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Cittadina della provincia di Cosenza, sorge su un poggio nel versante occidentale del Vallo del Crati. Già Montalto, assunse la specificazione Uffugo nel 1863. Appartenne ai Ruffo, ai D’Aragona, agli Alvarez de Toledo. Nel 1443 era tassato per 494 fuochi fiscali. Già nel Medioevo vi si insediò una colonia di seguaci di Pietro Valdo, sicché la cittadina si componeva sino al XVI secolo di tre comunità: latini, o cattolici, ultramontani, o valdesi, ed ebrei.[1]
Gli apparenti successi del proselitismo angioino nella seconda metà del XIII secolo avevano portato al disfacimento delle comunità ebraiche nel Mezzogiorno. Ma sotto il regno di Roberto il Saggio (1309-1343), molti neofiti ritornarono alla fede dei padri e ricostruirono le comunità, favoriti spesso dai feudatari locali. In Calabria ciò accadde in particolare nelle terre della contessa di Altomonte – che era allora Ilaria di Ruggero Sanseverino di Mileto (1347-1378 c.) – e nelle terre dei conti di Montalto, dove erano confluiti in gran numero ex neofiti e giudei. La regina Giovanna I. su incitamento di Urbano V, ordinò nel 1368 ai suoi ufficiali di collaborare con gli inquisitori per distruggere le nuove comunità e le loro sinagoghe, ma l’iniziativa fallì.[2] La presenza ebraica a Montalto, comunque, si era ben consolidata già da qualche decennio prima dell’intervento della regina Giovanna. Nel 1445, infatti, re Alfonso d’Aragona, su richiesta della comunità, confermò tutte le immunità, franchigie e privilegi che essa aveva ottenuto da papa Clemente VI (1342-1352), e dai feudatari di Montalto Giordano Ruffo (1327-1343), da suo figlio Carlo (1343-1375), da Antonio Ruffo (d. 1383) e da sua moglie Giovannella Sanseverino, da Carlo II Ruffo (d. 1414) e da Covella Ruffo, principessa di Rossano e duchessa di Montalto (1423, d. 1445).[3]
Papa Bonifacio IX nel 1402 nominò Angelo di Samuele, milite ebreo, giudice civile e criminale sugli ebrei a Montalto, Cosenza e Crotone, eccetto per quelle cause che i giudici cristiani per diritto o per consuetudine trattavano.[4]L’inusuale posizione di Angelo, come milite e giudice criminale, ha pochi paralleli tra gli ebrei d’Europa in quel tempo.[5]E’ probabile che fosse giustificata dalla particolare importanza delle tre comunità calabresi e dalla benevolenza con cui qualcuno aveva accompagnata la richiesta al papa. In epoca aragonese la comunità di Montalto aveva ancora un suo capitano con giurisdizione sui suoi ebrei. Nel 1491 la comunità presentò ricorso contro il capitanoe i baiuli della città, perché tentavano in vari modi di usurpare la giurisdizione del capitano della loro comunità. La Camera della Sommaria vietò alle autorità comunali di intromettersi in tale giurisdizione e ordinò di rispettare le esenzioni e le immunità che il re aveva concesso o confermato alla comunità ebraica.[6]
Nel 1403 papa Bonifacio IX intervenne di nuovo a favore degli ebrei di Calabria, con una bolla in cui esentava gli ebrei della regione, e in particolare quelli di Montalto e di Tropea, dalla giurisdizione degli inquisitori, accogliendo le querele contro le loro rapacità che gli avevano fatto giungere gli ebrei locali e quelli immigrati dall'Aragona (vittime delle persecuzioni del 1391). I loro giudici competenti dovevano essere gli ordinari diocesani.[7]
Il periodo aragonese trascorse in buona parte senza fatti di particolare rilievo. Nel 1445, come si è visto, Alfonso I confermò tutti i privilegi concessi dai precedenti sovrani e signori alla comunità; nel 1452 lo stesso ordinò al Viceré di Calabria di osservare l'editto di remissione generale di qualsiasi crimine e delitto commessi nel passato dai Giudei anche a favore di Iesua Calcagno di Montalto.[8] Negli anni ’80 del XV secolo sorsero problemi, alcuni di ordine fiscale, altri nei rapporti con le autorità cittadine. Nel giugno 1485 la Camera della Sommaria ordinò di chiedere conto al tesoriere di Calabria della mancata esazione nell’anno della XIV indizione (settembre 1480-agosto 1481), di 12 ducati, 2 tarì e 5 grana dovuti dai giudei di Montalto a completamento della somma di 312 ducati e 5 grana che avrebbero dovuto versare quale loro rata di un contributo di 3.000 ducati imposto ai giudei di Calabria. Il residuo, comunque, risultò poi essere stato versato nello stesso anno 1485.