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Provincia di Gorizia. Posto tra Versa e Indrio, alle pendici meridionali delle colline del Coglio, il centro è di origine romana e, dopo svariate vicende, nel XIII secolo passò alla contea di Gorizia, con la quale fu devoluto poi alla Casa d'Asburgo. Venezia, che subentrò al Patriarcato, contese aspramente C. a quest’ultima e operò lo smantellamento del vecchio borgo baronale che già nel XV secolo aveva ricevuto un riconoscimento della propria autonomia comunale e dei propri Statuti.
Gli ebrei si stabilirono a Cormons, provenendo dal Veneto o dalla contea di Gorizia[1] e la loro presenza è attestata da un documento del 1569, riguardante la supplica dei Comuni di C., Mariano e Medea a Carlo Arciduca d'Austria, perché rinnovasse i provvedimenti contro gli ebrei qui sex solidos pro quolibet ducato mutuato singulo mense recipiunt et per auctionem bona obligata rusticorum distrahunt[2]: nello stesso anno l'Arciduca ordinò al capitano di Gorizia di prendere provvedimenti contro gli usurai[3]. I particolari relativi alle immunità e alle autorizzazioni concesse agli israeliti per stabilirsi a C. sono contenuti in un documento del 1779, in cui viene menzionato un privilegio dell'Arciduca, concesso nel 1565 a Graz e confermato, poi, nel 1597 e, successivamente, dalla Camera di Graz nel 1629[4]. La presenza ebraica nel 1565 presumibilmente va limitata a due famiglie, escluse dall'espulsione dello stesso anno, decretata dall'Arciduca Carlo, che a sua volta rinnovava il decreto di Ferdinando I del 1554[5]. Infatti, dalla documentazione del 1779, risultava che gli ebrei avevano dichiarato di essersi stabiliti a C. in forza del diploma del serenissimo Carlo arciduca nell'anno 1635, stato riconosciuto dal governo di Gorizia li 28 giugno 1710[6] .
Al privilegio del 1597, invece, fa eco un altro documento coevo, attestante la stipulazione di una condotta tra le autorità e Ioseph del fu Salamon, banchiere agente a nome proprio e dei fratelli Benedetto ed Elia. Da tale documento si deduce che già Salamon si era stabilito a C. con la famiglia cinquant'anni prima[7], guadagnandosi, insieme ai suoi discendenti, la stima dei cormonesi. Nella condotta, di cui sopra, gli ebrei si dichiaravano disposti a soggiacere a tutti gli oneri legittimi che sarebbero stati loro imposti e a fenerare al prezzo convenuto. Per contrastare la denuncia presentata, nel 1766, al consiglio capitanale dal primo arcivescovo di Gorizia contro il prestito su pegno, gli ebrei dovettero produrre i privilegi che li autorizzavano a esercitare la loro attività e presentarono una copia dell'arciducale del 1597, redatta dal notaio Francesco Nigris[8]. Nel 1599 Ioseph del fu Salamon e fratelli, ottennero, oltre al rinnovo delle loro prerogative, anche la facoltà di vendere e acquistare immobili nella terra di C.[9] e nel 1607, il conte Raimondo della Torre, giusdicente di C., concesse la dimora e l'esercizio del banco alle quattro famiglie ebraiche lì residenti ( Salamon e il figlio Moisè, Iacob, Caliman e Gabriel con la figlia), a patto che sborsassero 12 ducati d'argento[10], 6 per il permesso di residenza e 6 per l'esercizio del banco[11]. Nonostante un ordine emanato dagli Stati Provinciali nel 1629, contro l'imposizione di ulteriori tassazioni agli ebrei di C., in aggiunta alle gravezze cui erano già sottoposti, i documenti reperiti fanno allusioni a tributi suppletivi, insieme ai rinnovi delle concessioni[12].
Nel corso del XVII secolo gli ebrei continuarono a pagare i 12 ducati annui e una prima testimonianza dell'uso del toponimo come cognome si ha in una stele funeraria del 1601, riferentesi a Giuseppe da C., da identificare, presumibilmente con il Ioseph di Salamon, titolare della condotta del 1597[13]. Tra gli scarsi documenti disponibili del XVII secolo, se ne trova uno del maggio 1658, anno in cui Simone, Ventura ed Abramo chiesero al vicario del giusdicente l'autorizzazione ad impegnare una braida per avere maggiore disponibilità di liquido, con cui far fronte all'attività del banco in quel periodo dell'anno[14]. Quattro conversioni sono documentate nel Seicento: una, nel 1604, di Zuane, battezzato dopo essere stato catecumeno per quaranta giorni[15], un'altra, nel 1605, del ventiseienne Joannes Bonifatius Tranquillus del fu Salamon, tenuto a battesimo dai conti della Torre[16] e una terza del diciottenne Felix Fortunatus, servitore di Joannes di Salomone, ebreo di Sacile[17]. Un’ulteriore conversione ebbe luogo nel 1682, quando il sessantenne Rafaele Marchiano rabbi delli hebraei di Cormons inspirato da Dio doppo convinto della Scritura sacra, adimando d'essere batezzato, prendendo il nome di Adalberto Maria[18]. Un' ulteriore conversione si registrò nel 1726, quando l'undicenne Antonio Francesco Carlo Morpurgo, presumibilmente della Comunità di Gorizia o di Gradisca, venne qui battezzato[19].
