Tortona

Titolo

Tortona

Testo

Provincia di Alessandria. Posta sulla sponda destra del torrente Scrivia (bacino del Po) e chiamata Dertona in epoca romana, divenne un Comune abbastanza presto e nel secolo XII fu in lotta con Pavia ed in alleanza con Milano. Dopo essere stata distrutta dal Barbarossa e, in seguito, ricostruita, finì per venire in possesso dei Visconti nel 1347, seguendo così le sorti del Ducato di Milano.

La prima attestazione della presenza ebraica a T., risalente alla seconda metà del XV secolo, consiste nelle disposizioni impartite dal Duca al feneratore locale, Madius (Meir), circa i pegni che non dovevano essere trasportati fuori, durante l'anno in cui erano impegnati[1]. Nel 1452 e nel 1453, l'ebreo che prestava a T. veniva menzionato con il nome di Mosè[2], che, l'anno seguente, fu accusato dal Comune di aver fatto promesse, al momento del suo insediamento in loco che, in seguito, non aveva mantenuto: il Duca, dopo aver ordinato al podestà di accertare la verità, esortò a comporre la vertenza in modo pacifico. Venivano menzionati nei documenti di quell'anno anche i prestatori Elia e Davide, per i quali il Duca ordinò il risarcimento dei debiti, onde potessero far fronte alla sovvenzione alle casse ducali[3].

Inoltre, nel 1454, il Duca intervenne in favore di Mosè, in contenzioso con Pietro Monga di Pontecurone, che lo aveva fatto arrestare, mentre vi si trovava di passaggio durante un viaggio d'affari[4]. Il Duca si adoperò anche, ripetutamente, perché Elia ed il figlio Davide[5] recuperassero i propri crediti[6] e, sempre nel 1454, alcuni abitanti di T. protestarono contro gli ebrei e il podestà ricevette ordine di appurare la verità delle accuse e di agire secondo giustizia sine strepitu[7].

L'anno seguente, il Duca ordinò al proprio funzionario a T. di comporre la vertenza tra un debitore e Mosè, causata dallo smarrimento di un pegno di notevole valore, che il debitore riteneva sottratto dolosamente[8] e, nello stesso anno, il Duca incaricò lo stesso funzionario di fungere da giudice anche nella disputa scoppiata tra il comune di T., Elia ed il figlio Davide[9].

In seguito, il Duca ordinò di pagare i debiti agli ebrei e, tra l'altro, di risarcire con 266 ducati Menasse e Giuseppe[10], mentre, poco dopo, intervenne affinché venissero corrisposti i crediti di Elia e di Davide[11], il quale, dopo il furto di alcuni pegni depositati presso di lui, si appellò perché fosse inviato un funzionario ad esigere il danaro dovutogli, dato che il podestà non intendeva eseguire l'ordine ricevuto a questo proposito[12].

Nel 1456, tra gli ebrei cui il Duca condonò la pena per atti illegali commessi, c'era anche Mosè di T.[13], perdonato nuovamente l’anno seguente, insieme a Manno di Pavia, per aver violato le disposizioni rispetto alla peste[14]. Sempre nel 1457, alcuni correligionari fecero causa allo stesso Mosè, provocando l'intervento del commissario, per far luce sul caso[15]: l'anno dopo, quest’ultimo ricevette ordine di convocare Mosè e, se le lagnanze di Giacobbe e di Abramo fossero state fondate, di rendere loro giustizia[16]. Del resto Mosè ed altri israeliti di T. furono protagonisti anche di una disputa, di poco successiva, circa la quota delle tasse che il primo avrebbe dovuto pagare[17]. Quanto alle imposte cittadine, gli ebrei di T. ne erano esentati, nel 1458[18].

Sempre nel 1458, il luogotenente di T. chiese al Duca istruzioni per risolvere un caso scabroso: dopo le pressioni esercitate da Mosè sul genero, accusato di impotenza, perché divorziasse da sua figlia, quest'ultima aveva dato alla luce un bimbo, rivendicato, tuttavia, come proprio dalla moglie di Mosè[19].

Nel 1459 il Duca intervenne affinché Mosè e Mazo di T. cessassero di essere fatti oggetto di ostilità e di essere ostacolati dai consoli cittadini nell'esercizio del prestito su pegno[20] e, contemporaneamente, venne proposto ai funzionari di T. di rimpinguare le casse ducali, multando un ricco ebreo, accusato di coabitazione con una cristiana, mentre l'ideatore del piano avrebbe trattenuto come ricompensa un quarto della multa[21]. Qualche anno dopo, due monaci (o frati) di Pallenzona chiesero l'appoggio delle autorità per riavere i denari che sostenevano di avere dato ad un israelita tortonese[22].

