Foligno

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Foligno

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Foligno (פוליניו)

Sita sul margine orientale della Valle Umbra e sulla sinistra del Topino.

Anticamente Fulginium, fu città umbra. Secondo la divisione geografica rinascimentale faceva parte del ducato di Spoleto. Libero comune della Lega guelfa dell’Umbria, inclinò talvolta verso i ghibellini, provocando le vendette di Perugia. Nel 1305, la famiglia Trinci, messasi a capo dei guelfi di F., assunse il  dominio della città, con l’avallo dei vicari apostolici di F., Nocera e i territori limitrofi; nel 1439, la città tornò sotto il diretto dominio del papa.

Un Ebreo, Salomone di Elia, veniva menzionato in un documento del 1325  come dimorante a F. ; meno di vent’anni dopo, veniva ricordata una società di feneratori di F., composta dallo stesso Salomone e da Aronne di Aleuccio, Salomone di Bonaventura e Musetto di Elia.[1]

Dall’inizio degli anni Sessanta del secolo, compariva nei documenti Mele di Salomone, attivo nel prestito a F.,  dove affittava una casa; nel 1367, venivano menzionati Abramo di Vitale e Vitale di Beniamino che anch’essi prendevano in affitto un alloggio nella città;  tre anni più tardi, figurava a F. anche Daniele di Beniamino.[2]  Nella seconda metà degli anni Settanta, troviamo a F. anche Vitale di Elia e Deodato di Mele di Salomone, impegnato nel prestito.[3]

Nel 1380, oltre a Mele di Salomone e al  figlio Bonaventura, risultava a F. anche Sabato di Vitale.[4]

A partire dal 1384, Bonaventura di Mele compariva in una serie di documenti relativi al prestito a privati.[5]

Dal 1384,  compare accanto a Bonaventura anche il fratello Salomone, resident a F. e impegnato nel prestito.[6] In un documento del 1385, Salomone veniva menzionato come Magister Salomone.[7]

A partire dalla metà degli anni Ottanta circa, Bonaventura e Salomone di Mele e il nipote Gaio di Deodato comperavano e vendevano case e terreni a F. e dintorni.[8] 

All’inizio degli anni Novanta,  risultavano sciogliere la società che avevano Daniele di Beniamino  e Daniele di Abramo, Ebrei di F., mentre Guglielmo di Abramo, anch’egli residente a F., formava una società commerciale (non meglio specificata) con due cristiani di F. e un Ebreo, di cui veniva specificata l’origine romana, Ventura di Aleuccio di Ventura, veniva menzionato come residente nella città.[9]

Nel 1393, compariva Salomone di Abramo, come residente nel quartiere di Contrastanga, dove già Bonaventura di Mele aveva acquistato una casa; anche Guglielmo di Abramo abitava nel quartiere.[10]

Nel 1411, Guglielmo di Abramo risultava prestare a privati, ma, due anni dopo, riceveva una condotta per Todi ; in seguito lo troviamo a Spoleto, col soprannome di “Zucchero”.[11]

Da un documento del 1431, risulta che gli Ebrei avevano pagato all’inquisitore francescano il contributo che erano soliti pagare per il salario e le spese dell’inquisitore. [12]

Nel 1437, fa la sua comparsa Salomone di Matassia, noto come “Zucchero”, Ebreo di F., che riceveva ( e in seguito restituiva) un prestito di notevole entità da un cittadino di F.[13]

Nel 1438, risultava avere banco a F. Manuele di Elia da Imola.[14]

