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Marsala, un porto della Val di Mazara, sulla costa occidentale della Sicilia tra Trapani e Mazara, era una terra demaniale. Conosciuta come Lilibeo nell’antichità, fu conquistata dagli Arabi che la chiamarono Marsa Allāh (Porto di Dio), da cui l’odierno Marsala.
Sappiamo che nella seconda metà del '400 la secrezia di M., nonché la giurisdizione sugli ebrei, furono appannaggio del cancelliere di Sicilia, Don Aloisio Requisens.
Ebrei a M., però, dovevano esserci anche prima della conquista aragonese: immediatamente dopo quest’ultima, infatti, vediamo come re Pietro I avesse ordinato la restituzione a tale Migliorato di M., ebreo, della proprietà confiscategli durante la guerra da poco conclusa[1]. Nel 1373, poi, la città autorizzò l’allargamento della sinagoga locale, per rispondere all'esigenze nate dalla crescita della popolazione ebraica, e lo stesso re Federico III (IV) approvò la misura[2].
Nel ‘400 la comunità ebraica di M. continuò a crescere (secondo quanto testimoniano le liste per le esazioni delle tasse, che mostrano come essa fosse divenuta più numerosa e prospera) e giunse ad ottenere dal re Martino un privilegio che limitava l’importo del tributo da corrispondere al 10% della cifra pagata dall’intera città.
La grandezza del gruppo ebraico locale fu, del resto, ribadita in seguito dall’ammontare della tassa d'uscita pagata al momento della cacciata dalla Sicilia, che lo poneva al quarto posto dopo quelli di città dell’importanza di Palermo, Siracusa e Trapani[3].
A M. gli ebrei furono spesso vittime di violenze e sopraffazioni operate dalla Chiesa locale, soprattutto in concomitanza con la festa patronale di Santo Stefano, il Natale ed altre ricorrenze[4].
Dal punto di vista economico, M. fu uno dei principali empori per il commercio con l'Africa del Nord e gli ebrei parteciparono a questa attività nonché ad altre imprese commerciali, specializzandosi nella produzione e vendita del salnitro, allora molto ricercato come componente della polvere da sparo[5].
La città fu anche un luogo in cui vennero copiati svariati volumi ebraici: nel 1414 il Tur Hoshen Mishpat di Iacob b. Asher fu copiato da Ioseph b. Sadia Gamad, che voleva servirsene per i propri studi[6], mentre Meir b. Shabbatai (alias Mu'alem) copiò per Moses b. Elia Obi un commentario sul trattato Avot di Iona Gerundi, il Mar'ot Elohim di Hanoch al-Costantini ed un libro di grammatica[7]. Nel 1489, infine, furono copiate ivi le Antidotaria di Mesue (Abu Zakariya Yahya Ibn Masuyah) per Shabbatai (alias Ezer)[8].
Sappiamo, infine, che il quartiere ebraico di M. era situato nel centro della città, lungo l’attuale “via Frisella”[9].
[1] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 197 (statuti), 239 (restituzione), 3938, 4089, 4119 (Requisens). Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.
[2] Ivi, Doc. 882, 999; Lionti, Sinagoga di Marsala, p. 152 e segg.; Precopi Lombardo, Marsala, p. 182 e segg.
[3]Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 1644, 1657, 5563, 5766.
[4] Ivi, vol. 18. cap. 2; Lionti, Festa di Santo Stefano protomartire, p. 467 e segg.
[5] Simonsohn, Jews in Sicily, pp. 7748, 7882, 10094, 10272; Trasselli, Ebrei di Sicilia, p. 145.
[6] Parma, Bibl. Palatina 3131, Sfar Data E509.
[7] Firenze, Laurenziana, Gaddi 155, Sfar Data E036-7.
[8] Paris 1134, Sfar Data 247.
[9] Garaffa, Caratteri topologici dell'insediamento ebraico, p. 268 e segg.