Nel XVIII secolo è attestata una controversia tra gli ebrei e C., circa l'aumento della tassazione che i cormonesi cercavano di imporre contro il privilegio ebraico. Ne seguì un processo, nel 1737, in cui gli israeliti riuscirono a tutelare i propri diritti, esibendo il privilegio relativo. La sentenza conclusiva del processo non è rimasta, ma, dal lieve aumento del contributo pagato, trent'anni più tardi, si deduce che si fosse addivenuti ad una soluzione accettata da ambo le parti[20]. Nonostante l'abolizione ufficiale dei banchi di pegno nel 1767, gli ebrei di C. proseguirono l'attività feneratizia, provocando la reazione della città che si appellò alle autorità per l'istituzione di un Monte di Pietà, subito intrapresa[21]. In base alla legislazione di Giuseppe II, che aveva eliminato la Leibmauth o "muda corporale", la liceità della tassa che dovevano pagare gli ebrei di C. fu sottoposta dal Governo di Trieste a Vienna, ricevendo, nel 1783, la risposta che essi erano tenuti a pagarla in quanto costituiva Schutzgeld o denaro dovuto per la protezione e non Leibmauth, purché il giusdicente mostrasse l'origine e la legittimità della prestazione. Nel 1785 il Governo di Trieste comunicò a Vienna che il conte della Torre aveva potuto avanzare solo i diritti urbaniali e quelli giurisdizionali sulla località. In base a ciò gli ebrei di C. cercarono di essere esentati dalla tassazione relativa all'esercizio dei banchi feneratizi, ormai soppressi, ma le autorità triestine sostennero che la tassa in questione era da intendersi per la "protezione signorile" circa la permanenza a C. e per l'esercizio del banco, inteso, però, come "commercio di cambio" e non di pegni. Tale deliberazione era, presumibilmente, più un cavillo per legalizzare la riscossione dell'imposta che non la legittimazione del banco come "commercio di cambio". Allo stato attuale delle ricerche, non è nota la conclusione di questa vertenza[22]. Nel corso del XIX secolo, la Comunità ebraica di C. si assottigliò sempre più, secondo la generale tendenza a trasferirsi a Gorizia o a Trieste[23].
Demografia
Dati precisi rispetto agli ebrei di C. si trovano in un'inchiesta del 1764 (in ottemperanza al sovrano rescritto di Maria Teresa del 1763), da cui risulta che erano 17, ovvero 11 uomini e 6 donne, suddivisi in quattro famiglie: di Moisè e di Iacob del fu Salamon Cormon, degli eredi di Gabriel e di Benedetto del fu Caliman Cormons[24]. Dall'elenco redatto nel 1779 dai capi della Comunità di Gorizia, risulta che non si trovavano a C. ebrei espulsi dallo Stato Veneto, dopo le disposizioni del 1777; inoltre, gli israeliti di C. erano diminuiti (arrivando a 12) e la famiglia di Moisè del fu Salamon Cormons non figurava nell'elenco[25]. Negli anni Novanta risultavano essersi trasferiti a Gorizia Lazzaro Cormons e famiglia, Anselmo Richetti e i discendenti di Moise Cormons, che, in base alle disposizioni della patente di Giuseppe II del 1787[26], avevano assunto il cognome di Herzenau.
Attività economiche
Dalla condotta del 1597 risulta che gli ebrei erano autorizzati a fenerare al 25% annuale o a 5 bezzi[27] per ducato al mese e a redigere i bollettini e a vendere all'incanto i pegni non riscattati, non prima di quindici mesi da quando erano stati impegnati[28]. Dall'inchiesta del 1764, emerge che gli ebrei si occupavano della filatura della seta, della produzione di acquavite e di canape e corami. Possedevano una bottega di rigattiere e banchi di pegno e altre simili industrie note apresso l'ebraismo[29]. Nel 1733 Ventura di Cormons chiese agli Stati Provinciali l'autorizzazione a poter aprire una fabbrica di carte da gioco[30]. In un elenco di coloro che si occupavano della trattura della seta, redatto nel 1758, figuravano attivi nel ramo: Moise del fu Salamon Cormons (4 fornelli), Benedetto Cormons (2 fornelli), Iacob Cormons (4 fornelli) e Mazo Richeti (1 fornello)[31]. Nell'elenco delle occupazioni ebraiche del 1779, figuravano anche lo smercio di corami e caneppe a vicini sudditi venetti[32].
