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Mazara (Mazara del Vallo), posta sulla costa occidentale della Sicilia, alla foce del Mazaro e poco distante da Marsala, fu alternativamente una terra baronale e reale. L’insediamento, risalente ai tempi dei Fenici e abitato con continuità nelle epoche successive, fu un centro agricolo e marinaro di rilievo, che nel 1456 fu ceduto come feudo alla casa reale di Napoli.
La città, che ha dato il nome anche ad uno dei tre valli dell’isola, ha ospitato una presenza ebraica documentata già all’epoca della dominazione araba.
Le prime notizie sugli ebrei di M. risalgono alla prima metà dell’ XI secolo, e ci sono fornite dai documenti della Ghenizà del Cairo. In essi ritroviamo soprattutto gli ebrei del luogo che intrattengono rapporti commerciali con i correligionari dell'Africa del Nord e dell'Egitto: merci mazaresi vengono scambiate, a volte dallo stesso proprietario, con i commercianti di quei paesi e tra i mercanti più noti del periodo troviamo Sulaymān b. Saul al-Andalusī al-Wadayshī e Barhūn b. Isaac Tahertī.
In seguito alla guerra dei beduini in Nord Africa, inoltre, alcuni ebrei da Qayrawān si rifugiarono a M. negli anni '50 dello stesso secolo, poco prima dell'invasione normanna[1]. Del resto, non tutti gli ebrei lasciarono M. in seguito a quest’ultima: ancora grazie alla Ghenizà, siamo, infatti, a conoscenza della famiglia di Yiju che vi dimorava alla metà del dodicesimo secolo[2].
Anche nell'età degli Angioini, poi, vi furono degli ebrei a M., ma in merito ad essi sappiamo soltanto che il vescovo possedeva su di loro alcuni diritti, nonché una giurisdizione, che fu contestata dagli stessi ebrei all’epoca degli Aragonesi (1321), per poi cessare qualche tempo dopo[3].
I rapporti fra i due gruppi della città, quello cristiano e quello ebraico, furono tesi: mentre, infatti, il primo voleva l'aumento della porzione di tasse spettante agli ebrei e insisteva sul trasferimento del bagno rituale lontano dal centro dell’abitato, il secondo si opponeva fermamente[4].
Durante l'età aragonese anche a M. gli ebrei furono impegnati nei mestieri consueti agli altri correligionari siciliani, compresi l'artigianato, il commercio e varie professioni, e i già ricordati legami commerciali e personali con l'Africa del Nord proseguirono anche per tutto il '300 e il '400.
La partecipazione degli ebrei mazaresi alle tasse delle comunità del Regno e l’ammontare del tributo del 1492, mostrano come la comunità locale fosse da inserire nel novero di quelle di medie dimensioni[5].
Dopo la cacciata la sinagoga fu trasformata in chiesa, ma un’ iscrizione che la rendeva riconoscibile restò visibile fino al '600. Il quartiere ebraico, che era situato vicino alla sinagoga, non è oggi più individuabile[6].
[1] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 62, 67, 80, 82-3, 97, 99-101, 103, 108, 110-1, 113, 121-2, 127, 137, 147, 149, 151-2, 154-6, 158, 160, 162. Sugli ebrei di M. si veda Rizzo Marino, Ebrei di Mazara, passim. Si veda anche Napoli, Storia della città di Mazara, p. 112 e segg.
[2] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 178, 180-2.
[3] Ivi, Doc. 230-1, 347, 358. Rizzo Marino, Mazara, p. 8 e segg. Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.
[4] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 2706, 2807, 3745.
[5] Ivi, Doc. 5766.
[6] Rocco, Dedica ebraica quattrocentesca nella sinagoga di Mazara, p. 245 e segg.