San Daniele del Friuli

Titolo

San Daniele del Friuli

Testo

San Daniele del Friuli (סן דניאלה)

Provincia di Udine. Posto su di un colle, presso l'anfiteatro morenico del Tagliamento, fu un insediamento romano e dopo essere stato Comune per qualche tempo, venne aggregato dal patriarcato di Aquileia, nel 1036, al parlamento di Udine. Nel 1219, divenne feudo di alcuni nobili, detti appunto di S. D. e, a metà  del secolo XIII, per rinuncia di Asquino di Varmo, passò sotto la diretta dominazione patriarcale. In seguito, si alternarono a S. D. il dominio aquileiese, i nobili di S.D. e Varmo. Dopo essere stata legata politicamente a Udine, si diede nel 1420 alla Repubblica veneziana, che lo cedette poi al patriarca Lodovico Scarampo Mezzanotte. S. D. rimase, così, sino al 1751, sotto il dominio del Patriarcato di Aquileia, con cui fu sempre in lotta più o meno aperta. Nella guerra tra Venezia e l'imperatore Massimiliano I, all'inizio del secolo XVI, ebbe a soffrire dei due avversari, ma, ristabilita la signoria veneziana, seguì le vicende della Serenissima.

La prima notizia attendibile circa lo stanziamento ebraico a S.D. risale al 1523 e fa riferimento alla presenza di Simon Nantua hebreo et Beneto suo fiolo, habitanti nella Terra nra di S. Dan.[1]. Dal documento si rileva che Simon Nantua[2]  si fosse già insediato in precedenza a S.D., dove esercitava l'attività feneratizia[3]. Nel 1548, tale Moisè di Donato voleva sostituirsi a Simone, ma il Comune gli preferì quest’ultimo, stabilendo il principio, poi inserito in quasi tutte le condotte, per cui il feneratore accettato ad esercitare il prestito, ne detenesse anche il monopolio per il periodo del suo insediamento nella località. Dopo aver ricevuto l'assicurazione di rinnovo quinquennale della condotta, Simone promise di trasferirsi stabilmente a S.D. con la famiglia, lasciando Udine, dove presumibilmente aveva relazioni di affari. Sempre in quell'anno, un commesso di Simone gli sottrasse dei pegni ed altro, adducendo il pretesto di volersi fare cristiano, e Simone, appellatosi al Patriarca di Aquileia a Venezia, ricevette giustizia[4] .

Verso la metà degli anni Sessanta, si fece sempre più sentire l'ostilità di alcuni consiglieri comunali contro la  presenza di Simone, ostilità che sfociò in un decreto di espulsione, poi annullato, grazie all'intervento del Patriarca, ricredutosi sulle voci calunniose contro il feneratore, che l’avevano indotto ad acconsentire, in un primo momento, a cacciarlo[5].

Dieci anni dopo questo episodio fu, invece, il Consiglio ad esprimersi in favore della presenza del banco gestito da Simone, mentre il Patriarca si dichiarò contrario[6].

Del periodo che va dal 1574 al 1588 non restano documenti: Simone risultava morto, il banco chiuso e, al suo posto, era subentrata una forma di prestito suggerita dal Patriarca, di esito presumibilmente fallimentare, dato che, nel 1588, il Consiglio chiamò il figlio del Nantua, Benedetto, ed il fratello Lazzarino a gestire il banco feneratizio.

Sappiamo che gli ebrei di S.D., nel 1590,  non avevano obbligo di portare alcun segno distintivo, ma, al contrario, era loro permessa la berretta nera portata dagli altri cittadini. Risale a tre anni più tardi l'ordine di confisca delle proprietà immobiliari acquistate dagli israeliti locali, decretato dal Luogotenente generale della Patria del Friuli[7]. All'incirca nello stesso lasso di tempo, Benedetto stipulò a Venezia un accordo con altri correligionari per aumentare il capitale del banco di S. D.: nel documento vengono menzionati come creditori Caliman e Jacob Belgrado e come debitori i cognati Iseppo Luzzatto fu Abram e Isac Nantova di Benedetto, il quale agiva per il padre[8].

Nel 1598 troviamo una denuncia contro le donne ebree di S. D. che tengono scuola di putti e putte, alli quali insegnano legere et cusire, cosa che succede con scandali e malesempio universale...[9], ma un sopralluogo a sorpresa fatto per l’occasione non portò a nessun risultato e lo “scandalo” fu sedato.

Negli anni Novanta, due figli di Benedetto Nantua si convertirono al cristianesimo,  uno entrando in un ordine di stretta clausura. Verso la fine del secolo, sembrerebbe esservi stata un’altra conversione, quella di un’anonima ebrea sposatasi con un forestiero il giorno che si battezzò[10].

