Fondi

Titolo

Fondi

Testo

Sorge nella piana litoranea dei monti Aurunci, presso il lago omonimo. E’ l’antica Fundi, di cui ha mantenuto entro le mura l’originaria pianta rettangolare incentrata sulla via Appia. Nell’età di mezzo fu ridotta a piccolo ducato, ora indipendente, talvolta soggetto ai duchi di Gaeta. Con i Normanni fu costituito in contea, del cui titolo furono investite varie famiglie, tra cui i Caetani, i Colonna e i Gonzaga. Sede vescovile dal V secolo al 1814[1]. Nel 1927 Fondi fu staccato dalla Campania e unito al Lazio. Dal 1937 fa parte della provincia di Latina. Nel 1443 era tassato per 478 fuochi, nel 1532 per 393.

Il più antico documento sulla presenza di ebrei  a Fondi è costituito da un frammento epigrafico in lingua latina databile al secolo IV-V. L’epigrafe, decorata con la  menorah, si concludeva con l’invocazione  shalom, «pace», in caratteri ebraici.[2] Un po’ più tarda è un’iscrizione imprecatoria, rinvenuta nella vicina Sperlonga, in una piscina antistante la grotta divenuta nel I secolo d. C. il fastoso ninfeo di una villa imperiale. L’imprecazione, in lingua latina, è scritta  ad inchiostro su una lastrina di marmo con lettere minutissime, alcune delle quali si sono stinte e perdute.[3] Chi redasse il testo aveva di certo subìto, o stava subendo, torti  pesanti da parte di qualcuno, perché invoca su di lui la lebbra che colpì il servo del profeta Eliseo (2 Re 5) e la distruzione  apocalittica di Sodoma e Gomorra (Gen 19). Quanto all’intervento salvifico nei propri confronti, esso doveva essere simile a quello  mostrato al popolo d’Israele nel deserto (cf. Es I6, 10; Lev 9,23). La terminologia impiegata ha convinto parecchi studiosi della giudaicità dell’iscrizione.

Gregorio Magno (Dialoghi, III, 7) – siamo alla fine del VI secolo - narra di un viandante giudeo che, fermatosi per la notte tra i ruderi del tempio di Apollo, assisté a un consesso di diavoli impegnati a far cadere nel peccato di lussuria il vescovo di Fondi Andrea. L’ebreo corse a riferire al vescovo quanto aveva visto e udito, salvandolo dal peccato, e il vescovo a sua volta lo convertì al cristianesimo. Il papa presenta l’intera vicenda come degna di fede, perché, egli dice «del fatto sono testimoni pressoché tutti gli abitanti di quel luogo», cioè di Fondi. In realtà il racconto è una rifacitura di storie analoghe che circolavano negli ambienti monastici e nelle quali il protagonista è un giovane pagano o un monaco. Ma non è privo di significato  che Gregorio sostituisca tali protagonisti con un giudeo. I  giudei, cioè, dovevano costituire nell’area una presenza assai importante e l’assunzione di uno di loro tra gli attori primari della storia ne confermava la verosimiglianza.

Le notizie sulla presenza di ebrei a Fondi riprendono nel 1280 con una lettera della Cancelleria Angioina riguardante le decime sui beni demaniali  di Fondi a favore del vescovo e del clero della chiesa cattedrale. Fra tali beni, c’era anche la iudayca, ossia le decime sulle attività economiche dei membri della locale comunità giudaica.[4] Fra le attività dei giudei fondani nel secolo XIII è da annoverare di certo la tintura delle stoffe. Ed è probabile che proprio a questo periodo risalga la norma che, sotto pena di multa, vietava ai giudei e a qualsiasi altro che esercitasse l’arte della tintoria di gettare nella piazza di Fondi, o in altri luoghi pubblici, le acque residue della lavorazione.[5] Il divieto è tramandato negli Statuti di Fondi compilati nel 1474, ma nella cui raccolta confluirono parecchie norme e consuetudini precedenti.

