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S. Vito al Tagliamento ( סן ויטו על טלימנטו)
Provincia di Udine. Posto sulla riva destra del Tagliamento, insiste su di un’area abitata già in epoca preistorica e, per tutto il Medioevo, fu legato al Patriarcato di Aquileia.
Il primo documento attualmente disponibile sulla presenza ebraica a S.V. è una della deliberazioni del Consiglio della locale Comunità, in cui risulta segnalata, nel 1565, la presenza di ser Conseio hebreo banchier[1] che, nonostante un tentativo di cacciata da parte del Patriarca, rimase attivo nella località, ottenendo il rinnovo della condotta che, alla sua morte, passò ai figli ed eredi (1577)[2].
Può darsi che non vi siano stati rinnovi di condotta successivamente, se, dieci anni dopo, il podestà di S. V. faceva presente che, in assenza di feneratori locali, la popolazione era costretta a chiedere prestiti altrove e, quindi, ad un tasso molto alto (30%) e, pertanto, proponeva di ricondurre gli ebrei previa fissazione di un tasso di interesse del 12,50%[3]. Nello stesso anno (il 1587) veniva approvato il rinnovo della condotta dei figli di Consolo di Porto Sacerdote, a patto che il tasso di interesse fosse del 12,50 % per i locali e del 20% per i forestieri[4]. Da una supplica dei figli di Consilio, l’anno successivo, si evince che prestava a S.V. anche un altro ebreo, tale ser Leon, probabilmente Leon Romanin[5]. Il primo testo rimastoci di una condotta risale però al 1597, quando il Comune stipulò i patti con tale Abramo[6].
L’anno precedente il prete Giovanni Ricca di S.V. , processato per bestemmie eretiche, confessava di aver giocato con un Abram de S. Vido a scacchi nella sua bottega …per passar l’otio[7].
Nel 1608 s’insediava a S.V. il banchiere Mosè Belgrado, con la famiglia e, tre anni dopo, il figlio ventottenne di un calegaro locale, Leandro Tisano, si convertiva all’ebraismo, fuggendo a Salonicco, per evitare guai con la giustizia, mentre il S. Uffizio istruiva un processo contro Mosè Belgrado, accusato di aver indotto tale conversione. Nel 1614 il Belgrado risultava aver abbandonato la località per stabilirsi a Cento a gestirvi un banco feneratizio[8].
I Belgrado e i Romanin abitavano nella contrada di Codamala, in prossimità della piazza principale e della chiesa parrocchiale, ma nel 1618 gli ebrei ricevettero ordine di spostarsi, entro un mese, dal centro, cercando un’altra abitazione in loco remoto. Nonostante le proteste da parte ebraica, l’ordine fu confermato, sotto pena di 200 ducati[9].
Il nucleo ebraico di S.V. risultava, all’epoca, composto da Rafael Alpron (scapolo), da Salamon Romanino e famiglia e da Conseo del fu Anzolo Porto Sacerdote e famiglia.
Verso la metà del XVII secolo il banco di pegno, prima gestito dai Porto Sacerdote e, poi, dai Romanin, passò a Iacob Leoncino (Leonzino) e ai suoi eredi. Dopo essere fallito, sotto la gestione di Iseppo Leoncini, esso divenne oggetto di un contenzioso che si risolse con una condotta in cui venivano chiamati a co-gestirlo il medico Leon Romanin e Anselmo Cividal Gemelli e soci, da Venezia[10].
Nel 1687 Leon Romanin si rivolse al Consiglio comunale per chiedere che venisse concesso un luogo ove inumare gli ebrei, visto che il cimitero di Portogruaro, di cui si erano serviti sino a quel momento, era ormai giunto a saturazione. Gli venne concesso un pezzo di logo per cimiterio da sepelir li suoi morti e tutti gl’altri Hebrei habitanti in questa Terra[11]. Il terreno era posto nei boschi del Comune, che il Romanin aveva in affitto, i Boschi della Man di Ferro e delle Code, ubicati in prossimità della frazione di Torrate e la durata della concessione era subordinata alla presenza dei banchi feneratizi nella località[12].
Il cimitero, dove vennero sepolti gli ebrei di S.V. e anche di altre zone, entrò definitivamente in possesso dell’Università degli Ebrei (anziché in affitto) nel 1765, quando Samuel Vita del fu Leon Romanin lo acquistò dal Comune. Verso il 1798 la Comunità ebraica presumibilmente si sfaldò, come attestano le donazioni di alcuni membri della famiglia Romanin alla Congregazione di S. Filippo Neri di Venezia[13].
Oltre che attivi nel prestito, gli ebrei di S.V. furono anche medici. Moisè del dr. Leone Romanin si addottorò in filosofia e medicina a Padova nel 1646; Leon di Moisè Romanin veniva licenziato in chirurgia nel 1739 e Samuel Vita di Leone Romanin lo fu nel 1758[14].
Bibliografia
Ioly Zorattini, P.C., Note e documenti per la storia dei Marrani e Giudaizzanti nel Veneto del Seicento, in Michael. On the History of the Jews in the Diaspora, Publications of the Diaspora Research Institute (1972), pp. 326-341.
Ioly Zorattini, P.C., L’ “Università” degli Ebrei di S. Vito al Tagliamento e il suo antico cimitero, in Studi Forogiuliesi in onore di C. G. Mor, Udine 1983, pp. 223-238.