Nel 1616 compariva come feneratore a S.D. Abram Luzzatto[11], ma nel 1620 il  Consiglio, prendendo a pretesto l’usura eccessiva, decise di proibire il prosieguo dell’attività e della presenza a S.D. dei feneratori (i fratelli Luzzatti e Simon Nantoa), con le relative famiglie. Gli ebrei si recarono, pertanto, dal Patriarca di Aquileia che revocò il provvedimento, concedendo loro di continuare a fenerare nella località: ne risultò un conflitto tra i privilegi del Consiglio e quelli del Patriarca, ricomposto solo l’anno seguente per intervento del Senato Veneto, che delegò il Luogotenente a Udine ad esaminare il caso.

In base al capitolo della Condotta che imponeva un anno di preavviso in caso di scioglimento del “contratto” tra le due parti, fu stabilito che gli ebrei lasciassero la località  nel 1623[12].

Intanto, nel 1622, la figlia di Simon Nantua si era convertita al cristianesimo, venendo tenuta a battesimo dalla comunità ed essendo dotata di 200 ducati[13]: circa un anno dopo, il padre fuggiva da S.D., senza lasciare traccia[14].

Nel 1624 iniziarono le trattative per la nuova condotta e il Consiglio rivendicò il diritto di decidere autonomamente in fatto di feneratori ebrei, ottenendo due anni dopo la concessione del Patriarca: [..] che si puossa dalla Com.tà fare la condotta delli Hebrei, come si fa anco a S.Vito col solito censo alla corte Patriarcale[15].

Al proclama di concorso per la gestione del banco  risposero prontamente i fratelli Abramo e Benedetto Luzzatti, con una lettera, in cui dichiaravano:Però noi sudetti desiderosi di continuare et conservare la buona memoria di nostri antennati li promettiamo in questo carico fedeltà,[...] [quali] persone nate in questa terra, che in vita loro hanno esercitato questo carico in cotesto luoco, che sono sempre pronti ad ogni minimo cenno sparger la vita ed il proprio sangue in servicio di questa  m.ca communità[16]. La condotta con i fratelli Luzzatti era di durata quinquennale e fu presumibilmente rinnovata sino al 1641[17].

Nella prima metà del XVII secolo si registrarono altre due conversioni: una di un non meglio identificato "Giovane ebreo", cui il padrino donò 50 ducati e l’altra di un Rabbino degli Ebrei fatto Cristiano, che aspirava a farsi sacerdote[18].

Nel 1650, al rinnovo della condotta, fu stabilito che gli israeliti pagassero annualmente una tassa di lire 100 alla Comunità e che, come  segno distintivo, portassero una cordella gialla sopra il cappello negro o Berretta, da cui erano esentati dal Patriarca, previo donativo alle “Pizocchere della Terra”(laiche che portavano la veste religiosa)[19].

Meno di venti anni dopo, diatribe interne ed episodi di intolleranza da parte della popolazione (cui si oppose il Patriarca con un proclama), turbarono la vita della Comunità, contribuendo, tra l'altro, ad indebolire il banco e la posizione economica ebraica:; pertanto, solo dopo esitazioni, fu stipulata, nel 1674, la condotta con i figli di Benedetto Luzzatto, Raffaele e Isacco.

Nel 1676 compare per la prima volta a S.D. Gioel Gentile, un membro della famiglia Gentilli (Hefez) d'origine triestina, subito contrastato nel suo desiderio di insediarsi nella località da Abram Luzzatto[20].

Nel 1679 la condotta fu rinnovata ai fratelli Luzzatto, alle condizioni del 1626, con l'aggiunta dell'imposizione una tantum dell'offerta di dieci ducati al Comune: l'attività feneratizia restò in mano a questa famiglia per tutto il XVII secolo (nella ricondotta del 1696 veniva ricordato che i banchi concessi erano solo due, come in passato, gestiti dai due fratelli Luzzatto)[21]

All'inizio del XVIII secolo, i documenti recano traccia dei tentativi di imporre agli ebrei  gravami finanziari, cui essi cercavano di sottrarsi. Nel 1707 fu poi proibito loro di far lavorare nei giorni festivi i dipendenti cristiani che aiutavano nell'allevamento dei bachi da seta, attività gestita, ancora una volta, dalla famiglia Luzzatto[22].

Nel 1712 fu stipulata l'ultima condotta feneratizia, in cui si nota che erano state introdotte clausole che danneggiavano economicamente gli ebrei[23]: lamentele contro l’ingrandirsi della comunità ebraica, comprendenti anche il progetto di una nuova sinagoga, contro l’eccessiva familiarità con i cristiani, contro l’aumento delle proprietà e delle attività ebraiche (connesse sia al prestito che al commercio) e l’esonero dalle tasse, portarono ad un tentativo di rompere gli accordi, cui, però, si oppose il Patriarca[24].   