Alla fine del XIII secolo ci fu nel Regno la crisi delle comunità ebraiche provocata dal proselitismo angioino, ma non ci sono attestazioni per Fondi. Solo è noto un fra Giacomo de Fundis, il quale ottenne nel 1311 una provisio pro auxilio et favore contra iudeos, ossia l’autorizzazione a chiedere l’aiuto delle autorità civili nella caccia ai giudei e ai battezzati cripto-giudei.[6]

Per la fase finale della dominazione angioina non si hanno per ora notizie sugli ebrei a Fondi. Sono però noti ebrei provenienti da Fondi che vivono nel vicino Lazio. A Sermoneta nel 1426  Vita di Salomone accoglie la richiesta di  Melle Dactuli di Fondi, marito di sua figlia Gemma, e promette che dei 35 fiorini della dote (sommava in tutto 100 fiorini) avrebbe versato metà alla fine del primo anno di matrimonio e metà alla fine del secondo. Nella stessa località, il 28 dicembre 1434 Abramo di Mosè presta a Mosé  Liutii  di Abramo di Fondi 30 ducati d’oro e questi si impegna a restituirli il 4 gennaio 1435[7].

Nel 1452 i giudei che abitavano nelle terre del conte di Fondi ottennero da Alfonso I d’Aragona, nuovo signore del Regno, l’esenzione dal contribuire alle ammende che fossero imposte per eventuali delitti che gli altri giudei del Regno commettessero.[8] Nel 1475 anche ad essi fu ingiunto di prendere parte al donativo degli ebrei del Regno a Beatrice d’Aragona, figlia di Ferrante I, che andava sposa a Mattia Corvino, re d’Ungheria. Il conte di Fondi si mostrò restio ad accettare  l’imposizione per i suoi ebrei, ma la Camera della Sommaria ne ribadì l’obbligo.[9]

Per quanto concerne i rapporti delle autorità cittadine e della popolazione con i giudei, non sembra che ci siano stati attriti o episodi vessatori di particolare rilievo. Ma una norma inserita negli Statuti cittadini (Rubrica 112) vietava tassativamente ai giudei e ai macellai cristiani di vendere ai cristiani carni di animali stingastati, ossia macellati dai giudei. Per ogni singola trasgressione veniva comminata la multa di due tarì. Il divieto era di natura religiosa, perché si dice che è motivato «dalla riverenza verso Gesù Cristo e la religione cristiana»[10].

I rapporti economici erano normali. Nella seconda metà del XV secolo l’ebreo perugino Ventura di Abramo aprì in Fondi un banco di credito, che affidò al correligionario Aleuccio di Angelo di Francavilla. Ci è noto un viaggio di questi a Perugia nel 1492 per portare al suo principale il denaro  e i pegni  non riscattati rivenienti dall’attività del banco nel corso dell’anno precedente.[11] Un altro banco di credito era gestito da Ventura de Moise[12].  Quanto alla mercatura, i giudei fondani commerciavano di tutto, con clientele le più disparate. Ventura de Moise, per es., nel 1476 vendé del tartaro, usato come mordente in tintoria, al catalano Barthomeu Comprendon.[13]

Il 14 giugno 1494 la Camera della Sommaria accolse un ricorso presentato dai giudei di Fondi e ordinò a Ludovico d’Afflitto di prendere informazioni sulla querela e di provvedere perché i privilegi dei giudei fossero fedelmente osservati. Il ricorso riguardava certamente il recupero di somme date in prestito o sulle quali i giudei aveva diritto per negozi intercorsi con i cittadini; questi, come altrove nel Regno, si rifiutavano di onorare i loro debiti approfittando dell’aria di crisi sopravvenuta dopo la morte di Ferrante I d’Aragona (25 gennaio 1494). Ma la Regia Corte procedeva per la sua strada ed esigeva comunque dai giudei i loro contributi fiscali; i quali giudei, se non riscuotevano i  crediti, non potevano pagare le loro imposte. La Sommaria, infatti, aveva ordinato nello stesso 14 giugno al Viceconte di chiamare alla sua presenza i debitori dei giudei e di costringerli a pagare quanto dovevano.[14] Tre giorni dopo, un uguale ordine fu inviato al Viceconte di Fondi e ai capitani di Gaeta e di Eboli perché si adoperassero a favore di mastro Angelo di Gaeta, abitante a Napoli, per fargli recuperare le somme di cui era creditore nelle tre città.