Nel 1439, una condotta veniva stipulata tra il Comune e gli Ebrei di F., che non venivano menzionati per nome.[15] Nel 1445, i Priori di F., visto il bisogno della popolazione,  si rivolgevano agli Ebrei per far loro riprendere l’attività creditizia, ma gli Ebrei, dato che non erano stati rispettati i patti del 1439, non ritenevano di poter continuare la loro attività. I Priori, ritenendo che la ragione fosse dalla parte degli Ebrei, stipulavano  una nuova condotta. Gli Ebrei di F. menzionati nella condotta erano: Salomone di Matassia, noto come “Zucchero”, Manuele di Magister  Gaio e il padre Gaio, Abramo di Ventura di Perugia, Consiglio di Dattilo, Magister  Gaio di Guglielmo e Consiglio di Vitale da Foligno. Sino allo spirare della condotta gli Ebrei sarebbero stati equiparati  ai cittadini di F. nel diritto civile e criminale; inoltre, venivano esentati da ogni tipo di tassazione e potevano spostarsi liberamente per la città e il distretto, senza pagare pedaggi;  erano obbligati, tuttavia, a versare al Comune 50 fiorini annuali, alla festa del patrono della città, S. Feliciano[16]; inoltre, erano tenuti a concedere al Comune, una volta all’anno e qualora richiesti,  un prestito senza interesse di 50 fiorini. L’interesse era del 36% per cifre superiori ai 2 fiorini, mentre per cifre inferiori era del 40%; se il prestito era contratto con forestieri, veniva lasciato alla libera contrattazione tra le parti.

La durata della condotta era lasciata alla decisione del Comune e  dei feneratori, che potevano annullarla consensualmente.  Nel 1451 venivano inclusi nella condotta anche Aleuccio di Elia da Imola e il figlio Leone, dietro pagamento di un contributo annuale di 10 fiorini.[17]

Nel 1456, anche per far fronte all’esborso straordinario richiesto da papa Callisto III per la flotta che intendeva armare contro i Turchi, veniva concessa una nuova condotta agli Ebrei di F., in cui  si accordava loro il permesso di vendere la carne macellata ritualmente ai macellai cristiani, di avere un cimitero e una sinagoga in città.[18]

Magister  Salomone di Matassia, noto come “Zucchero”, gestiva un banco feneratizio dal 1457.[19]

Nel 1459, Dattilo di Aleuccio da Rieti, cittadino di F., nominava Leone di Angelo, anch’egli residente a F., direttore e amministratore del suo banco feneratizio.[20]

Nel 1463, si teneva una seduta del Consiglio dei Priori di F., in cui si dibatteva il da farsi dopo la scomunica data dal vescovo alle autorità cittadine, perché avevano stipulato una condotta feneratizia con gli Ebrei; veniva approvata la proposta, avanzata da uno dei Priori, di formare un comitato di sei cittadini per prendere provvedimenti, d’accordo col vescovo, per sopperire al fabbisogno della popolazione locale meno abbiente, vigilando, al tempo stesso, sugli Ebrei perché non esportassero i pegni fuori della città.

L’anno successivo, durante la predicazione quaresimale, un frate, probabilmente Jacopo della Marca,  esortava i cittadini a comprare i pegni non riscattati che rimanevano in mano ai feneratori ebrei. 

Nel 1469, il capo dei Priori di F. riferiva ai colleghi che il frate francescano Fortunato Coppoli da Perugia nelle sue prediche sosteneva che le autorità cittadine erano in peccato mortale perché permettevano la continuazione del prestito ebraico; come possibile soluzione veniva avanzata la proposta di formare un comitato di quattro cittadini che collaborassero col frate, onde salvare  le autorità dal peccato mortale.[21]

Nello stesso anno (1469), Magister  Salomone di Matassia, detto “Zucchero”, faceva parte dei rappresentanti della comunità ebraica del ducato di S. che nominavano due procuratori per rappresentarli presso il vice tesoriere e il vice camerlengo della Camera Apostolica di Roma, probabilmente in relazione al ritardo nel pagamento della vigesima imposta da papa Pio II. [22]

Nel 1471, in seguito alle pressioni del frate francescano Fortunato Coppoli, veniva istituito a F. il Monte di Pietà.[23]

 Due anni più tardi, su ordine podestarile venivano arrestati (per ragioni che ignoriamo) Magister Leone di Aleuccio da Imola, Angelo di Musetto da Todi, Elia e Aronne, figli di Magister  Salomone ( “Zucchero”).[24]

Dagli anni Settanta del secolo, sono attestati alcuni acquisti di vigne da parte di Ebrei.[25]

Dalla metà degli anni Settanta, Samuele di Dattilo da Perugia ricorre in alcuni documenti attestanti prestiti a privati, senza che sia menzionato un banco; anche Angelo di Musetto di Camerino ( o da Todi) prestava a privati dal 1476.[26]

Nel 1478, i Priori di F. ribadivano l’obbligo del segno distintivo.

