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Lentini, posta a sud di Catania e pochi chilometri ad ovest di Augusta, in Val di Noto, era una terra demaniale della regina (faceva, infatti, parte della “Camera Reginale”). La città, che affonda le sue radici nell’epoca greca, venne distrutta più volte dai terremoti e fu ricostruita sia dai Normanni che dai loro successori.
A L. è stato ritrovato un ipogeo (III-IV secolo) scavato nella roccia, che, in quanto ornato da due candelabri a sette bracci, è stato considerato una catacomba ebraica[1].
Le prime testimonianze di una presenza ebraica in epoca Aragonese risalgono, invece, al 1367, quando re Federico III (IV) concesse a Matano di L. una moratoria di un anno, poiché era stato attaccato da alcuni banditi in Calabria e derubato dei propri averi[2].
Nel 1393, poi, tre ebrei di L. furono accusati di tradimento e si videro confiscati i beni da parte degli incaricati del re. Allo stesso anno risale una testimonianza relativa alla locale sinagoga: il vescovo di L., infatti, aveva allora ordinato la chiusura di una finestra dell’immobile ed il duca di Monblanc si era fermamente opposto[3].
Gli ebrei di L. dovettero in alcune occasioni essere vittima dell’ostilità del castellano del luogo: nel 1414, ad esempio, fu Maestro Ysach di Marsiglia, medico e familiare della casa reale, nonché giudice supremo degli ebrei della Camera Reginalis, a subire personalmente dei maltrattamenti, mentre anche la comunità nella sua interezza soffriva a causa di richieste eccessive di angarie da parte del castellano: la regina Bianca fu costretta, allora, ad intervenire a favore degli ebrei[4] e L. da quel momento venne unita a Siracusa nell’amministrazione delle terre del demanio reginale. Queste ultime all’epoca di Alfonso il Magnanimo tornarono, però, a far parte dell'amministrazione reale, ma anche in quel caso L. restò insieme a Siracusa in termini fiscali. A tale situazione si derogò solo in poche occasioni, come nel 1453-54, unico anno per il quale ci resta una lista delle comunità ebraiche in cui quella di L. figura separatamente, risultando essere di medie dimensioni[5].
Dalla relazione presentata al viceré in merito alla mancata entrata di tasse a Palermo, conseguente alla cacciata degli ebrei (1492), sappiamo che il gruppo ebraico di L. era impegnato nel commercio di stoffe con la capitale della Sicilia. Mancano, invece, altre notizie di rilievo sulle restanti attività economiche degli ebrei di L., ma è verosimile che non abbiano differito da quelle del resto dell'ebraismo siciliano[6].
Anche L., infine, fu totalmente distrutta dal terremoto del 1692: del quartiere ebraico e della sinagoga non sono perciò rimaste tracce.
[1] Colafemmina, Ipogei ebraici, p. 306 e segg.
[2] Simonsohn, Jews in Sicily, Doc. 882. Sui rapporti degli ebrei con l'autorità, con le istituzioni comunitarie ed altri aspetti si veda la voce relativa alla città di Palermo.
Secondo quanto riportato dal documento di p. 11689, il quartiere ebraico doveva trovarsi nella contrada Porta Regale.
[3] Ivi, Doc. 1363 (tradimento), 1369 (sinagoga).
[4] Ivi, Doc. 1875, 1877.
[5] Ivi, Doc. 3071.
[6] Ivi, Doc. 5628.