La crisi politica era intanto precipitata con l’arrivo a Roma, il 31 dicembre 1494, di Carlo VIII di Francia, che stava marciando alla conquista di Napoli. Molte giudecche furono saccheggiate e parecchi ebrei fuggirono all’estero o cercarono rifugio in località  che sembravano  più sicure. Tra questi,  Ventura de Moise, il quale chiese di lasciare Fondi per trasferirsi  con la famiglia e gli averi a Gaeta. La richiesta fu accolta.[15]

Liberato il Regno dalla presenza di Carlo VIII, il nuovo re Federico II d’Aragona (1496) non poté godersi i frutti della vittoria e della pace perché  nel 1503 il Regno fu conquistato da Ferdinando il Cattolico di Spagna. Per i primi anni, la vita e le attività degli ebrei trascorsero normali. Nel 1501 è attestata a Fondi la presenza per affari di Salamone de Leo di Capua.[16] Nel 1509-10, i nuclei  giudaici che abitavano nella città erano tredici.[17]Si è ormai alla vigilia del decreto con cui nel novembre del 1510  Ferdinando il Cattolico mandò via dal Regno giudei e neofiti, accordando loro quattro mesi di tempo per alienare i beni e andarsene.  Pressoché tutti i giudei di Fondi devono aver subito ubbidito al decreto, perché nel registro fiscale del 1511 essi sono solo tre, a fronte di 458 fuochi cristiani.[18]

Nelle case abbandonate dai giudei si insediarono i cristiani, ma su due di esse, forse le più comode, e sugli immobili della sinagoga mise gli occhi l’Università cittadina, che le richiese a Prospero Colonna, nuovo signore di Fondi (1495-1523). Le due case  erano appartenute a Vitale de Zaccaria e ad Abraham de Consoli; per la prima, l’Università disse che sarebbe servita  per uso del maestro di scuola. Quanto agli immobili della sinagoga, affermò che ne aveva bisogno per varie necessità, in particolare per alloggiare i commissari e altri uomini di corte e per conservare le munizioni della città. Poiché alla petizione, come anche alle altre della serie, non segue la placitazione, non è possibile sapere se la richiesta sia stata esaudita, e in che misura. Da una successiva richiesta di conferma delle grazie concesse, si può tuttavia desumere che essa sia stata esaudita limitatamente agli stabili di Vitale de Zaccaria, che l’Università aveva adibito a deposito del sale e di altre cose.[19]

A tamponare i danni che sul piano economico avrebbe causato l’espulsione generale dei giudei e dei cristiani novelli, si emanò nel 1510 una terza prammatica, con cui si permetteva a duecento famiglie ebraiche delle più facoltose di restare nel Regno purché pagassero un tributo annuo di tremila ducati. Sotto l’egida di questa prammatica, molti giudei rimasero, altri ritornarono e molte comunità si ricostituirono. Fra quelli che partirono da Fondi è da annoverare  Leo di Angelo, designato nel 1530 dalla comunità romana collettore della tassa di  Monte Agone  e  Testaccio[20]. Un altro emigrato era Ventura di Sabato, prestatore di denaro già nel 1535 a Terracina. Questi emigrati, comunque, non mancavano di venire per affari nella città dalle loro nuove residenze. Così nel 1535 Ventura di Isacco di Terracina, abitante a Sessa, si obbliga in Cori a restituire entro due anni nella città di Fondi 200 ducati «de Regno» ricevuti in mutuo amichevole da Emanuele di Salomone di Veroli. Questo Ventura è lo stesso che dotò con 130 ducati, di cui 20 in panni, la sorella Perna figlia di Isacco Boni Anni di Fondi, andata sposa in Cori a Raffaele del fu Amadio.[21]