Qualche anno dopo il Consiglio d'Arengo decretò che gli israeliti non potessero ricevere in affitto campi e prati e che, dato che gli altri mercanti pagavano il dazio sui cereali venduti di sabato, essi lo pagassero sulle vendite del mercoledì[25].

Nel 1719 il Maggior Consiglio dei XII, lamentando la tendenza ebraica a scegliersi abitazioni anco ne sitti più ragguardevoli et ove suol nelle processioni portarsi il Venerabile[26], deliberò di vietare agli ebrei di prendere in affitto altre abitazioni oltre a quelle in cui già dimoravano[27]. Inoltre, impedì loro di gestire negozi all’infuori di quelli di stracciarollo, una disposizione mitigata, in seguito, dal permesso di tenere anche negozi di stoffe e di salumi, previo pagamento di 10 ducati annui[28]. Qualche mese più tardi, l'Università[29] si oppose alla tassa recentemente istituita di 1 soldo per ogni misura di grano venduta, offrendo, invece, di pagare un bezo (cioè 6 denari) per ogni staro di biada venduto il mercoledì[30].

Dopo l'istituzione del Monte di Pietà, nel 1714, e la conseguente chiusura del banco feneratizio[31], la situazione economica degli ebrei si fece più difficile.

Negli anni Venti del XVIII secolo, fu proposta al Patriarca l'istituzione del ghetto a S.D., che non fu realizzata, mentre qualche tempo dopo, il Patriarca impose agli ebrei di non allontanarsi dalla località  senza permesso[32].

Il XVIII secolo segnò un periodo di ostilità  nei confronti degli israeliti: nel 1731 vennero accusati di continuare a prender terre e campi in affitto con pregiudicio notabile della povera cittadinanza[33] e il Patriarca, che aveva tergiversato in precedenza, decise ora di compiacere il Consiglio, limitando a soli tre anni la concessione di locazioni agli ebrei[34].

Circa sei anni dopo, il Patriarca avallò le decisioni dell’Arengo sul divieto di locazione agli ebrei (prese anni prima), provocando reazioni da parte della popolazione, che traeva parte del suo sostentamento dall’affitto percepito[35]. Tuttavia, dai documenti notarili sembra che i decreti non fossero applicati rigidamente o fossero aggirati, grazie alla stipulazione di contratti di enfiteusi con alcuni signori del paese, con ecclesiastici e con forestieri[36].

Nel 1754 il Consiglio, rifacendosi alle varie proteste, propose una serie di misure restrittive, tra cui la proibizione di uscire di casa durante la Settimana Santa e di usare manodopera cristiana in giorno festivo, in particolare per scavare le fosse per seppellire i morti[37].

Da documenti della seconda metà del secolo risulta che gli ebrei dovevano allora pagare una tassa per la guardia ai Rastelli (o guardia straordinaria, che veniva messa in caso di epidemia o di guerra), nonché una contribuzione d'avena, prima alla Corte Patriarcale e, cessato il dominio di quest’ultima, al Reggimento di Udine[38].

Nel 1762 furono imposte agli ebrei di S. D. le limitazioni prescritte dal Senato Veneto soprattutto sul commercio dei cereali, facendone precipitare la situazione economica al punto che, l'anno successivo, dietro perorazione del “Gastaldo Giurato e Comunità”, il Luogotenente permise loro, a titolo provvisorio, di commerciare in cereali, previo pagamento di 50 ducati alla “fiscal camera”[39]. Nello stesso anno (1763), su istanza dei Cattaveri veneziani, fu compilato l’elenco degli ebrei di S.D. e fu ordinato di presentare i documenti legittimanti la presenza ebraica in loco. Risultando solo i Luzzatto intestatari dell’originaria condotta, i Gentilli, i Sullam e i Lolli furono costretti a chiedere il permesso di rimanere nella località.

Cinque anni dopo, fu inviata ai Cattaveri  l’ultima condotta del 1712, non più rinnovata dopo l’istituzione del Monte, con la conseguenza che la presenza ebraica era tollerata de facto[40].    

Nel 1766 fu imposto il pagamento dell’imposta per il mantenimento dei banchi veneziani anche agli ebrei di S.D[41].

Nell’ultimo trentennio del XVIII secolo si convertirono qui due ebrei, dei quali non è documentata l’identità, e  Abramo di Salomone Luzzatto, quindicenne, che abbracciò, in seguito, la carriera ecclesiastica[42].

Dopo il decreto della Serenissima del 1777, e rimasta senza seguito la proposta di istituire un ghetto a S.D. del 1767, ad ogni capo-famiglia ebreo fu comunicato il mandato di espulsione. L'anno seguente, dopo un vano tentativo di opporsi al provvedimento da parte della Comunità, i suoi membri lasciarono la località, rifugiandosi a Gorizia e, soprattutto, a Trieste[43]. Su  richiesta della popolazione, rimase, nella sua qualità di medico, il dottor Isacco Luzzatto, che, nel 1779, si recò dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria, ottenendo per gli esuli di S.D. il permesso di stanziarsi nei villaggi austriaci[44].