Quattro anni più tardi, il rappresentante del legato provinciale, dietro sollecitazione di Angelo di Musetto da Camerino, portavoce della comunità ebraica di F., confirmava ai macellai cittadini il permesso di macellare ritualmente la carne e venderla agli Ebrei, come in passato, ad onta delle disposizioni contrarie che fossero contenute nei nuovi regolamenti cittadini.[27]

Nel 1484 Angelo di Musetto di F. e Ventura di Abramo da Perugia, a nome degli Ebrei dell’Umbria, promettevano al tesoriere della Camera Apostolica di pagargli entro brevissimo tempo  i 500 ducati della vigesima imposta dal papa per la crociata contro i Turchi, ottenendo di essere scarcerati.[28]

Nel 1487, in seguito alle prediche di fra Bernardino da Feltre, veniva inviata al Consiglio cittadino una lettera anonima con la richiesta della cessazione del prestito ebraico e dell’espulsione degli Ebrei. Nello stesso giorno, ad Angelo di Musetto da Camerino veniva ordinato di cessare l’attività feneratizia (che veniva dichiarata proibita ad ogni Ebreo), mentre gli sarebbe stato concesso di rimanere se lo avesse voluto. L'anno successivo, Angelo, facendo testamento, tra l’altro, lasciava 50 soldi al Monte di F.[29] L’attività creditizia di Angelo, tuttavia, continuava, verso l’inizio del XVI secolo, anche sotto la forma di vendita fittizia.[30]

Nel 1493, il francescano Felice da Perugia, che  predicava in duomo durante la Quaresima, interveniva contro il prestito ebraico in una seduta del Consiglio cittadino.[31]

Le conversioni attestate nel XV secolo sono, nel 1479, quella di Angelo (non meglio identificato), che prese il nome di Feliciano Francesco Sisti  e di Elia di Magister  Salomone ( detto “Zucchero”), che assunse il nome di Pietro Gaspare, e, nel 1497, quella di un Ebreo (identificato solo come figlio di Leone), che prese il nome di Girolamo.[32]

Nel 1504, gli Ebrei di F. tentavano di sottrarsi al pagamento della tassa per i giochi dell’Agone e Testaccio, mentre avevano provveduto al pagamento delle altre tasse, come la vigesima.[33]  

Da un documento del 1539, risulta che ananel (Nello) da F. di Angelo era attivo nell’acquisto di grano a F. e a Orvieto.[34]

Dal 1541, compare nei documenti il feneratore di F. Camillo, che era figlio di Angelo di Musetto e fratello di ananel da F.[35]

Nell’elenco degli Ebrei umbri chiamati a contribuire alla tassa per i giochi dell’Agone e Testaccio, stilato nel  1565 a F., figuravano tra i contribuenti della città Angelo di Isacco Supino e Abramo di Leone da Recanati. Due anni più tardi, Angelo, a nome della comunità fulginate, nominava Giuseppe di Orso da Montagnana e Dattilo di Signorello da Perugia loro procuratori, dandogli l’incarico di recuperare a favore di un feneratore umbro parte del denaro sborsato per la Casa dei Catecumeni.[36]

Nel 1569, in seguito alla bolla Hebreorum gens di papa Pio V, venne decretata l’espulsione degli Ebrei da F.[37]

La partecipazione degli Ebrei alle fiere delle varie località umbre, tra cui F., anche dopo il decreto di espulsione,  è ben documentata; tre anni dopo tale decreto, il feneratore fulginate Camillo di Angelo perorava la causa degli Ebrei di Pesaro che volevano recarsi alla fiera di F.[38]

Verso la metà degli anni Ottanta del secolo, veniva concesso il ritorno agli Ebrei di alcune città umbre, tra cui F.[39]

Nel XVI secolo è attestata solo la conversione di una ragazza, che, nel  1525, passava alla fede cristiana,  prendendo il nome di Maddalena ed entrando nel convento di S. Benedetta ad Assisi.[40] Il più noto dei convertiti di quel secolo fu il sunnominato ananel da Foligno, che prese il nome di Alessandro Franceschi.[41]

Attività economiche

Oltre all’attività feneratizia, gli Ebrei di F. furono attivi nel commercio degli abiti e della stracciaria.