L’espulsione dal regno di Napoli messa in atto da Carlo V nel 1541 provocò la diaspora definitiva dei giudei fondani, i quali però posero la loro dimora in località non molto distanti da quella d’origine. Troviamo così i fratelli Mosè, Ventura ed Elia, figli di Graziano di Fondi, prestatori di denaro a San Lorenzo nel 1542, i primi due a Vallecorsa nel 1543, Elia in società con Gabriele di Angelo di Sermoneta a San Lorenzo nel 1549, il solo Ventura a Vallecorsa nel 1552.

Assai attivo come banchiere era il già menzionato Ventura di Isacco Boni Anni di Fondi, il quale nel 1541 aprì a Terracina, insieme con Beniamino di David, anch’egli di Fondi, un banco di prestito.  Nel 1548 egli si trasferì con il suo banco a Palestrina, in società questa volta con il cognato Raffaele di Amadio. A Terracina furono autorizzati nel 1544  a prestare denaro per tre anni Angelo di Sabbatuccio Boni Anni di Fondi e David di Mordocho; nel 1543 erano attivi a Tivoli come banchieri Sabatuccio de Gaudio di Fondi con il suocero  Consilio di Salomone, e mastro Angelo de Gaudio  de Fundis  con il nipote  Sabatuccio di Beniamino, anch’egli di Fondi. Nel 1553  Elia e Sabbatuccio di Ventura di Elia di Fondi  ricevettero licenza triennale per prestare in Segni; nel 1543 Ventura di Elia e il figlio Elia erano stati incaricati di raccogliere dai giudei delle province pontificie la speciale tassa imposta per la guerra contro i luterani di Germania.  Altri ebrei fondani sono attestati a Roma, Cori, Sermoneta. Da notare che anche dopo l’espulsione del 1541 gli ebrei dalla vicina Terracina continuavano ad aver rapporti d’affari con i cittadini di Fondi. Così, nel 1554 fu ordinato agli ufficiali di Campagna, Terracina e Fondi di non intervenire con rappresaglie e sequestri contro l’Università e i cittadini fondani su richiesta di Ventura e suo figlio Sabbato di Terracina a motivo di una debito non pagato, perché solo il Camerlengo aveva l’autorità di applicare rappresaglie e il caso doveva essere trattato dinanzi alla sua corte.[22]

Della plurisecolare presenza ebraica in Fondi, tramanda ancora oggi la memoria il toponimo  Giudea nel quartiere dell’  Olmo Perino, all’interno del centro storico.[23] Il cimitero dei giudei fondani dovrebbe identificarsi con la “terra delli giudei”, sita lungo l’Appia per Terracina, presso San Giovanni di Ponte Selce. Di questa terra, dell’estensione di un tomolo ( circa 3.300 mq.),  in una Sacra Visitatio del 1599 si dice che apparteneva alla chiesa collegiata di Santa Maria, alla quale era stata data dai giudei.[24]

Bibliografia: G. Carnevale,  Le Giudea di Fondi, Fondi 1981; Id.,  La Giudea, Fondi 1997; C. Colafemmina, Gli ebrei a Fondi, in  Fondi tra antichità e medioevo. Atti del Convegno (31 marzo – 1 aprile 2000), a cura di T. Piscitelli Carpino, Fondi 2003, pp. 307-336; Sh. Simonsohn,  The Apostolic See and the Jews. Documents, Toronto 1989-1991; K. Stow,  The Jews in Rome, Leiden 1995-1997.