Ancora nel 1795, oltre al dottor Isacco, abitavano a S.D., non si sa a che titolo, alcuni membri della famiglia Luzzatto[45].

Demografia

Da un documento del 1667 sappiamo che gli ebrei, tutti membri della famiglia Luzzatto, erano circa una sessantina[46]. Nel 1722 i nuclei  familiari erano undici, ma non ne è nota l’entità numerica complessiva[47]. Nel 1761 venivano elencati gli ebrei, di sesso maschile, tra i 18 e i 60 anni, per un totale di 19 persone[48] e dalla lista della popolazione ebraica, compilata nel 1763, risultavano dimorare a S. D. 94 persone[49].

Attività  economiche.

Gli ebrei inizialmente furono attivi nel prestito: dalla prima condotta (1547), risulta che il feneratore fosse obbligato a tenere i pegni 15 mesi e, in seguito, a venderli a suo beneplacito al pubblico incanto. Il tasso di interesse era di 4 bagatini al mese e soldo 1 per il bollettino per gli abitanti di S.D., di bezo uno al mese per libra e 1 soldo per il bollettino, per i forestieri friulani, mentre era a libito del feneratore per i non friulani[50].

Nel 1668 il banco ottenne la clausola (richiesta prima più volte invano) che i pegni venduti al pubblico incanto dovessero venire ritirati dopo 15 giorni, a scanso di perdita della caparra[51].

Gli ebrei di S.D. erano attivi anche nel commercio dei cereali e in quello dei bozzoli, compresa, probabilmente, una prima lavorazione: in particolare la famiglia Luzzatto era attiva nell’allevamento dei bachi da seta[52].

Inoltre, gli israeliti gestivano negozi con ogni genere di merce e curavano il bestiame e le terre prese in affitto[53]. È  attestata anche la presenza di un orefice (tale Giuseppe Luzzatto, che era anche studioso di aritmetica), e di alcuni  medici, quali Raffael Luzzatto, figlio del dottor Isacco, e i fratelli Efraim e Isacco Luzzatto[54].

Da un documento del 1720, si apprende che alcuni ebrei, di ambo i sessi, lavoravano per la maggior parte dell'anno fuori del luogo di residenza (S.D.), come operai, non meglio specificati[55].

A prescindere dal commercio delle granaglie, proibito agli ebrei nel 1762, le attività ebraiche, in questo periodo, si riducevano, secondo la dichiarazione del Gastaldo Giurato e della Comunità, alla gestione di qualche bottega di poco negozio  di ferramenta vecchia e strazze di lana e pani lini, che comprano all’incanto sopra questo S. Monte di Pietà  per aprir le quali botteghe devono pagare al [..] Gastaldo ogn' anno  in contadi L. 62[56].

Verso la seconda metà del XVIII secolo, essi furono poi molto attivi nello smercio del tabacco[57], ma nel 1772 risultavano ancora impegnati nel prestito su pegno, sebbene non vi fosse più un banco feneratizio. Dai documenti notarili si apprende che il prestito continuava con i locali e i forestieri, e che per l’estinzione del debito, gli ebreo ricevevano l’usufrutto di terreni che facevano coltivare da terzi, presumibilmente in cambio di denaro e derrate agricole, con cui gestire il commercio dei cereali. Nei primi 25 anni del secolo ricorreva anche il contratto di soccida, poi quasi  scomparso[58].

Cimitero

Nel 1733 gli Ebrei, che precedentemente utilizzavano il cimitero ebraico di Udine e di Conegliano, chiesero di poter acquistare terreno a S.D.  per seppellirvi i propri morti: il Consiglio dei XII concesse, invece, un terreno in affitto, in zona chiamata Prato della Merenda, in cui a partire dal 1735 avrebbero potuto essere sepolti solo gli ebrei che erano stati residenti nel territorio comunale, sotto pena pecuniaria in caso di   contravvenzione. 

Quindici anni dopo, gli israeliti, data la loro difficile situazione economica, chiesero di comperare il terreno del cimitero, anziché  pagarne l'affitto, ottenendo, invece, solo la riduzione di quest'ultimo. Nel 1752, tuttavia, riuscirono, pagando, ad affrancarsi dall’affitto e ad ottenere il diritto di seppellire anche i correligionari forestieri[59].

Sinagoga

In un atto del 1731 viene attestata l’esistenza di una sinagoga, costruita precedentemente, e in cui, all’epoca, erano ancora in corso i lavori[60].