Nel 1463, Salomone di Angelo da Imola e Leone di Angelo, ambedue residenti a F., fondavano una società   per vendere indumenti, in cui avrebbe dovuto lavorare anche un figlio di Salomone, che era sarto.[42]

Nel 1471, Dattilo di Aleuccio da Rieti e Elia di Magister  Salomone di Matassia, detto “Zucchero”, e la  madre di Elia, Rinozza, costituivano una società di validità decennale per la vendita degli abiti usati e della stracciaria. [43]  Dalla metà degli anni Settanta del XV secolo troviamo alcuni documenti relativi al commercio di indumenti.[44] Nel 1482, Abramo di Salomone da Matelica risultava in contatti commerciali con mercanti milanesi, che gli fornivano indumenti di vario colore.[45]

Sinagoga

Dal lascito testamentario di Mosè da Terni (Spoleto, 1461) si apprende dell’esistenza di una sinagoga a F., di cui non era specificata l’ubicazione.

Nella lista delle sinagoghe che nei territori della Chiesa pagavano la tassa alla Casa dei  Catecumeni romana, nel 1569, figurava anche la sinagoga di F., sebbene avesse cessato di funzionare svariati anni prima. [46]

Bibliografia

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews; Toaff, A., The Jews in Umbria, 3 voll. Leiden, New York, Köln 1993-1994. Simonsohn, Some Well-Known Jewish Converts in the Renaissance, REJ 148 (1989), pp. 17-52.


[1] Toaff, The Jews in Umbria, docc. 111, 165.

[2] Ivi, docc. 216, 224, 228, 229, 237. Mele di Salomone  ricorre in più documenti : docc. 224,  255, 282, 283, 286, 293.

[3] Ivi, 257, 285

[4] Ivi, doc. 293.

[5] Ivi, docc. 326, 327, 328, 329, 330, 331, 332, 333, 334, 335, 345, 348, 352, 353, 354, 355, 357, 358, 360, 361, 362, 368, 369, 370, 371, 372, 373, 374, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 381, 382, 383, 386, 387, 388, 389, 390, 391, 393, 395, 396, 401, 402, 403, 404, 405, 406, 409, 410, 411, 412, 413, 414,415, 416, 417, 418, 419, 420, 421, 422, 423, 424, 425, 428, 429, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 443, 444, 445, 446, 447, 448, 449, 450,  451, 453, 454, 457, 462, 520, 522, 523, 525, 530, 538, 555, 586, 593, 595, 618, 638, 639, 642. Nel 1410 Bonaventura di Mele prometteva di restituire entro un anno  a un cittadino di F.  una somma considerevole, facente parte di un prestito con un mercante di Assisi che viveva a F. Bonaventura aveva come garanti un cristiano e tre Ebrei , che  vincolavao beni mobili e immobili a garanzia della restituzione del prestito. Ivi, doc. 678.

[6] Ivi, docc. 336-337, 343, 346, 349, 350, 351.

[7] Ivi, doc. 455.  La famiglia di Salomone di Mele, che godeva della protezione di  papa Bonifacio IX cominciò ad assumere una posizione di spicco, grazie al suo banco feneratizio, di cui sono attestate le operazioni creditizie con o senza ipoteca, ma non i prestiti fatti al Comune o i prestiti su pegno. Su Salomone, in seguito residente a Rimini e coinvolto in un’accusa di libertinaggio con donne cristiane, v. Simonsohn , The Apostolic See, docc. 488, 489. Per i dettagli relativi al giro di denaro del banco v. Toaff, The Jews in Umbria, Introduction, p. XIX.

[8] Ivi, docc. 356, 397, 408, 432, 442, 456, 629.

[9] Ivi, docc. 513, 531, 534.

[10] Ivi, docc. 356, 554, 591. Ebrei a Contrastanga sono menzionati anche in un documento del 1484. Ivi, doc. 1879.

[11] Ivi, docc. 685, 710, 769.

[12] Sensi, M., “Ebrei finanziatori dell’inquisizione”, Collectanea franciscana, 45 (1975), pp. 269-273, p. 272.