[1] Cf. M. Forte,  Fondi nei tempi, Casamari 1972.

[2]D. Noy, Jewish inscriptions of Western Europe, vol. I, Italy (excluding the City of Rome), Spain and Gaul),Cambridge 1993, pp. 35-36, n. 19.

[3]M. Guarducci,  Iscrizione imprecatoria da Sperlonga, in «Atti dell’Accademia Nazionale dei Licei. Rendiconti», serie VIII, 15 (1960), pp. 3-7.

[4]Cf.  I Registri della Cancelleria Angioina, XXIII, a cura di R. Orefice De Angelis, Napoli 1971, p. 27, n. 149.

[5]Statuta Universitatis Fundorum, rub. 151.Cf. M. Forte,  Statuti medievali e rinascimentali della città di Fondi, Fondi 1992, p. 312.

[6]N. Ferorelli,  Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al XVII secolo,  Torino 1915, p. 67.

[7]M. T. Caciorgna,  Presenza ebraica nel Lazio meridionale, in «Quaderni dell’Istituto di Scienze Storiche dell’Università di Roma» 2 (1983), p. 155, n. 4; p. 156, n. 10.

[8] Fonti Aragonesi, III, a cura di  B. Mazzoleni, Napoli 1963, p. 21.

[9]ASNa, Sommaria, Partium 11, f. 175v.

[10]Cf. M. Forte,  Statuti medievali cit., pp. 264-266.  Il verbo  stingastare, con le più esatte varianti sciangastare  e  sciattare,  deriva dall’ebraico  shachat, che vuol dire “macellare, scannare gli animali secondo il rito ebraico”.

[11]A. Toaff,  The Jews in Umbria. 1484-1736, Leiden 1993-1994, III, pp. 1052-1053,  n. 2008 (28 dicembre 1492).

[12]Cf. ASNa, Sommaria, Partium 41, f. 194v (17 gennaio 1495).

[13] F. Patroni Griffi,  Scritture contabili dal «Giornale» strozziano del 1476, in «Sefer Yuhasin» 3(1987), p. 73.

[14]ASNa, Sommaria, Partium 39, ff. 97v-98r, 162r-v.

[15]ASNa, Sommaria, Partium 41, ff. 193v; 194v (17 gennaio 1494).

[16]ASNa, Sommaria,  Partium 52 I, f. 168r.

[17]ASNa, Sommaria,  Tesorieri e Percettori di Molise 870/2, f. 280r.

[18]ASNa, Sommaria,  Tesorieri e Percettori di Terra di Lavoro 5/4, f. 46v.

[19]Sunt ista capitula diversarum rerum, III, 14; IV, 8: M. Forte,  Statuti medievali cit., pp. 372, 374, 377.

[20]Sh. Simonsohn,  The Apostolic See and the Jews. Documents, Toronto 1989-1991, IV, n. 1498.

[21]G. Pesiri,  Appunti sulla comunità ebraica di Cori tra la fine del XV secolo e la prima metà del XVI (1496-15469, in «Ypothèkai» 3 (1987), nn. 1-2, p. 52, nn. 63 (20 maggio 1535) e 64 (21 maggio 1535), nota 16.

[22] Cf. Simonsohn,  The Apostolic See and the Jews  cit., VI, p. 2933, n. 3229.

[23]Cf.  G. Carnevale, E. Rotunno,  Alcune notizie storiche sugli Ebrei a Fondi, in «La Rassegna Mensile d’Israel» 41 (1975), pp. 79-89.

[24]Cf. Sacra visitatio totius Fundanae dioecesis ab ill.mo et r.mo episcopo Joanne Bap.ta Comparini peracta, anno 1599, a cura di D. Lo Sordo, C.Macaro, G.Pesiri. Prefazione di L. Mancini. Introduzione di M. Forte, I, Marina di Minturno 1981, pp. 157-158.

Geolocation