San Germano

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San Germano

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Provincia di Frosinone. Sorse nel IX secolo alla base del colle di Montecassino, ad un miglio circa dalla città ormai in rovina di Casinum. La nuova città fu chiamata San Germano, dal nome del suo santo patrono, e divenne il centro amministrativo della Terra Sancti Benedicti, un territorio vasto e strategico attraverso il quale passavano le strade congiungenti il Ducato longobardo di Benevento, le città bizantine della costa (Napoli, Gaeta, e Amalfi) e lo Stato della Chiesa. Nel 1443 era censita per  432 fuochi fiscali, nel 1521 per 557. Nel 1861 cambiò il nome in quello di Cassino. Nel 1927 fu staccata dalla Campania e data al Lazio, entrando nell’attuale provincia[1].

 

La più antica testimonianza della presenza ebraica nell’attuale provincia di Frosinone è costituito da un prestito di 500 aurei accordato da ebrei ai monaci di Montecassino, che diedero in pegno un artistico parato dell’altare di S. Benedetto, pregevolissimo dono regale, poi riscattato dall’imperatore Enrico II nel 1022. Come attesta un documento del 1232, il quartiere ebraico con le sue case e le sue botteghe fu costruito sul suolo dell’Abbazia a spese del defunto vescovo di Norwich, Pandulfo, e di suo fratello Egidio, cappellano di papa Gregorio IX,  affinché con i loro proventi si acquistassero ogni anno le stoffe per gli abiti dei monaci. Il documento è una conferma della donazione fatta al monastero[2].

L’attività principale degli ebrei di S. era in quel tempo la tintoria. Come è noto, Federico II di Svevia avocò nel Mezzogiorno allo Stato tale industria, affidandone sovente ai giudei, per la loro esperienza e pratica, la gestione. L’arcivescovo di Reggio, Lando di Anagni, protesse la tintoria di S. dalla confisca e ordinò ai due ebrei che l’imperatore aveva inviato nel 1231 a rilevarla di lasciarla pacificamente in possesso del monastero di Montecassino. Il 17 settembre 1232 papa Gregorio IX tramite il suo cappellano Stefano esortò e ammonì caldamente l’imperatore a non sottrarre ai monaci di San Benedetto le rendite provenienti dalla giudecca di S.[3].

Per il periodo angioino non ci sono noti documenti. Nel 1492 – e siamo quasi al tramonto del periodo aragonese – re Ferrante I raccomandò alle autorità locali Leone di Tagliacozzo, allora residente in Gaeta, il quale intendeva aprire un banco di prestito nella città e affidarlo alla direzione di uno dei suoi figli. Il re non dubitava che gli avrebbero permesso di aprire ed esercitare il banco e altre  attività in conformità con i privilegi concessi agli ebrei del Regno, perché era sua intenzione che essi fossero in tutto ben tractati ed accarizzati[4].

 

Bibliografia

De Micco, S., Eulogimenopoli-San Germano-Cassino: aspetti storico-urbanistici, Cassino 1994.

Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale dall’età romana al secolo XVIII, 1915, riedizione a cura di Filena Patroni Griffi, Napoli 1990.

Pistilli, E., Cassino dalle origini ad oggi, Cassino 1994.

Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.

Straus, R., Die Juden im Königreich Sizilien unter Normannen und Staufern, Heidelberg 1910 (trad. italiana, Palermo 1992).

 

 

 

 

 

 


[1]Pistilli, E., Cassino dalle origini ad oggi, Cassino 1994; De Micco, S., Eulogimenopoli-San Germano-Cassino: aspetti storico-urbanistici, Cassino 1994.

[2] Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, doc. 139.

[3] Straus, R., Gli ebrei di Sicilia, pp. 44, 103; Simonsohn, op. cit., doc. 131.

[4] Ferorelli, N., Gli ebrei nell’Italia meridionale, pp. 143, 149.

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