Nel 1470 circa 105 ebrei erano presenti alle nozze del figlio di Mazio (Meir) di T. ed un gruppo di nobili, che desiderava partecipare alle nozze, era stato da loro scacciato in malo modo, provocando il proposito del commissario di punirli, arricchendo, al contempo, il Tesoro. Inoltre, dalla testimonianza dei consiglieri comunali, risultò che, mentre veniva celebrato lo sposalizio, un gruppo di giovani aveva fatto irruzione in casa e nel banco di Mazio, rubandogli alcuni beni ed alcuni pegni, con la copertura di funzionari governativi, che avevano mosso false accuse contro il prestatore. Il Duca, pertanto, intervenne a tutela di quest’ultimo, mentre, riguardo al primo episodio, ordinò che fossero chiarito l'accaduto e giustizia fosse fatta[23].

Nel 1471 Madius (Meir) ricevette ordine dal Duca di recarsi a Piacenza, per far parte della commissione d'appello sulla ripartizione delle imposte[24].

Nella absolutio ducale del 1471, figurava anche un non meglio identificato Magister di T.[25]

Nel 1474 il Duca ordinò alle autorità di T. non introdurre alcun cambiamento nel privilegio degli ebrei locali[26] e nel 1478 dispose di prendere le necessarie misure per proteggerli dalle ostilità provocate dai sermoni dei predicatori, durante la Quaresima e la Settimana Santa[27].

Nel 1480 gli ebrei di T., come quelli di una serie di altre località del Ducato, ricevettero ordine di recarsi a Piacenza, per stabilire la ripartizione delle tasse dovute all'erario ducale[28].

In tema di conversioni, nel 1483 vi fu quella di Michaela, vedova di Simone di T., che provocò a uno scontro con gli ebrei di Piacenza[29].

Nel 1490, secondo il noto cronista Yosef ha-Kohen, ebbe luogo, vicino a T. (in una località non meglio precisata), un episodio di accusa di omicidio rituale, simile a quello di Trento, e, come a Trento, anche qui il fanciullo venne chiamato Bia Zannin e fu fatto oggetto di culto[30].

Nel 1513 i governatori di una serie di città, tra cui T., ricevettero ordine di fare un accurato censimento segreto di tutte le famiglie ebraiche residenti in loco, includendovi le informazioni sulla loro situazione finanziaria[31].

Nell'elenco dei banchieri del Ducato, stilato nel 1522, a T. (indicata come Terdona) figurava operare tale Vita[32], mentre nel 1558 era titolare del banco tale Elia[33].  

Nel 1567, dalla dichiarazione del podestà di T., si evince che non vivevano più ebrei nella località[34].

Il governatore di Milano, in occasione del rimborso dei crediti ebraici nel 1595, dietro petizione di alcune città, tra cui T., accordò tutto il mese di dicembre per il pagamento delle quote[35]: tuttavia, T. si rifiutò di partecipare alla spesa, dichiarando che non vi abitavano più ebrei e che, pertanto, la questione relative alla loro espulsione o meno non la riguardava[36].

Dalle testimonianze attualmente a disposizione, non risulta un'ulteriore presenza ebraica nella città.

Bibliografia

Ha-Cohen, J., Emek ha-Bakha, Cracovia 1895.

Segre, R., Gli Ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982–1986.


[1] Simonsohn, S., Milan, I, doc. 104.

[2] Ivi, I, doc. 148, 209.

[3] Ivi, I, doc. 270.

[4] Ivi I, doc. 258, 277.

[5] Su Davide, di Elia, feneratore a Castelnuovo di Tortona, si veda la voce  "Castelnuovo".

[6] Ivi, I, doc. 297, doc. 584.

[7] Simonsohn, S., Milan, I, doc. 349.

[8] Ivi, I, doc. 390.

[9] Ivi, I, doc. 392.

[10] Ivi, I, doc. 412.

[11] Ivi, I, doc. 416.

[12] Ivi, I, doc. 419.

[13] Ivi, I, doc. 422.

[14] Ivi, I, doc. 509.

[15] Ivi, I, doc. 517.

[16] Ivi, I, doc. 521.

[17] Ivi, I, doc. 530, 544.

[18] Ivi, I, doc. 556.

[19] Ivi, I, doc. 571.

[20] Ivi, I, doc. 608.

[21] Ivi, I, doc. 625.

[22] Ivi, I, doc. 743.

[23] Ivi, I, doc. 1217.

[24] Ivi, I, doc. 1267.

[25] Ivi, I, doc. 1302.

[26] Ivi, I, doc. 1499.

[27] Ivi, II, doc. 1776.

[28] Ivi, II, doc. 1972.

[29] Ivi, II, doc. 2103. Per ulteriori particolari, si veda alla voce  "Piacenza".

[30] Ha-Kohen, Y., Emek ha-Bakha, pp. 98-99; La vallée des pleurs, p. 97.

[31] Simonsohn, S., Milan, II, doc. 2326.

[32] Ivi, II, doc. 2393.

[33] Ivi, II, doc. 2991.

[34] Ivi, III, doc. 3384.

[35] Ivi, III, 4101, pp. 1856-1857; doc. 4114, p. 1865. Tra il 1595 e il 1596 si registra una serie di ripetuti appelli, presentati da svariate località al Consiglio per il rinvio del pagamento; della supplica presentata da T. furono fatte persino copie a stampa. Cfr. Segre, R. Gli Ebrei lombardi, p. 105, nota 2.

[36] Simonsohn, S., Milan, III, doc. 4129.

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