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Nel 1473 Dattilo de Elia, abitante qui, fu costretto dal custode del passo di San Germano a pagare il pedaggio di tre carlini e mezzo per le persone di tre ebrei che venivano da fuori del Regno e a farsi fideiussore per un simile pedaggio imposto a Mele di Tagliacozzo e a Salomone di Pontecorvo. Egli presentò ricorso presso la Camera della Sommaria, appellandosi ai capitoli concessi da Ferrante I che esentavano gli ebrei a pagare diritti di passo per le loro persone. La Sommaria accolse il ricorso e ordinò al custode del passo di restituire la somma esatta e di liberare il ricorrente dalla fideiussione a cui lo aveva obbligato[1].
Dattilo de Elia era di origine romana: a lui, a suo padre Elia, ad Angelo de Moise, alle loro famiglie, fattori, soci, ministri, procuratori ed amministratori di affari, Ferrante I concesse nel 1469 di potere risiedere, commerciare e negoziare ovunque volessero nel Regno[2].
Nel 1549 il camerlengo papale concesse a Sabbato di Consilio da Piperno una tolleranza e relativa proroga triennale per poter fenerare a S.[3].
Bibliografia
Fonti aragonesi, XIII, a cura di Vultaggio, C., Napoli 1990.
Silvestri, A., Gli Ebrei del regno di Napoli durante la dominazione aragonese, in Campania sacra 18/1 (1987).
Simonsohn, S., The Apostolic See and the Jews, 8 voll., Toronto 1988-1991.
[1] Fonti aragonesi, XIII, a cura di C. Vultaggio, Napoli 1990, pp. 88-89, n. 4. La curatrice identifica erroneamente nell’indice analitico (op. cit., p. 286) il nostro Sant’Elia con l’omonimo casale, oggi Vallefiorita, in Calabria.
[2]Silvestri, A., Gli Ebrei del regno di Napoli durante la dominazione aragonese, in Campania sacra 18/1 (1987), pp. 26-27.
[3] Simonsohn, S., The Apostolic See, doc. 2841.