Un luogo di culto, definito oratorio o “scuola degli ebrei”, viene ricordato anche nel 1722, in occasione del furto di una lampada sinagogale. All’incirca a quest’epoca risale un disegno raffigurante l’interno dell’oratorio, sito nel cortile dell’abitazione di Benedetto del fu Raffael Luzzatto, circondato da case prospicienti l’attuale piazza Cattaneo, in fondo all’odierna via Andreuzzi[61]

La forma dell’oratorio era ovale[62], con  un matroneo ligneo in alto, con la tevah ( pulpito da cui si leggeva la Torah ) di pietraal centro e un aron (Arca) ligneo, trasportato, in seguito, nel Tempio italiano di Gerusalemme[63].

Personaggi di rilievo

Nel 1687 il figlio del feneratore Raffaele, Isacco, fu il primo ebreo friulano a conseguire la laurea di dottore dell'Archiginnasio Padovano.

Nacque a S.D. Mordekhay di Nathan Luzzatto (1720-1799), vissuto, però, a Gorizia e a Trieste, autore di un dizionario ebraico-italiano, di alcune elegie in ebraico e di scritti minori e glosse alla Bibbia e al Mahzor. Tradusse, inoltre, in italiano il Conciliador di Manasse ben Israel e in ebraico la Fortaleza del Judaismo del proselita Avraham di Cordova[64].

Tra i rabbini di un certo rilievo del XVIII secolo, vi fu Anselmo Luzzatto (fratello del rabbino Giacobbe del medico Raffaele), autore, nel 1735, di cento piccoli discorsi esegetici, rimasti inediti[65].

Nato a S.D., Efraim Luzzatto ( 1729-1792), laureatosi in medicina a Padova nel 1751, e divenuto, dal 1763, medico dell'ospedale della Comunità ebraica portoghese di Londra, fu fecondo poeta, sia in ebraico che in italiano. Tra le sue opere, una raccolta di poesie in ebraico, Elle bene-ha-neurim, è stata pubblicata a Londra, nel 1768; sue poesie sono apparse nella rivista Ha-Meassef, mentre Isaak Satanow ha pubblicato la maggior parte della sua opera poetica con il titolo Qol skhakhal  (Smirne/ Berlino, 1790).  Un'edizione aumentata dei suoi poemi fu curata dal de Litteris (Vienna, 1839). Come espressione di esperienza personale, permeata di intenso lirismo, la sua poesia, che canta l'amore, la natura e i motivi nazionali, precorre la poesia ebraica della Haskalah.

Anche il fratello di Efraim, Isacco (1730-1803), oltre all'esercizio della professione medica (si laureò a Padova, nel 1747) , si dedicò alla poesia: durante il suo viaggio a Vienna per perorare la causa ebraica [66], incontrò il Metastasio, di cui tradusse in ebraico la poesia “La libertà a Nice”. Scrisse anche svariate poesie, raccolte sotto il titolo Toledot Yitzhaq, e satire sugli ebrei di S.D., dal titolo Mishnayot San Daniel o Massekhet San Daniel[67].

Tra gli ebrei che furono espulsi da S.D. e si recarono a Trieste, vi fu anche Ezechia Luzzatto, padre del celebre studioso, esegeta biblico e pensatore Shemuel David.

Bibliografia

Luzzatto, F., Cronache storiche degli ebrei di San Daniele del Friuli. Cenni sulla storia degli ebrei del Friuli, Roma 1964.

Luzzatto, G. - Navarro, P. - Ravà, T. - Zucconi, M., Il sistema degli insediamenti in età tardo-antica, medioevale, moderna, in Todeschini,G. - Ioly Zorattini, P.C.( a cura di), Il mondo ebraico. Gli ebrei tra Italia nord-orientale e  Impero asburgico dal Medioevo all'Età contemporanea, Pordenone, 1991, pp. 573-584.

Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, Torino 1963.

Modena, A.– Morpurgo, E., Medici e chirurghi ebrei dottorati e licenziati nell’università di Padova dal 1617 al 1816, Bologna 1967.

Mortara, M., Indice alfabetico dei rabbini e scrittori israeliti, Padova 1886.

Nahon, U., Angoli dell’Italia ebraica in terra d'Israele, in RMI  XXV (1959), 3-4, pp. 99-109.

Pironio, L., L’insediamento ebraico di San Daniele del Friuli nel Settecento, in RMI LXV (1999), pp. 31-80.

Vivian, A., Il cimitero ebraico di San Daniele del Friuli. Studio preliminare, in Ioly Zorattini, P.C. - Tamani, G.- Vivian, A., Judaica Forojuliensia. Studi e ricerche  sull'ebraismo del Friuli-Venezia Giulia, Udine 1984, pp. 37-80.

Zoller, I., Notes sur la famille Luzzatto après son expulsion de S. Daniele, in REJ  94 (1933), pp. 50-56.


[1] Luzzatto, F., Cronache storiche della università degli  ebrei di San Daniele del Friuli, p. 13.