Quartiere ebraico
Nel Catasto giuseppino non viene menzionato un ghetto a C.; tuttavia, è tramandata la memoria dell'esistenza di un piccolo quartiere ebraico ( nell'attuale piazza Patriarchi), corrispondente alle tre case abitate dagli Ebrei, di cui una, a suo tempo, era presumibilmente la sede del banco[33].
Bibliografia
Del Bianco Cotrozzi, M. , Gli ebrei a Cormons dal Cinquecento alla fine dell'Ottocento, in Studi Goriziani LXV (gennaio-giugno 1987), pp. 31-64.
Ioly Zorattini, P.C., Insediamenti ebraici, in Miotti, T. ( a cura di), Castelli del Friuli, vol. VI - La vita nei castelli friulani, Udine 1981, pp. 125-145.
Morelli Di Schonfeld, C., Istoria della Contea di Gorizia, vol. I, Gorizia 1855 ( ristampa anastatica Gorizia 1972).
[1] Del Bianco Cotrozzi, M., Gli ebrei a Cormons dal Cinquecento alla fine dell'Ottocento", p. 32; la presenza ebraica a C. e menzionata anche da Ioly Zorattini, P.C., Insediamenti ebraici, p. 132.
[2] Archivio Storico del Comune di Cormons, Miscellanea di atti in fase di riordino, citato in Del Bianco Cotrozzi, M., op. cit., p. 33, nota7.
[3] Ibidem.
[4] Cfr. ivi, p. 33.Il documento del 1779 si trova in Archivio di Stato Di Trieste, Inclito Regio Governo per il Litorale in Trieste, Atti amministrativi di Gorizia (1754-1783), Governo, b. 7, fasc. 59, cc.n.n., 27 settembre 1779) citato ibidem, nota 8.
[5] Sulle due espulsioni, cfr. Morelli Di Schonfeld, C., Istoria della Contea di Gorizia, vol. I, Gorizia 1855 ( ristampa anastatica Gorizia 1972), p. 151; sul decreto di espulsione di Ferdinando I del 1554, e sui successivi rinnovi, cfr. Cova, U., Un privilegio degli ebrei delle contee di Gorizia e Gradisca: il godimento di diritti reali su beni immobili, in Mitteilungen des ”sterreichischen Staatsarchivs, XXXVII(1984),pp. 120-148, p. 122, citato in Del Bianco Cotrozzi,M., op. cit., p. 33, nota 9.
[6] Cfr. Archivio di Stato di Trieste, Inclito Regio Governo per il Litorale in Trieste, Atti amministrativi di Gorizia (1754-1783), b.7, fasc. 59, cc. n.n., 27-1-1779, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 45, nota 47. Non è chiaro se si tratti dello stesso documento menzionato alla nota precedente della presente voce, dato che la data di quello risultava essere 27 settembre 1779. Anche i capi delle Comunità ebraiche ebbero ordine di stilare nel 1779 un analogo elenco, presentando gli attestati degli antichi privilegi e segnalando l'immigrazione di nuove famiglie. Ibidem.
[7] Cfr. ivi, p. 34.
[8] Cfr.Archivio di Stato di Trieste, Cesareo Regio Consiglio Capitaniale delle unite Contee di Gorizia e Gradisca (1754-1777), consiglio, b. 44, cc. 101r-102v, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 36, nota 16.
[9] Archivio storico del Comune di Cormons, Miscellanea. Il documento in questione è una copia notarile autenticata risalente al 23 novembre 1629, citato in Del Bianco Cotrozzi, nota 17. Il diritto ebraico a possedere immobili continuava anche nel XVIII secolo; per ulteriori dettagli, cfr. ivi, pp. 52-60.
[10] Il ducato corrispondeva a lire sei; ducati, fiorini, lire e soldi costituivano il conteggio della valuta nelle contee. Cfr. Archivio Storico del Museo di Gradisca , schedario Patuna, Eggenberg, n. 54; sec. XIX, n. 41, 44, 59. Il fiorino corrispondeva a lire 5, soldi 5 e 15. Citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 37, nota 18.
