Spilimbergo

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Spilimbergo

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Spilimbergo (ספילימברגו )

Provincia di Udine. Posto sulla riva destra del Tagliamento, era chiamato anticamente Spengenberg, ma fu designato anche con la denominazione di Bibium o Ribium e fu tenuto in dominio feudale dai signori di Spilimbergo, per passare , in seguito, sotto l’autorità veneziana, come tutto il Friuli.

Il primo documento rimastoci sulla presenza degli ebrei a S. risale al  1474, quando Bortolussio del fu Matteo Fagutini di Cosa acquistò da Simon ebreo una serie di oggetti[1].  Altri atti notarili attestano che detto Simon, oltre ad esercitare l’attività feneratizia, gestendo il banco di S., si occupava di commercio, tra cui anche quello di cereali e di animali[2].

Data la scarsità dei documenti, solo dopo più di un secolo ne troviamo uno attestante la condotta di ebrei a S. per esercitarvi il prestito[3]. Nel 1590, in una vertenza  tra il giusdicente del luogo, il conte Antonio di Spilimbergo, e  Ioseph Marsili o Marsilio e fratelli, per un debito contratto dal conte, figura per la prima volta questa famiglia ebraica, che avrebbe gestito il banco sino alla fine del XVIII secolo e oltre.

Prima di tali accenni ai Marsilio resta attestata solo la conversione al cristianesimo di tale Allegra che, con il nuovo nome di Anna Cecilia , sposò ser Rizzardo fiolo naturale de ser Lunardo da Fanno[4].  

Agli inizi del XVII secolo fu concessa una condotta dalle autorità di Spilimbergo a Calimano Sacerdoti e Iseppo Marsilio, rinnovata dieci anni dopo, nel 1611, ad Abramo del fu Calimano Sacerdoti e ai fratelli di Iseppo Marsilio, Salamone, Moisè e Salvatore[5].

La condotta del 1611 consentiva agli ebrei l’esercizio del prestito su pegno e ogni altra attività praticata dal resto degli abitanti di S., una norma alquanto eccezionale per l’epoca[6].

 Alla fine del XVII secolo, i signori di S. rinnovarono alla famiglia “Seravale” (Saraval) la condotta per altri dieci anni in prova d’aggradimento del servitio di più di un secolo prestato fedelmente[7].  Da tale osservazione, posta in calce al testo, si evince che anche i Seraval dovevano aver fatto parte del nucleo originario dei feneratori ebrei, incontrato all’inizio del secolo.

Dal punto di vista insediativo, sembra che gli ebrei abitassero vicino alla pubblica piazza e, cioè, in un luogo dove solevano transitare le processioni: tuttavia, pare che non fossero stati fatti tentativi per farli trasferire altrove. L’uso della berretta gialla, come segno distintivo, era in vigore anche a S., ma la stessa poteva essere sostituita con la nera in caso di  viaggio[8].

Anche dopo le restrizioni imposte dalla Ricondotta del 1777, gli ebrei di S. continuarono a rimanere nella località, grazie alla protezione dei giusdicenti: pertanto, nel 1788, risiedevano qui cinque famiglie, per un totale di circa 24 persone. Si trattava delle famiglie di Anselmo, Moisè e Salamon Saravalle (che abitavano “unite nel ghetto”) e di quelle di Manasse Gentili e di Marchetto Marsilio (non ammesse al ghetto perché di recente  immigrazione). Il “ghetto”, ovviamente, non lo era in senso vero e proprio, ma, probabilmente, era un insieme di abitazioni comunicanti tra loro, che restavano tali anche dopo la chiusura dei portoni esterni.

Quanto alle attività economiche, sappiamo che i Saraval esercitavano il prestito, i Gentili avevano in affitto una braida di sei campi del conte Paolo di Spilimbergo, mentre Marchetto Marsilio commerciava in biave, che vendeva , a quanto si evince da una testimonianza locale al miglior prezzo di tutti gli altri[9].

Bibliografia

Ioly Zorattini, P. C., Gli Ebrei a Spilimbergo, in Spilimberc (Società Filologica Friulana), Numero Unico, Udine 1984, pp. 137-140.


[1] Archivio di Stato di Pordenone (=A.S.P.N.) Fondo notarile antico, b. 8155, notaio Remedio, c.19v., 14 aprile 1474, citato in Ioly Zorattini, P.C., Gli Ebrei a Spilimbergo, p. 138, nota 1. 

[2] Ivi, nota 2. Stante la documentazione pubblica alquanto lacunosa, gli atti del notaio Remedio sono, attualmente, l’unica fonte a disposizione per  ipotizzare che la presenza ebraica a S. risalisse  all’ultimo trentennio del XV secolo.  

[3] Si tratta di un documento del 1579, custodito in  B.C.U., Archivium Civitatis Utini, t.E I, Elemosine, S. Eugenio, Esenzioni, Ebrei, c. 140v., citato in ivi, p. 138, nota 6.

[4] A.P.S.M.M.S., b XV, Ebrei, c. 170r, 20 ottopbre 1538; cfr. Liber Baptizatorum ab anno 1534 usque ad annum  1603, p. 10 nuova numeraz., citato in  ivi, p. 137,  nota 5.

[5] Cfr. Archivio della Parrocchia di S. Maria Maggiore di Spilimbergo  (=A.P.S.M.M.S.), b. XV, Ebrei, cc. 173r-176v., citato  in ivi, p. 138, nota 8. 

[6] Ivi, p. 139.

[7] Cfr. A.P.S.M.M.S., b XV, Ebrei, cc. 127r-128r ( il doc. attualmente non risulta nel fasc. Ebrei della b. XV), citato in ivi, p. 139, p. 10.

[8] Cfr. ivi, p. 139; sulla berretta gialla e sulla possibilità di sostituirla con quella nera, cfr. A.P.S.M.M.S., B. XV, Ebrei , c. 174v., citato in ivip. 139 n. 14.

[9] Ivi, p. 140.

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