Novara

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Novara

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Capoluogo di provincia. D'origine preromana, forse gallica, si diede ai Torriani, indi ai Visconti, sotto il cui dominio rimase sino all'occupazione da parte di Luigi d'Orleans, nel giugno del 1495. Nel 1499 N., come tutto il milanese, cadde sotto il dominio di Luigi XII, ma, l'anno successivo, Ludovico il Moro riprendeva N., per poi riperderla per il tradimento degli Svizzeri. Questi ultimi, 13 anni dopo, si riscattarono, tuttavia, cacciando i francesi e proclamando Duca Massimiliano, figlio del Moro. Dopo aver seguito le alterne vicende della guerra tra Francesco I e Carlo V, la città rimase, con tutto il Ducato, in potere di quest’ultimo. Nel 1538 fu eretta in Marchesato e concessa a Pier Luigi Farnese e ritornò, poi, sotto il dominio diretto della Spagna, fino a che il trattato di Utrecht l'attribuì, con il resto della Lombardia, all'Austria.

Il primo documento relativo alla presenza ebraica a N. è il rinnovo del privilegio, concesso nel 1447, ai feneratori Abram Josep de Alamania e Grassino de Vicentia (confermato precedentemente, nel 1443), sulla base di quello elargito nel 1435 ad Abraham del fu Emanuele ed a Giuseppe di Treviso. Il tasso di interesse era fissato al 30% annuo, mentre la cifra da pagare annualmente al Comune ammontava a 25 lire imperiali; la concessione del banco di prestito, infine, era esclusiva.

Nel 1449 e nel 1453, la condotta fu confermata a Josep e a Salomone de Alamania, ma il vicario del vescovo tentò di imporre ai due feneratori l'obbligo del segno distintivo, in contrasto con il loro privilegio (analogo tentativo venne ripetuto nel 1455 e nel 1456).

In questo lasso di tempo, le autorità ricevettero ordine di impedire che Salomone fosse ulteriormente angariato, mentre del condono concesso a tutti ebrei del Ducato nel 1456, beneficiarono anche Gemelino e Cressono di N. e, due anni più tardi, Salomone e Grassino di N. figuravano nell'elenco di quelli che erano in ritardo con il pagamento delle tasse ducali.

Nel 1460 il Duca esortò il podestà di N. ad intervenire contro l'ufficiale delle bollette, a causa dei suoi cattivi modi contra li viandanti, specialmente ebrei e, in generale, per impedire le estorsioni e i maltrattamenti inflitti a questi ultimi. Negli anni, l'atteggiamento ostile persistette, sinché nel 1468, il Duca stabili che il funzionario non potesse prendere provvedimenti contro gli ebrei, se non con l'approvazione del podestà e del referendario di N., ribadendo tale decisione nel 1472, dietro protesta ebraica.

Il Duca era intervenuto anche in precedenza, nel 1462, contro i tentativi vescovili di introdurre provvedimenti contrari a quanto stabilito nel privilegio: quattro anni dopo, ordinò al podestà di provvedere perche gli ebrei residenti nella città non venissero molestati né nelle loro abitazioni né nell'attività. Nello stesso periodo, si discusse sull'opportunità di consentire la presenza di più di due banchi nella città.

Nel 1467 Chresino (Gershon) di N. fu uno degli addetti all'esazione delle tasse degli ebrei del Ducato e, in tale veste, viene menzionato più volte nei documenti.

Due anni dopo, gli ebrei di N. iniziavano un’annosa controversia con il Comune per la restituzione dei letti da loro prestati.

Nella absolutio concessa dal Duca nel 1471 agli israeliti del Ducato, venivano menzionati anche Mercadante e Crassino (Gershon) di N. e, nel 1476, il podestà locale ebbe ordine di prendere per tempo le necessarie misure per impedire molestie durante la Settimana Santa[1] (analogo ordine veniva ripetuto due anni dopo, durante la Quaresima).

In questo periodo, Justa, divenuta cristiana con il nome di Caterina, si appellò al Duca contro Benedicto (Baruch) di N., cui era stata sposata precedentemente, perché questi cercava di non restituirle la dote nuziale.

Quanto ai feneratori, risultava allora che avessero venduto segretamente i pegni allo spirare del termine del riscatto, danneggiando, cosi, la popolazione: pertanto, si stabilì che mettessero all'asta i pegni, dando agli ex-proprietari il surplus realizzato con la vendita.

Nel 1477 gli Ebrei di N., capeggiati da Grassino, si appellarono al Duca per non far introdurre le misure restrittive proposte dal Comune nella loro condotta, in contrasto con il privilegio degli ebrei del Ducato, rinnovato qualche giorno prima.

Nell'accusa di omicidio rituale rivolta, nel 1479, contro gli israeliti del Ducato, in seguito alla presunta uccisione del piccolo Simone da Trento, fu coinvolto anche Grassino di N.

Nel 1480 il referendario di N. ricevette istruzione per notificare ai feneratori locali l'ordine ducale di recarsi all'assemblea generale di Piacenza, per discutere la ripartizione delle tasse da pagare al Tesoro: qualche mese dopo, Calemano di N. era tra i firmatari dell'accordo per le 32.000 lire imperiali da pagare al Duca, in compenso del privilegio. Passato qualche anno, il Duca si adoperò perché venissero puniti coloro che avevano rubato nella casa di Calemano.

Nell'elenco dei nove ebrei condannati a morte in seguito al processo del 1488 per vilipendio alla religione cristiana, la cui pena era stata, poi, mutata nell'espulsione e nella confisca dei beni, si trovava anche Moyses de Novaria.