[11] Anche di questo documento non è rimasto l'originale ed il suo contenuto è desunto da un atto notarile del 1741, concernente il rinnovo della concessione della grazia impartita alli Ebrei di ditto loco di stanziare, abbitare, praticare, far mercanzia e tener banco in tal Signoria.L'atto notarile in questione viene desunto, a sua volta, da una copia redatta nel 1786 dal cancelliere della Comunità di C., citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 37, nota 19.
[12] Cfr. ivi, p. 37.
[13] La stele si trova al Museo Nazionale Concordiense di Portogruaro; risulta, tuttavia, difficile stabilire la provenienza della lapide stessa, dato che il cimitero ebraico di Portogruaro sembra risalire ad un'epoca posteriore. In mancanza di dati univoci, sono state avanzate delle ipotesi: 1) che a Portogruaro esistesse un cimitero ebraico anteriore a quello attestato nel 1620 e che Giuseppe da C. vi sia stato sepolto per motivi familiari o personali; 2) che la lapide sia stata trasportata successivamente per motivi tutt'ora ignoti. L'attuale mancanza di notizie su altre lapidi sepolcrali della famiglia Cormons solleva l'interrogativo sul luogo dove gli ebrei di questa località seppellissero i defunti. Per ulteriori particolari relativi alla controversa questione, cfr. Del Bianco Cotrozzi, p. 38, nota 24.
[14] Cfr. Blasutic, P.G., Raccolta di documenti riguardanti Cormons, pp. 112-113, opera manoscritta in cui l'autore iporta prevalentemente atti dell'archivio parrocchiale del duomo di S. Adalberto e degli archivi del Colombicchio e Del Mestri (questi ultimi attualmente non più reperibili); cfr. Ciceri, L., Carmonis ruralia, in Cormons, numero unico per il 51.mo congresso della Societa Filologica Friulana, Doretti, Udine 1974 (d'ora in poi Cormons (S.F.F.), p. 178, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 39, nota 27.
[15] Cfr. Blasutic, op. cit., p. 36, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 39, nota 28.
[16] Blasutic, op. cit., pp. 36-37, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 39, nota 29.
[17] Archivio parrocchiale di S. Adalberto-Cormons, lib. II, cc.nn., n. 753, n. 856 e n. 857, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 39, note 28-29-30.
[18] Blasutic, op. cit., p. 29, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 40, nota 31.
[19] Blasutic, op. cit., p. 30, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 40, nota 32.
[20] Cfr. ivi, p. 41.
[21] Ivi, p. 46.
[22] Ivi, pp. 50-51.
[23] Ivi, p. 61.
[24] Ivi, p. 42. I Richetti (Riquety), d'origine sefardita, iniziarono ad essere attivi nella trattura della seta a C. prima del 1764, ma probabilmente vi si stabilirono tra gli anni Settanta e gli anni Novanta del XVIII secolo. Cfr. ivi, p. 44.
[25] Ivi, p. 45. Cfr. nota 5 della presente voce. Va segnalato, tuttavia, che tali dati demografici sono contraddetti dall'Individual Ausweis, redatto qualche mese dopo, che segnala 17 ebrei a C., suddivisi in quattro famiglie: di Benetto Cormons, di Lazaro Cormons, della vedova Barsabea Cormons con il fratello ( o cognato) Moisè, di Consiglio Richetti.Cfr. Ivi, p. 47.
[26] Tale patente imponeva agli ebrei di assumere un cognome, esclusi i cognomi ebraici e quelli designanti la località d'origine; le nubili avrebbero usato li cognome del padre e le coniugate quello del marito. cfr. ivi, p. 48, nota 62. Anche Benetto Cormons, rimasto a C., cambiò, in seguito alle disposizioni giuseppine, il cognome in Pincherli. Cfr. ivi p. 49.
[27] Il bezzo era una antica moneta veneziana del valore di mezzo soldo (6 denari). Ivi nota 5, p. 34.
[28] Ibidem.
[29] Ibidem.
[30] Cfr. A.S.P.G.(=Archivio Storico Provinciale Gorizia), Incliti Stati di Gorizia e Gradisca, b R 27, ff. 28-35, citato in Del Bianco Cotrozzi, p. 43.
[31] Ibidem.
[32] Secondo la Del Bianco Cotrozzi quest'ultima attività era vista, in questo periodo, con particolare favore, in quanto il contrabbando con i sudditi del Friuli Veneto era considerato particolarmente proficuo e ad esso partecipavano anche i commercianti ebrei. Cfr. ivi, p. 45, nota 49.
[33] Ivi, p. 54.