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Messina, la terza città della Sicilia dopo Palermo e Catania, si trova in Val Demone, sulla punta nord-est dell'isola, e fu un porto importante dall'epoca antica sino a tutto il medioevo. Scalo di prim'ordine per il traffico marittimo della Sicilia, conobbe periodi di fioritura e di decadenza, come, ad esempio, sotto il dominio arabo, quando la ritroviamo "declassata a semplice posto di guardia". Per molti anni, inoltre, M. fu sede del re e del viceré e fu una città del demanio reale che usufruì di certa autonomia.
Gran parte della documentazione relativa a questo centro fu distrutta in occasione delle depredazioni del '500 e del terremoto del 1908. Sappiamo, però, che gli ebrei vi abitarono con continuità dai tempi di Gregorio Magno fino all'espulsione (1492)[1].
La prima notizia di una presenza ebraica (o forse ex-ebraica) risale appunto ai tempi di papa Gregorio I (597): un certo Theodoro (detto ex iudaeo) fu allora accusato di aver molestato una donna ed il pontefice si adoperò in difesa di quest’ultima[2]. Quando, poi, Messina fu presa dai normanni nel 1061 vediamo che "molti ebrei morivano" nei combattimenti, cosa da cui si deduce che dovevano esservi qui degli ebrei sotto gli arabi, anche se di essi non ci restano testimonianze puntuali[3].
Nel 1129 re Ruggero II, il giorno della propria incoronazione, concesse alla città di M. un privilegio, nel quale furono compresi (forse) gli ebrei[4]. Se in una lettera scritta in giudeo-arabo nel 1153, poi, M. ed i suoi abitati ebrei vengono descritti con parole poco lusinghiere, il noto viaggiatore Beniamino da Tudela, che visitò la città circa dieci anni più tardi, parla di un gruppo ebraico di 200 membri ed utilizza termini entusiastici per descrivere la bellezza e la ricchezza del centro siculo[5].
Sotto l'imperatore Federico II (re Federico I di Sicilia) l'ebreo Gaudio fu qui notario della zecca reale (1239) e, più in generale, nello stesso periodo i rapporti commerciali degli ebrei siciliani con il mondo mediterraneo rimasero ancora vitali, sebbene in misura ridotta rispetto all’età araba. Anche M. rientrava in tale rete di scambi, come dimostra l'esportazione di formaggio kasher da questa città ad Alessandria d'Egitto (1243)[6]. Ad aver ottenuto allora svariati diritti sugli ebrei era, anche a M., l'arcivescovado, che deteneva anche quello di riscossione della gisia[7].
In seguito, a partire dall'età Angioina, e soprattutto in epoca Aragonese, le informazioni sugli ebrei di M. a nostra disposizione aumentano. Già sotto Federico, luogotenente del fratello Giacomo II, re d'Aragona, troviamo documentazione riguardante la loro attività nell’industria tintoria, che costituiva la voce più importante dell'economia ebraica in Sicilia e in Italia meridionale[8]. Una delle prime notizie del periodo Aragonese a noi pervenuta risale, però, al 1287 e tratta di un prestito concesso da Syminto, ebreo cambiatore, finalizzato ad imprese marittime. Anche la lavorazione della seta e la gioielleria trovarono posto tra le occupazioni degli ebrei di M., che furono comunque impegnati anche in tutti gli altri settori dell'artigianato e del commercio tipici dei correligionari siciliani[9].
Oltre alla Chiesa anche la città reclamava dei diritti sugli ebrei, sia in campo giurisdizionale che tributario: essa dovette, però, affrontare l'opposizione del sovrano a tali pretese. Non mancarono, inoltre, a M. i frati predicatori che cercavano di convertire gli israeliti e che nel 1294 costrinsero il re ad intervenire per evitare che si avvalessero, durante le proprie prediche, di malandrinos seu vesanos[10]. Anche M., poi, come il resto della Sicilia, subì periodicamente epidemie peste, una delle quali, nel 1468, causò centinaia di vittime tra gli ebrei. Ciò, unito ad altri aspetti, come la pesante tassazione, spinse alcuni di loro a trasferirsi altrove. Nonostante questo, il gruppo crebbe verso la fine del XV secolo, e la sinagoga dovette essere allargata (1491): dall’ammontare della tassa d'uscita imposta al momento della cacciata (1492) vediamo che M. era allora al sesto posto tra le comunità ebraiche del Regno[11].
In epoca Aragonese il quartiere ebraico di M. era situato a nord rispetto al centro della città e alla cattedrale. La porta principale del quartiere, la “Porta della Giudecca”, immetteva direttamente fuori dalle mura cittadine. Ovadia da Bertinoro, che visitò M. nel 1487, rimase entusiasta della bellezza della sinagoga ed afferma con fermezza che gli ebrei di M. erano più ricchi di quelli di Palermo e che la comunità contava, ai suoi tempi, circa 400 famiglie.
Quando gli ebrei furono allontanati dall’isola la sinagoga fu venduta per 70 once e sul sito dove essa sorgeva fu poi costruita una chiesa[12].
[1] Allegra-Giacopello, Signum perfidorum Iudeorum, passim; Buonfiglio Costanzo, Dell'Historia Siciliana I, p. 431; Chillemi, La Giudecca di Messina, passim; Elbogen, Messina, p. 108 e segg.; Longo Adorno, Ebrei di Messina, p. 615 e segg.; Martino, Judaica di Messina, p. 20 e segg.; Mulè, Messina, p. 397 e segg.; Ovadia da Bertinoro, Letters, p. 41 e segg.; Penet, Tabulario di S. Maria di Messina, passim; Santoro, Messina l'indomita, p. 72 e segg. Per le iscrizioni si veda Simonsohn, Epigrafica ebraica, p. 513 e segg. Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.
[2] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 17. Blumenkranz, Les Auteurs chrétiens latins du Moyen Âge: sur les Juifs et le Judaïsme, p. 79 e segg.
[3] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 141
[4] Ivi. Doc. 170a.; Straus, Die Juden im Königreich Sizilien unter Normannen und Staufern, p. 98.
[5] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 180, 186; Benjamin of Tudela, Itinerary, p. 70 e segg; Gil-Simonsohn, Jews in Sicily during the Norman Period, Doc. 2; Goitein, Letters, p. 328 e segg.
[6] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 217, 220; Straus, Die Juden im Königreich Sizilien unter Normannen und Staufern, pp. 73, 108; Zeldes-Frankel, Trade with Sicily, Doc. 9.
[7] Simonsohn, Jews in Sicily,, Doc. 226, 229; Straus, Die Juden im Königreich Sizilien unter Normannen und Staufern, pp. 46s., 111s.
[8]Simonsohn, Jews in Sicily,, Addenda, vol. 8, Doc. 268a.
[9] Ivi, Doc. 259; Burgarella, Adamo de Citella, Doc. 69.
[10]Simonsohn, Jews in Sicily, p. 11788; Scarlata-Sciascia, Documenti sulla luogotenenza di Federico d'Aragona, p. 45 e segg.
[11] Simonsohn, Jews in Sicily, p. 11802 (predicatori), Doc. 583, 3017, 4110 (tasse), 5377 (sinagoga), 5766 (uscita).
[12] Ivi, Doc. 5971, 6018, 6028; Allegra-Giacopello, Signum Perdidorum Iudeorum, passim; Ovadia da Bertinoro, Letters, p. 41 e segg.