Ioly Zorattini, P.C., Processi contro ebrei e giudaizzanti nell’archivio del S. Uffizio di Aquileia e Concordia, in Deputazione di storia patria per il friuli, Memorie storiche forogiuliensi, vol. LVIII, 1978; pp. 133-145.
Modena, A.– Morpurgo, E., Medici e chirurghi ebrei dottorati e licenziati nell’università di Padova dal 1617 al 1816, Bologna 1967.
Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982-1986.
[1] A.S.C. S.V.T., Deliberazioni del Consiglio, 1565-1579, c. 5r, 1 aprile 1565, citato in Ioly Zorattini, P.C., L’ “Università” degli Ebrei di S. Vito al Tagliamento e il suo antico cimitero, p. 233. Ioly Zorattini segnala che la serie delle deliberazioni del Consiglio della Comunità è lacunosa e, dopo un primo registro del 1528, in cui non si trovano notizie relative ad ebrei nella località, si passa a un registro del 1565, in cui, come si è visto, è menzionato Conseio. Tuttavia, una presenza ebraica in loco doveva esserci almeno sin da prima del 1562 se, dopo il fallimento del tentativo del patriarca Giovanni Grimani di istituirvi un Monte di Pietà, gli ebrei continuarono a tenere il banco feneratizio. Cfr. Altan, A., Memorie storiche della Terra di Sanvito al Tagliamento, Venezia… 1832, rist. Anast. Bologna, Forni 1976, p. 32, citato in ivi, p. 233, nota 2.
[2] Secondo un documento del 1567, Conseio va identificato con Consilio del fu Habraam di Porto Sacerdote, residente nel territorio di S. Vito, sotto la giurisdizione del patriarca di Aquileia, la cui figlia Corona sposò Mandolino de Ottolengo di Lodi. Cfr. Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, III, doc. 3379. Per il tentativo di cacciata di cui si ignorano ulteriori particolari, cfr. A.S.C.S.V.T., Deliberazioni del Consiglio 1565-1579, reg. 1567, c. n.n ., 13 maggio 1566; per il passaggio del banco ai figli, cfr. c.n.n., 10 ottobre 1577, citati in Ioly Zorattini, P.C., L””Università” degli Ebrei di S. Vito, p. 224, note 6 e 7.
[3] Ioly Zorattini, P.C., L’”Università degli Ebrei di S. Vito, p. 224.
[4] A.S.C. S.V.T., Deliberazioni del Conssiglio 1579-1592, reg. 1587, c. 23 r e v, 16 agosto 1587, citato in ivi, p. 224, nota 9.
[5] A.S.C.S.V.T., Deliberazioni del Consiglio 1579-1582, reg. 1588, c. 73r, citato in ivi, p. 225, nota 11.
[6] A.S.C.S.V.T., Deliberazioni del Conssiglio 1592-1628, reg. 1596-1598, c. 39r e v., 27 maggio 1597, citato in ivi, p. 225, n. 12.
[7] Ioly Zorattini, P.C., Processi contro ebrei e giudaizzanti nell’archivio del S. Uffizio di Aquileia e Concordia, p. 135.
[8] Il Belgrado, dopo essere rimasto un paio d’anni in carcere a Bologna, veniva rilasciato, dietro cauzione, per insufficienza di prove, mentre il Tisano veniva condannato alla scomunica maggiore, alla confisca di tutti i beni e alla perpetua infamia per non essersi presentato, malgrado i reiterati ordini, al S. Uffizio. Anche se dai documenti processuali non emerge con chiarezza il ruolo degli ebrei nella conversione del Tisano, sembra, tuttavia, che Mosè Belgrado avesse favorito la fuga del giovane a Venezia e, da qui, a Salonicco. Cfr. Ioly Zorattini, P.C., L’”Università degli Ebrei di S. Vito al Tagliamento, p. 226; vedi anche, Idem, Note e documenti per la storia dei marrani e giudaizzanti nel Veneto del Seicento, pp. 326-327 e Idem, Processi contro ebrei e giudaizzanti, pp. 135-138.
[9] A.S.C.S.V.T., Deliberazioni del Consiglio 1592-1628, reg. 1617-1618, c. 37 v.-38r, 13 maggio 1618, in Ioly Zorattini, P.C., L’”Università” degli Ebrei di S. Vito al Tagliamento, p. 227, nota 18.
[10] Ivi, pp. 227-229.
[11] A.S. C. S.V.T., Deliberazioni del Consiglio 1681---1695,reg. 1687, cc.nn., 20 aprile 1687, citato in ivi, p. 232, nota 40. Per l’uso del cimitero di Portogruaro, vedi alla voce “Portogruaro” della presente opera.
[12] Ioly Zorattini, P.C., L’”Università” degli Ebrei, p. 232.
[13] Cfr.A.S.C.S.V.T., Civilium Villarum Terrae Sancti Viti,b.63
(1798-99), c.nn., 20 dicembre 1798, citato in ivi, p. 233, n. 44.
[14] Modena, A., -Morpurgo, E., Medici e chirurghi ebrei dottorati e licenziati nell’Università di Padova dal 1617 al 1816, p. 46; p. 88; p. 115.