[9] Il 1488 fu un anno più movimentato. Su ricorso della comunità, la Sommaria ordinò l’8 marzo al tesoriere che nella confezione dell’apprezzo dei beni e della distribuzione del carico fiscale partecipassero anche i rappresentanti della comunità. Un secondo ordine, in data 15 marzo, ingiunse di fare osservare a favore dei giudei di Montalto le immunità sui passi doganali e gli altri diritti concessi loro dal re. Il 9 giugno fu notificato al tesoriere di soprassedere all’esazione di un contributo straordinario imposto ai giudei di Montalto fino a quando non fosse arrivata la risposta del re ad alcuni memoriali che gli erano stati inviati sulla questione. Nel caso arrivasse l’ordine di procedere all’esazione, il tesoriere doveva concedere ai giudei due mesi di tempo per il pagamento a causa della loro povertà e dei danni provocati dalla guerra (la guerra d’Otranto del 1480-1, le congiure dei baroni del 1459.62 e del 1485-86). Poiché la comunità aveva anche denunciato di essere stata costretta a pagare all’esattore un salario di cinque carlini al giorno per il tempo in cui aveva svolto in essa il suo lavoro, la Sommaria gli ordinò di mettere tutto il denaro percepito a tale titolo in conto del contributo fiscale dovuto dai giudei.[10]Alcune di queste controversie erano ancora vive nel 1491,[11] altri problemi sorsero quest’anno, come il tentativo del capitano e dei baiuli del comune di usurpare la giurisdizione del capitano della comunità ebraica.[12]Inoltre, i fratelli Daniele e David Gezache, che esercitavano l’arte della spezieria, si lamentarono che le autorità li costringevano a esercitare l’ufficio, piuttosto odioso, di esattori delle imposte. La Sommaria accolse la loro querela e ordinò che tale ufficio fosse affidato a cristiani.[13]
Nel 1492 esplose una querelle con l’esattore provinciale Teseo Anape che pretendeva di riscuotere a favore del fisco il donativo di 11 once, ossia di tre carlini a fuoco, che la comunità faceva ogni anno a Pascasio Diaz Garlon, conte di Alife, nominato da Ferrante I governatore di Montalto dopo che nel 1464 il pluriribelle feudatario Marino Marzano Ruffo era stato incarcerato a Napoli e la contea aggregata al regio demanio, almeno fino al 1486.[14] Questo donativo, in realtà, doveva coincidere con l’annuale tassa del casalinaggio, ossia sulle abitazioni o sui suoli su cui erano costruite, che gli ebrei di Montalto pagavano ai loro signori e che in origine era appunto di 11 once, le quali suddivise per tre carlini a fuoco, davano una comunità di 220 fuochi. A motivo dell’impoverimento causato dalle guerre, il conte di Alife, e poi il nuovo barone di Montalto,[15] ridussero la tassa alla somma di 44 ducati l’anno, riduzione che il tesoriere Teseo Anapa non volle riconoscere, ma che la Camera della Sommaria ribadì nel 1492 e nel 1494.[16]
Le controversie fiscali dovettero apparire una bazzecola con quello che accadde nel 1495, quando Carlo VIII di Francia invase il regno di Napoli. Il terrore causato dai francesi e dalle loro iniziative conversionistiche fu tale che tutti gli ebrei di Montalto accettarono il battesimo e divennero cristiani novelli. La singagoga fu trasformata in chiesa dedicata a Santa Maria e nel 1496 il chierico Bernardino de Fossato presentò al papa una petizione in cui chiedeva che in essa fosse eretto un beneficio ecclesiastico da dotare con i beni della ex sinagoga in modo da incrementare nella nuova chiesa il culto divino. I frutti annuali del beneficio erano previsti in 24 ducati d’oro. Il papa, che era Alessandro VI, ordinò di prendere informazioni sulla vita e i costumi del chierico e quindi di immetterlo nel possesso del beneficio.[17]
La comunità ebraica, ossia la “Universitas Iudeorum”, si trasformò in “Universitas Neophitorum”, o “Università delle Christiani Novelli” e continuò a pagare i contributi fiscali separatamente dal resto della cittadinanza.[18] Suoi sindaci nel pagamento delle tasse furono negli anni 1502-3 i neofiti Carlo de Gaudio, Tommaso Bello, Giovan Tommaso de la Seta e Simone Orefice.[19]In questi anni Montalto fu coinvolta nella guerra scoppiata tra spagnoli e francesi per la conquista del regno di Napoli, che si erano spartiti con il trattato segreto di Granada (11 novembre 1500). Ai primi del 1503 i neofiti furono costretti a pagare la rata fiscale di Pasqua – 25 ducati - al tesoriere del re di Francia, dal quale ebbero anche la debita ricevuta, Ma quando di lì a poco prevalsero a Montalto le “felicissime bandiere” degli spagnoli, questi pretesero di nuovo il pagamento della somma. La città provò a chiedere comprensione al viceré Ferdinando di Cordova, che rispose demandando alla Camera della Sommaria di informarsi della cosa e di riferire.[20]