[13] Toaff, The Jews  in  Umbria, docc. 923, 942.

 

[14] Ivi, doc. 937.

[15] Ivi, doc. 963.

[16]   Ivi, doc. 1064. Nel 1450 figura tra gli Ebrei di F. Abramo di Angelo da Camerino che, a nome degli  Ebrei residenti nella città, pagava ai Priori i 50 fiorini d’oro che costituivano ilcontributo ebraico al palio di S. Feliciano. Troviamo attestazione dell’avvenuto pagamento di  50 fiorini d’oro in occasione della festa di S. Feliciano anche nel 1492. Nel 1496, nel 1497, invece, la cifra pagata era di 60 fiorini  V. ivi, docc. 1131, 1990, 2044,  2059

[17] Ivi, doc. 1064, 1155.

[18] Ivi, docc. 1221, 1222.

[19] Ivi, docc. 1237, 1272, 1410.

[20] Ivi, doc,. 1285.

[21] Ivi, docc. 1366, 1384, 1500.

[22] Ivi, doc. 1509.

[23] Ivi, docc. 1577, 1578, Ghinato, A. “Un propagatore dei Monti di Pietà del ‘400: P. Fortunato Coppoli da Perugia, O.F. M. (m. 1477)”, Rivista di storia della Chiesa in Italia, X (1956), pp. 193-211, p. 207.

 

[24] Toaff, The Jews in Umbria, doc. 1636.

[25] Ivi, docc. 1650, 1668, 2001.

[26] Ivi, docc. 1671, 1691, 1748, 1706, 1859, 1918.

[27] Ivi, docc. 1756, 1818.

[28] Ivi, doc. 1861.

 

[29] Ivi, docc. 1921, 1922, 1939.

[30] Ivi, docc. 1944,1968, 1989, 2002, 2020, 2021, 2032, 2038, 2039, 2058, 2067, 2070, 2080, 2097, 2098, 2116. Verso la fine del XV secolo, sono attestati acquisti di case e terreni da parte di  Angelo di Musetto acquistava case e terreni.Ivi, docc. 2071, 2074, 2075, 2077, 2078, 2079, 2081, 2082, 2084, 2146.

       

 

[31] Ivi, doc. 2014.

[32] Ivi, docc.  1759, 1765, 2062.Elia (alias Pietro Gaspare) , per non essere imprigionato per i debiti che aveva con un cittadino di F., ricorreva a un altro cittadino di F. come garante, mentre l’altro convertito ( Francesco Feliciano Sisti) pagava per lui una parte del debito. Ivi, doc. 1765.

[33]  Ivi, doc. 2150; nel 1523, Angelo di Musetto da Camerino era in disaccordo sulla sua quota di tasse per l’Agone e Testaccio. Ivi, doc. 2344

[34] Ivi, doc. 2415. Su ananel (Nello) da F., v. alla voce “Spoleto”.

[35] Toaff, The Jews in Umbria, docc. 2428, 2438, 2479, 2631.

[36] Ivi, docc. 2650, 2651, 2672.

[37] Ivi, Introduction, p. XXXVI.

[38] Ivi, docc. 2708, 2721, 2786; cfr. ivi, Introduction, p. XL.

[39] Ivi, Introduction, p. XXXVII; Loevinson, Banques de prêts, p. 57.

[40] Ivi, doc. 2353.

[41]  Simonsohn, Some Well-known Jewish Converts, pp. 31s.

 [42] Toaff, Ivi, doc. 1378.

[43] Ivi, doc. 1585. Sulla  concessione per l’esercizio del commercio di indumenti e della tintura, rilasciata a Dattilo e soci, v. Simonsohn, The Apostolic See and the Jews , doc. 944.

[44] Toaff, The Jews in Umbria, docc. 1702, 1821,1829.

[45] Ivi, doc. 1821; cfr. ivi, Introduction, p. XXXIX.

[46] Ivi, doc. 1327; Stern, M., Urkundliche Beiträge  űber die Stellung der Päpste zu den Juden, Kiel 1893, pp. 144-145; cfr. Toaff, Il vino e la carne, Bologna 1989, pp. 114-116.    

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