[2] Variazioni del cognome, riportate dalla fonte cui si fa riferimento, sono: Hantoa, Hanoa, Nantoa, Mantua. Cfr. ivi, p. 13, nota 8. In ogni caso, l'autore propende per l'ipotesi che Simone fosse d'origine mantovana. Ibidem.

[3] Ivi, p. 14. La prima condotta, di cui resta copia, si riferisce a Simone e risale al 1547. Cfr. ivi, pp. 15-16.

[4] Ivi, p. 18. Riguardo all’episodio della ventilata conversione dietro cui  si voleva nascondere il ladro, è da segnalare la motivazione addotta dal  Patriarca di Aquileia,intervenendo  in favore di Simone: a noi non par giusto che il pritisto di rilligioni habbia di esser scudo delle  tristitii d’altrui. Ibidem.

[5] Ivi, pp. 29-31.

[6] Ivi, p. 30.

[7] Ivi, p. 32-33, p. 37.

[8] Il documento in questione consente di collegare il ramo dei Luzzatto di Venezia e di Padova (cui sarebbero appartenuti, tra l'altro, Shemuel David e Mosheh Chayyim ) a quello di S.D. Ivi, p. 38 e segg.

[9] Ivi, p. 45, nota 1.

[10] La notizia si troverebbe nella  cronaca di un anonimo, appartenente alla famiglia Topazzini, il cui manoscritto è conservato nella biblioteca comunale . Cfr. ivi, p. 45, nota 1. Sulla conversione dei due Nantua, vedi p. 33.

[11] I Luzzatto, d’origine veneziana, avrebbero costituito, in seguito,  il nucleo più numeroso della Comunità ebraica di S.D.; la Pironio riporta che Abraham, padre di Giuseppe, capostipite del ramo dei Luzzatto di S. D., fu anche padre di Salomone (o Samuele) capostipite del ramo dei Luzzatto di Padova. Pironio, L., L’insediamento ebraico di San Daniele del Friuli nel Settecento, p. 33.  

[12] Luzzatto, F., op. cit., p. 50.

[13] Tale somma era molto cospicua, se si tiene presente che, ad esempio a Padova, la cifra che veniva data, nella prima metà del XVII secolo, agli ebrei che si convertivano era di 50 ducati. Ivi, p. 51, n. 2. Cfr. Ciscato, A., Gli Ebrei in Padova, pp. 148-149.

[14] Luzzatto, F., op. cit., p. 51.

[15] Ivi, p. 53.

[16] Ivi, p. 55. Il Luzzatto rileva che la dichiarazione di essere pronti a donare la vita per la terra in cui vissero e operarono gli avi è alquanto singolare, posto che solo gli ebrei di Corfù prestarono servizio militare, mentre in tutte le condotte veniva, al contrario, specificato che gli ebrei fossero esonerati dal prestar servizio in caso di guerra. Ivi, p. 53 e, in particolare, cfr. nota 3.

[17] La condotta del 1626, che sarebbe servita, in seguito, come modello per tutte le altre ricondotte, stabiliva, tra l'altro, l'esonero degli ebrei da pagar colte, angarie ne far altre fationi che occorressero alla mag.ca Comunità; per la riproduzione dei XXIII capitoli della condotta, cfr. ivi, pp. 57-60. Le date in cui venne rinnovata furono, presumibilmente,il 1631, il 1636 e il 1641.Cfr. ivi, p. 57; p. 61.

[18] Cronaca di San Daniele, in possesso della famiglia Topazzini e poi Carnier, di cui una copia è alla Biblioteca Comunale di Udine, manoscritto n. 780, citato in Luzzatto p. 61. In mancanza di altre prove documentarie che avallino il fatto, il Luzzatto ritiene che si possa trattare di un ebreo più istruito degli altri, mutato dal cronista in rabbino per aumentare l'effetto della sua conversione. Cfr. ivi, pp. 61-62. La conversione del “Giovane ebreo” è menzionata a p. 57.

[19] Circa il “segno” va rilevato che nella condotta del 1626 veniva imposto il copricapo rosso, poi sostituito da quello nero munito di cordella. Dalla metà del secolo XVII il segno distintivo, in territorio veneziano, fu il cappello rosso. Cfr. ivi, doc. 7, p. 68; p. 64, nota 2. Sul donativo alle Pizocchere, cfr. ivi, p. 67.

 [20] Ivi, pp. 72-74. Altre famiglie insediatesi a S.D. furono i Lolli, i Caprileis, i Sullam e i Caravaglio. Pironio, L., op. cit., p. 33.

[21] Ivi, p. 74.

[22] Ivi, p.74; pp. 81-82; p. 83.

[23] Al confronto  con la condotta del 1626, si nota, ad esempio, che gli ebrei continuavano ad essere esentati dai servizi straordinari da dare alla Comunità,  ma venivano obbligati a quelli normali, cui prima non erano tenuti. Per questo e gli altri capitoli della condotta, cfr. ivi, pp. 84-85.