Da un documento del 3 dicembre 1490 fu decretata l'espulsione da N., con minaccia di confisca delle proprietà per quanti non avessero abbandonato il luogo entro un mese: gli espulsi avrebbero potuto recarsi in visita nello Stato, ma non risiedervi e tenervi banco.

In seguito, la cacciata fu posticipata di due anni e, pertanto, Calemano chiese al Duca conferma del permesso di visitare le altre parti dello Stato, senza risiedervi o fenerarvi, sino allo scadere della data dell'espulsione.

Nel 1497 Abramo di N. si appellò al Duca perché gli fossero restituiti i beni presigli dai soldati o perché gliene fosse pagato il valore corrispondente.

Dopo più di dieci anni di silenzio, i documenti testimoniano nuovamente della presenza ebraica a N., in occasione del censimento segreto degli ebrei risiedenti in varie località, ordinato nel 1513, da cui risultava vivere in loco solo tale Vita, con moglie, cinque figli, due fantesche e quattro tra parenti e servitori. Tale Vita veniva descritto come di pochi mezzi, in particolare dopo essere stato depredato dagli svizzeri che lo avevano portato come prigioniero in Alamagnia, fatto che aveva implicato ulteriori spese per il suo riscatto.

Più tardi, nel 1522, nell'elenco dei banchieri del Ducato, figurava Madonna Stella di N. e, l'anno seguente, il Duca acconsentiva alla richiesta di Zaccaria di Davide di Trino di trasferirsi qui, a patto che il rappresentante dell'Università ebraica fosse d'accordo con il suo contributo alle tasse.

Dieci anni dopo, Zaccaria de Nizza di N. fu confermato dal Duca nella funzione di ripartitore delle imposte, per cui era stato eletto dall'Università.

Nel 1550, invece, tra gli ebrei eletti rappresentanti dell'Università, figurava Clemente Clava del fu Zaccaria, residente a N., che, in tale veste, compariva anche nel 1556, mentre, poco più tardi, era tra coloro che erano stati deputati all'esazione delle tasse ebraiche ed era gestore dei banchi di N. e Vigevano[2].

Nel 1554 fu fatto un tentativo di implicare nella vicende belliche con i francesi  Iseppo di N. e,  ancora alla metà del XVI secolo, si cercò di trattenere in convento con la forza, per farla convertire, la figlia di Zaccaria di N., che aveva lasciato la casa paterna in un momento di collera senza, tuttavia, avere davvero intenzione di abbandonare l'ebraismo. Dalla raccomandazione rilasciata, nel 1562, dal governatore di Milano in favore della ragazza, risulterebbe, però, che ella fosse stata inviata in convento dopo aver espresso il desiderio di farsi cristiana.

All'epoca della ripartizione del credito ebraico, prima dell'espulsione dallo Stato, N. chiese di essere esentata dal contribuire a tale spesa, sostenendo che viveva nella città solo una famiglia di ebrei, che non era né di vantaggio né di danno e la cui unica attività era il truffare et ingannare gli soldati d'infanteria spagnola[3].

Nel 1590 il cardinale Enrico Caetani, Camerlengo pontificio, concesse a Vita Poggetto una tolleranza decennale per prestare nella località[4] e nel 1592 fu dato il permesso a Giacobbe Brisia di organizzarvi una lotteria. Nel 1595 un ebreo spagnolo, Pietro, malmenò un cristiano e, per poterlo processare, l'autorità locale chiese al governatore di trasferire l'accusato sotto la sua giurisdizione.

L'ultimo accenno alla presenza ebraica a N. risale al 1597, quando Vita Clava, figlio di Isacco e di Rosa, dichiarò di aver ricevuto una certa cifra come dote della moglie, Leona, della famiglia de Levitiis di Pavia[5].

La famiglia Clava fu, peraltro, l'unica a risiedere a N. per tutta la seconda meta del secolo XVI[6].

Bibliografia

Loevinson, E., La concession des banques de prêts aux juifs par les papes des seizième et dix-septième siècles, in REJ 92 (1932), pp. 1-30; 93 (1932), pp. 27-52, 157-178; 94 (1933), pp. 57-72, 167-183; 95 (1934), pp. 23-43.

Segre, R., Gli ebrei lombardi nell'età spagnola, Torino 1973.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982-1986.


[1] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, doc. 1590.

[2] Per maggiori dettagli su Clemente Clava, noto anche con il nome di Kalonimos Kazeghin, cfr. Segre, R., Gli Ebrei lombardi nell'eta spagnola, p. 25, nota 1.

[3] Simonsohn, S., op. cit., III, doc. 4129, p. 1874.

[4] Loevinson, E., Banques de prêts, p. 169.

[5] Simonsohn, S., op. cit., I, doc. 49. 207, 211, 402, 415, 313, 422, 536, 541, 614, 815, 1056, 1072, 1344, 749, 982, 956, 1012, 1267, 1120, 1363, 1433, 1302, 1590, 1630; II, doc. 1776, 1658, 1671, 1897, 1972, 2035, 2112, 2164, 2165, 2206 ( e nota, p. 913), 2269, 2326, 2329, 2393, 2403, 2439, 2661, 2985, 2987, 2991 (p. 1301), 2899, 2718, 3204; III, doc. 4129, 4139, 4254, 4320.

[6] Per maggiori ragguagli sulla famiglia Clava, cfr. Segre, R., op. cit., p. 25, nota 1.

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