore per 200 ducati nei confronti del fratello Phinacassa, a motivo di una società che avevano costituito in passato. Non essendo in grado di estinguere il debito, Servadius cedette al fratello tutti e singoli i suoi debitori, affinché potesse recuperare da loro la somma che gli doveva. Si impegnò a non fare in futuro nessuna opposizione alla cessione, promise, anzi, sotto pena di 50 once d’oro, di starsene pacifico e quieto: a garanzia dell’impegno, giurò toccando la penna secondo l’uso degli ebrei[11].
L’Inventario dei beni e privilegi della città di T. compilato nel 1585 tramanda che il cimitero dei giudei era nella Contrada delle Barre, alla strada dove erano i gelsi della città[12].
Bibliografia
Biscaglia, C. (a cura di), Il Liber iurium della città di Tricarico, Galatina 2003.
Colafemmina, C., Basilicata, in L’Ebraismo dell’Italia meridionale peninsulare dalle origini al 1541: società, economia, cultura. Atti del IX Congresso internazionale dell’Associazione Italiana per lo studio del Giudaismo (Potenza-Venosa, 20-24 settembre 1292), a cura di Fonseca, C.D. et alii, Galatina 1996, pp. 311-325.
Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei a Tricarico, in Studi Storici Meridionali 2 (1983), pp. 111-126.
Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia nell’Archivio di Stato di Napoli, Bari 1990.
Ferorelli, N., Gli ebrei nell'Italia meridionale dall'età romana al secolo XVIII, Torino 1915.
Sirat, C. - Beit-Arié, M., Manuscrits médiévaux en caractères hébraiques portant des indications de date jusq’à 1540, Jerusalem-Paris 1972.
[1] Sirat, C. - Beit-Arié, M., Manuscrits médiévaux en caractères hébraïques, I, 103.
[2] Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 163-166; Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei in Puglia, pp. 29-30, doc. 5.
[3] Biscaglia, C. (a cura di), Il Liber iurium della città di Tricarico, Galatina 2003, II, p. 135.
[4] Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei a Tricarico, pp. 116-117, doc. 1; pp. 119-122, docc. 5, 7 - 8.
[5] ASNa, Sommaria, Partium 40, c. 255r-v; Colafemmina, C., Basilicata, pp. 322-323.
[6] Colafemmina, C., Documenti per la storia degli ebrei a Tricarico, pp. 120-121, doc. 6; pp. 123-125, docc. 10-11.
[7] Ibid., p. 113. 118-119, doc. 4; pp. 122-123, doc. 9.
[8] Ibid., pp. 114-115. 125, doc. 12.
[9] Ibid., 113-114. 117-118, docc. 2-3.
[10] Ibid., p. 126, doc. 13 (5 luglio 1512).
[11] Colafemmina, C., Presenze ebraiche in Lucania, pp. 67-68.
[12] Biscaglia, C., Il Liber iurium della città di Tricarico, II, p. 159.