[24] Ivi, p. 86, n.1.

[25] Ivi, p. 87.

[26] Ivi, p. 91.

[27] Ivi, p. 91. Il Consiglio faceva eccezione per Masetto, figlio del “Moreno”(rabbino) Dino Luzzatto, consentendogli di affittare una casa, purché non dove passava la processione con il Venerabile. Ivi, p. 92.

[28] Ivi, p. 92.

[29] I membri dell'Università che figurano nel documento sono: Lucio Luzzato, Joel Luzzato, i fratelli Benedetto e Donnà  Luzzatto del fu Isacho e Donadin Gentile. Ibidem.

[30] Ibidem.

[31] Ivi, p. 125, doc. 14.

[32] Dopo la chiusura del banco, anche gli ebrei si rivolsero al Monte, come fece nel 1720 tale Lazzaro Luzzatto che vi  impegnò un abito per pagare una tassa di macina, contro cui protestava, affermando, tra l’altro, di lavorare come “operaio” fuori di S. D. per la maggior parte dell’anno, mentre i suoi figli erano in altri paesi a “servire”. Ivi, p. 93.

[33] Ivi, p. 97.

[34] Ibidem.

[35] Ne è esempio la supplica della vedova,  padrona della casa affittata a Giuseppe Caravaglio, che chiedeva il permesso di percepire l’affitto, necessario al sostentamento proprio e dei figli. Ivi, p. 106-107.

[36] Pironio, L., op. cit., p. 56. Sulle alterne vicende del divieto per gli ebrei di possedere immobili e sulla soluzione di eliminare la proprietà, lasciando, tuttavia, la possibilità contrattuale agli ebrei sulle abitazioni in cui avevano domicilio e sulla consuetudine del  subaffitto, cfr. ivi, pp. 57-62.  

[37] Luzzatto, F., op. cit., p. 112.

[38] Ivi, pp. 113- 114, note 7e 9.

[39] Ivi, pp. 114-116.

[40] Ivi, pp. 117-120.

[41] Ivi, p. 119. Per la ripartizione di tale imposta allora e in seguito, cfr. ivi, pp. 119-122.

[42] Ivi, p. 120; p. 123.

[43] Ivi , p.120; p. 131; p. 132; p. 133;  Milano, A., Storia degli ebrei in Italia, p. 321.

[44] Luzzatto, F., op. cit., pp. 134-135. Shemuel David Luzzatto riporta nella sua Autobiografia che Isacco fu ospite di Moisè Hönig (poi Nobile di Hönigshof), offertosi di ospitare e appoggiare qualsiasi inviato della Comunità di S.D. a  perorare la causa ebraica alla Corte di Vienna. Ivi, p. 135, n. 18. Sulla famiglia Luzzatto, dopo la sua espulsione da S.D., cfr. Zoller, I., Notes sur la famille Luzzatto après son expulsion de S. Daniele, in REJ  94 (1933), pp. 50-56.

[45] Si tratta di: Saretta vedova di Joel Luzzatto, Saretta vedova di Raffael  Luzzatto, Benedetto del fu Raffael Luzzatto e David Luzzatto (Luzzatto, F., op. cit., p. 136). Secondo gli atti  notarili, esaminati dalla Pironio, altri Luzzatto risultavano vivere a S.D., dopo il 1777. Cfr.  Pironio, L., op. cit., pp. 70-72.

[46] Luzzatto, F., op. cit., p. 70.

[47] Si tratta delle famiglie di Iseppo Caravaglio, Donnà e Marco Luzzatto, Benedetto del fu Isacco Luzzatto, Moreno Luzzatto, Lazarin Luzzatto, Letitia Luzzatto, Isacco del fu Benedetto, Dr. Isacco del fu Raffael, Masetto Luzzatto. La famiglia Luzzatto, predominante, contrasse parentele matrimoniali con le famiglie Caravaglio, Gentile, Capriles, Sullam (di Latisana), Greco ( di Verona) e Marsilio (di Venezia). Ivi, p. 94.

[48] Appartenevano alle famiglie Luzzatto, Luzzato Sullam, Gentili e Loli. Il cognome Loli (Lolli) fu adottato in Terra Santa da Samuel Cormons, che, dopo avervi soggiornato a lungo, tornava in Friuli all'incirca in questo periodo. Il cambiamento del cognome da Cormons in Lolli stava ad indicare il rifiuto di arricchirsi da parte di Samuele, secondo il significato dell'espressione ebraica Lo-li: “non per me”. La figlia di Samuele, Miriam Regina, sposò, nel 1795, il padre del celebre Shemuel David Luzzatto. Ivi, p. 113.

[49] Per tale elenco, cfr. ivi, pp. 117-119.

[50] Ivi, p. 16.