Il 23 novembre 1510 Ferdinando il Cattolico espulse dal regno di Napoli, di cui era divenuto sovrano, sia gli ebrei che i cristiani novelli, accordando loro quattro mesi di tempo per uscire dal regno. Quasi tutti i neofiti di Montalto partirono, e di essi le autorità locali chiesero la cancellazione dei loro nomi dai ruoli fiscali della popolazione locale. Questa nel 1509 risultava composta di 440 fuochi di latini, 102 di neofiti e 168 di ultramontani.[21] Prima di andare via, il 21 marzo 1511, i cristiani novelli fecero “dono” del 10 per cento dei loro beni mobili e stabili al duca di Montalto, Ferdinando d’Aragona, figlio naturale di Ferrante I. Con privilegio emesso il 28 ottobre 1511 il vicerè Raimondo Cardona concesse al duca alcune case e altre robe che i neofiti avevano lasciato nella città.[22]
Qualche neofito riuscì, tergiversando, a restare sino al 1515, quando fu ribadito l’ordine di espulsione. Così il 25 marzo di quest’anno il neofito Giovanni Battista Romano, debitore di 69 ducati nei confronti di Loisio Garattono di Verona e di 79 ducati, 3 tarì e 3 grana nei confronti di Giacomo Arbino di Bergamo per l'acquisto di panni di lana, dovendo esulare dal regno, cedette ai loro procuratori, i nobili Sigismondo e Alfonso Caputo di Cosenza, i crediti che aveva presso alcuni suoi debitori.[23] Alcuni neofiti, adducendo prove di conversione sincera alla fede cattolica, ebbero il permesso di restare. Ma uno zelante frate domenicano che visitò la Calabria tra il 1654 e il 1659, rilevò che “in molti luoghi della provincia, e particolarmente a Montalto, trovasi un gran numero di famiglie che traggono discendenza da Giudei e comunemente vengono riputate segrete osservatrici della legge Mosaica”.[24]
Bibliografia. S.G.Mercati, Calabria e calabresi in un manoscritto del XVII secolo (Dal Manoscritto Barberino Latino 5392), in Collectanea Byzantina (con introduzione e a cura di A. Longo, prefazione di G. Schirò, Bari 1970, II, pp. 694-724; N. Zeldes, “Universitas Neophitorum”. Legal aspects of the mass-conversion in Southern Italy and Sicily, in “Sefer Yuhasin” 24-25 (2008-2009), pp. 43-70.
[1] C. Nardi, Notizie di Montalto di Calabria, Roma 1954; M. Pellicano Castagna, Storia dei feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria, III, Catanzaro Lido 1999, pp. 209-220.
[2] CDBr 2, 242-244, Doc. 94.
[3] Barcellona, ACA, Cancilleria 2906, fols. 79r-v.
[4] Simonsohn, Apostolic See, Doc. 501.
[5] Ivi, p. 547.
[6] ASNA, Sommaria, Partium 33, fol. 125v.
[7] Simonsohn, Apostolic See, Doc. 502.
[8] Mazzoleni, «Codice Chigi», pp. 193-195.
[9] ASNA, Sommaria, Petizioni dei relevi 7, fol. 60r.
[10] ASNA, Sommaria, Partium 29, fol. 4v; 12v; 30, 41v.
[11] Ib., 34, fol. 261v (19 ottobre 1491).
[12] Ib., 34, 33, fol. 125r (11 ottobre 1491).
[13] Ib., 33, fol. 110v (1 ottobre 1491).
[14] Pascasio Diaz Garlon fu dei giovani catalani che accompagnarono Alfonso I d’Aragona nella conquista del regno di Napoli. Fedelissimo di Ferrante I, fu suo regio consigliere e nel 1486 generale ricevitore della Regia Pecunia, ossia delle entrate fiscali. Nel 1483 fu investito della contea di Alife. Morì tra il 1498 e il 1503. Montalto fu concessa a un Matteo del Duca nel 1486, cf. Nardi, Notizie, I, p. 85.
[16] ASNA, Sommaria, Partium 34, fol. 261v (10 ottobre 1492); 38, fols. 60v-61r (7 ottobre 1494).
[17] Russo, Regesto Vaticano, III, 105-106, n. 13942; 126, n. 14138.
[18] Cf. Zeldes, “Universitas Neophitorum”, p. 66.
[19] ASNA, Tesorieri e percettori 3608.
[20] Nardi, Notizie, II, p. 511.
[21]Colafemmina, Per la storia, pp. 151-152, doc. 67; ASNA, Sommaria, Partium 79, 12v (17 luglio 1511), 80, fol. 39r-v.
[22] Nardi, Notizie, II, pp. 520-521. Si veda anche la pergamena di donazione del 31 marzo 1511: ib., p. 519.
[23] Patroni Griffi, Ebrei e neofiti, pp.234-235, n. 19.
[24] S.G.Mercati, Calabria e calabresi, pp. 721-22.