Valenza

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Valenza

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Provincia di Alessandria. Posta a breve distanza dalla sponda destra del Po, sulle ultime propaggini delle colline monferrine, anticamente era chiamata Valentia e fu una piccola città romana della IX regione augustea. Seguì le vicende del Monferrato e, pertanto, fu Marchesato, sin dal secolo X o dal principio dell’ XI. Dal XIV al XV secolo, fu contesa dai Savoia e dai Visconti.

Nel 1536 Carlo V nominò Federico II Gonzaga a governare il Marchesato, dopo che si era estinto il casato dei feudatari locali (i Paleologi). I Duchi di Mantova ressero la regione, sino a quando non la smembrarono in feudi, che cedettero per denaro al patriziato locale. All'inizio della guerra di successione franco-spagnola, Ferdinando Carlo di Mantova consegnò la regione ai francesi e, dopo la disfatta delle truppe franco-spagnole, il Monferrato fu annesso alla Casa Savoia nel 1707.

La prima attestazione di una presenza ebraica a V. risale al 1447, quando Francesco Sforza concesse a Mosè di Salomone di V. e alla sua famiglia un salvacondotto per lo Stato di Milano.

Più di venti di anni dopo, il Duca intervenne con il podestà di V., perché il Comune e i privati, indebitati con Lazzaro, saldassero il feneratore. Qualche anno più tardi, la vedova di Lazzaro (Eliezer) di V., in lite con Salomone di Lodi, ricevette dal Duca il permesso di portare la propria vertenza di fronte ai funzionari locali, nonostante il privilegio stabilisse che l'arbitrato in questioni del genere spettasse agli ebrei.

Nel 1478 risultava attivo a V. Giacobbe, mentre in un documento del 1479, compare, in qualità di feneratore, Salomone di V., prima residente a Casale Monferrato. Nello stesso anno, Salomone fu implicato in una disputa con un cristiano e, per comporre la controversia venne a V., con salvacondotto sforzesco, un altro cristiano.

Nel 1480 Angelo del fu Lipomano, residente a V., nominava suo procuratore Michele di Bassignana, genero di Magister Mercadante di Bassignana.

Tra gli ebrei, condannati nel 1488 ad una multa per vilipendio alla religione cristiana, vi era anche Moisè del fu Nesanel di V.

Nell'elenco dei banchieri ebrei, stilato nel 1522, figuravano anche Cervo da V. e Simon da V.

Da un fondo notarile del 1555, risulta che Isacchino de Nitia (da Nizza), del fu Zaccaria, risiedeva a V., mentre nel 1560, lo troviamo trasferito a Pavia.

Nel 1566 Theodoro di Theodori (Teodoro Todros) di Alessandria ed il cognato, gestori di un banco a V., incorsero in un ingiusto trattamento da parte delle autorità spagnole, per una diversa interpretazione del regolamento sul segno distintivo[1].

All'incirca nel 1584, risultava prestare i suoi servigi come feneratore, sia per la popolazione di V. che per i soldati che vi stanziavano, Salomone di Pontremoli, residente a San Salvatore di Monferrato, che dichiarava di non fare uso, nella sua attività, delle monete proibite dal decreto governatoriale del settembre 1584.

Nello stesso anno due ebrei di Ferrara si appellarono al governatore del Ducato, perorando il loro rilascio e quello delle loro proprietà, dato che, nonostante il transito per lo stato fosse permesso, mentre passavano per V. con una barca e con altri passeggeri, erano stati fatti prigionieri dal governatore locale che aveva anche sequestrato i loro averi.

Dopo un lungo silenzio, si ritrova, in un documento del 1749, una traccia della presenza ebraica a V., quando Isach Ellia di Lazzaro Sinigaglia, cui era stato rifiutato il permesso di residenza a Casale, adduceva, a riprova della sua buona condotta l'attestato della sua presenza a V., emesso nel 1744, dai sindaci di V., in cui aveva vissuto nei passati 8 o 9 anni, come regolatore delle caserme ed altre imprese, nonché come segretario del magnifico ebreo Moisè David Pavia.

Nel 1751 il re approvò la gestione del gioco del lotto detto “del seminario” da parte di tre persone, tra cui, Moisè David del fu Abram Pavia di V.[2]: si chiude, con questo riferimento, la documentazione sulla presenza ebraica nella località.

Bibliografia

Segre, R., The Jews in Piedmont, 3 voll., Jerusalem 1986-1990.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell’età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982-1986.


[1] Risulta che i due ebrei avevano viaggiato con dei cappelli neri e che, giunti a V., li avevano sostituiti con dei cappelli gialli (segno ebraico di riconoscimento), in accordo con le disposizioni che consentivano loro di servirsi di copricapi neri, mentre erano in viaggio. Il comandante dell’unità spagnola di stanza a V., tuttavia, li fece imprigionare per trasgressione ai regolamenti, ma risultò, alla fine, che essi erano nel giusto. Cfr. Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan,II, doc. 3307; cfr. Segre, R., Gli ebrei lombardi nell’età spagnola, p. 45, nota 2.

[2] Simonsohn, S., op. cit., I, doc. 50, 1168, 1348, 1532; II, doc. 1869, 1873, 1989, 2165, 2393; III, doc. 3889, 3907; IV, p. 2854, 2873; Segre, R., The Jews in Piedmont, II, doc. 1354; III, doc. 3039, 3067.

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