[51] Ivi, p. 70. Dalla documentazione relativa al primo ventennio del XVII secolo, risulta che si servivano del banco di S.D. le popolazioni delle località vicine, tra cui: Fagagna, Ragogna, Rodeano, Gianons, Madris, Cordonato, Tarcento, Buia, Forgaria, Caporiacco, Villanova, S. Vito,  Osof. Ivi, p. 46.

[52] Ivi, pp. 60-61; p. 83; p. 90.

[53] Ivi, p. 90.

[54] Ivi, p. 91. Raffael, vissuto, in seguito, a Gorizia, e addottoratosi anche in filosofia, si laureò, nel 1717, nell’Archiginnasio di Padova, figurando, tuttavia, come “ebreo romano”, in quanto, dato che il numero degli ammessi all'università era fisso per ogni nazionalità, in mancanza di posti disponibili per la propria nazione, ci si iscriveva come appartenenti ad una nazione diversa. Ibidem.   Su Efraim e Isacco Luzzatto, vedi più sotto il paragrafo  “Personaggi di rilievo”.

[55] Ivi, p. 93.

[56] Ivi, p. 116.

[57] Pironio, L., op. cit., p. 37.

[58] Luzzatto, F., op. cit., p. 123. Per i documenti notarili relativi al prestito ebraico, dopo il divieto del 1714, cfr. Pironio, L., op. cit.,p. 35 e appendice documentaria, p. 77. Per ulteriori dettagli circa le attività svolte dagli ebrei nel XVIII secolo, dopo il divieto ufficiale del prestito a interesse, cfr. ivi , pp. 33-42.

[59] Luzzatto, F., op. cit., pp. 98-101; 111-112. Sul cimitero, tutt’ora esistente, vedi anche Pironio, L., op. cit., pp. 53-54. Per la descrizione delle lapidi funerarie, cfr. Luzzatto, F., op. cit., pp. 137-139; Vivian, A., Il cimitero ebraico di San Daniele del Friuli. Studio preliminare, in Ioly Zorattini, P.C. - Tamani, G.- Vivian, A., Judaica Forojuliensia. Studi e ricerche  sull'ebraismo del Friuli-Venezia Giulia, Udine 1984 pp. 37-80. Sulle lapidi del cimitero di S. D., comprese quelle degli ebrei di altre località, tra cui Gonars, cfr. anche Luzzatto, G. - Navarro, P. - Ravà, T. - Zucconi, M., Il sistema degli insediamenti in età tardo-antica, medioevale, moderna, p. 579.

[60] A.S.U., A.N.A.Sd., not. Gio. Giuseppe Amerlici, b. 4119, filza cc.nn., citato in Pironio, L., op. cit., p. 49, n. 97.

[61] Pironio, L., op. cit., p. 50; per il disegno dell’interno del luogo di culto, cfr. ASV, Archivio notarile antico, b.4104, S. Daniele del Friuli, notaio Romualdo Pillerini, 1720-1727,  allegato in  ivi,   p. 79;  per la sua ubicazione cfr. A.S.V. Catasto austriaco detto napoleonico, comune censuario di S. Daniele del Friuli, 1834, f. XXXIX ( particolare di mappa n. 15, indicante l’ubicazione della sinagoga, allegato in ivi, p. 80.

[62] Ivi, p. 51. Secondo il Luzzatto la forma era circolare, secondo l’uso di alcune sinagoghe venete, specialmente di rito tedesco. Luzzatto, op. cit., p. 139.

[63] Nahon, U., Angoli dell’Italia ebraica in terra d'Israele, pp. 102-103. L’aron risulterebbe opera di un artigiano ebreo, tale Nethanel, il cui nome è  scolpito in un  intaglio; la datazione è controversa, ma ragioni storiche fanno propendere per la fine del XVII secolo. Cfr. Luzzatto, F., op. cit, pp. 11-12; p. 139; Pironio, L.,op. cit., p. 51, nota 102.    

[64] Luzzatto, F., op. cit., p. 77; p. 91. Sul medico Isacco Luzzatto, cfr. anche Modena, A., – Morpurgo, E., Medici e chirurghi ebrei, p. 45; su Mordekhay Luzzatto cfr. anche Cassuto, U., E.J., alla voce “Luzzato , Mordechai (Marco) ben Nathan; Mortara, M., Indice, p. 36.     

[65] Luzzatto, S.D., Autobiografia, p. 24, citato in  Luzzatto, F., op. cit., p. 106.

[66] Cfr. il paragrafo della presente voce dedicato alla storia degli ebrei di S.D.

[67] Cassuto, U., E.J., alla voceLuzzatto, Efraim” e “Luzzatto, Isaak”; Modena, A., -Morpurgo, E., op. cit., pp. 92-93; p. 95; Mortara, M., op. cit., p. 36.   

Geolocation