Moncalvo

Titolo

Moncalvo

Testo

Provincia di Asti. Residenza nel Medioevo degli antichi Marchesi del Monferrato, Aleramici e Paleologi, dopo la guerra di successione, dalla seconda metà del secolo XVI fino ai primi anni del XVIII secolo, M. fu dominio della signoria dei Gonzaga di Mantova. Agli inizi del Settecento, durante le guerre di successione spagnole, la cittadina passò alla casa Savoia, ma solo la pace di Utrecht del 1714 sanzionò la nuova acquisizione. Occupata dalle truppe rivoluzionarie nel 1798, ritornò nel 1815, con la Restaurazione, a fare parte del dominio sabaudo[1].

La presenza ebraica a M. risale al 1432, data in cui i primi israeliti arrivarono, presumibilmente dopo la loro cacciata dalla Francia meridionale[2]. Nel 1535 abitava a M. il medico spagnolo Maestro Abramo, figlio di Florio de domo Davit, che pagò a Genova 13 scudi d'oro per il riscatto dello schiavo Moisè Benatel da Tunisi[3].

I banchi di prestito

Nel XVI secolo la diffusione dei banchi di prestito nel Monferrato, e quindi anche a M., procedette parallelamente all'affermazione di una più consistente Comunità ebraica.

Nel 1570, durante la signoria dei Gonzaga, Emanuel Abraham de domo David ottenne il privilegio di un banco a M. e, nel 1576, il Duca concesse anche ad Angelin Poggetto di prestare nella cittadina. Nel 1579, poi, il Duca garantì a Benedetto Romanengo, banchiere residente nella località, il privilegio di un banco a Castelalfero, mentre nel 1585, nella tolleranza papale accompagnata dall'elenco dei banchieri che avevano ottenuto il privilegio, figuravano per M. i nomi dei cugini Jacobo e Moise Poggetto.

Nel 1600 il Duca Vincenzo I Gonzaga le concessioni in tutto il Monferrato, a causa dell'accusa rivolta agli ebrei di non osservare, negli interessi che richiedevano sul prestito, le disposizioni contenute nei capitoli ducali. Nel 1601 il decreto fu revocato, ma fu imposto il pagamento di una tassa speciale a tutti gli ebrei ritenuti colpevoli di avere infranto i patti. Nel 1603 un solo banco di prestito era ormai attivo a M. ed era condotto dagli eredi Poggetto, Nachetti e Sacerdoti.

Negli anni tra il 1611 e il 1614, i sopra menzionati banchieri, insieme alla famiglia di Sanson Bachi ed a Bonaiuto de Sacerdoti, conducevano l'unico banco feneratizio della città e , durante le guerre per la successione del Monferrato (1613–1630), la condizione economica degli ebrei locali, come del resto dei domini dei Gonzaga, peggiorò notevolmente: malgrado ciò, l'unico banco di prestito della città resistette alle difficoltà, come attesta il fatto che cella tolleranza del 1623figuravano nuovamente le famiglie Poggetto, Nachetti e Sacerdoti, con il permesso, concesso a quest'ultima, di associarsi un compagno[4].

Vita Comunitaria

Gli ebrei del Monferrato non godettero sotto i Paleologi e i Gonzaga del diritto di stabile permanenza, ma beneficiarono di condotte temporanee che venivano rinnovate ogni dieci anni. Soltanto dal 1652 le concessioni ebbero la durata di dodici anni, forse per uniformarsi a quelle pontificie.

L'amministrazione interna della Comunità di M., sotto i Gonzaga prima e i Savoia poi, era affidata all’Università del Monferrato, retta da alcuni ebrei, che variavano da due a tre o quattro, chiamati massari, eletti dagli iscritti alla Comunità stessa nel ruolo di contribuenti fiscali, che partecipavano all'assemblea generale a Casale Monferrato. Era sempre l'assemblea generale che decideva la nomina dei rabbini che, riuniti nel numero di tre, potevano scomunicare i trasgressori e giudicare, con la licenza del Conservatore preposto alle questione ebraiche, i casi di vertenze tra ebrei.

La Comunità ebbe da sempre una propria sinagoga, sebbene l'editto del 1612 ne limitasse l'uso alla sola città di Casale Monferrato, e dei cimiteri propri.

Nel 1644 fu concesso a Salamone Jona un appalto di carte da gioco e tabacco a M., del valore di 30.000 ducatoni, mentre nel 1694 il nome di Simone Jaffe compariva nell'elenco degli ebrei che avevano perduto proprietà e beni a causa della guerra che attraversava il Monferrato.

Quando M., nei primi anni del XVIII secolo, passò al ducato di Savoia, le condizioni degli ebrei si deteriorarono: gravò su di essi l'esclusione dal possesso terriero e l'obbligo di entrare nel ghetto, come stabilivano le Regie Costituzioni del 1723.

In campo liturgico, a M. si seguiva soprattutto a Rosh haShana e a Yom Kippur il rito provenzale, conosciuto come rito "Apam" (più esattamente "Afam"), dalle iniziali ebraiche delle tre città in cui era praticato: Asti, Fossano e Moncalvo[5].

Il ghetto

Prima dei Savoia non vi era stato l'obbligo di un ghetto, né sotto i Paleologi né sotto i Gonzaga Nevers. Nel 1731 il senato ducale ne decise l'istituzione ed il luogo scelto per la sua ubicazione era posto nella contrada maestra della Frachia, fino alla contrada del forno detta Costa, non lontano dalle attività commerciali e dalla strada principale, all'interno di un grosso vicolo pianeggiante che formava un dislivello tra le case. I locali nei quali le famiglie ebraiche abitavano erano una settantina, escluse le botteghe, che erano una decina. Un gruppo di famiglie possedeva una camera sola, un'altra decina ne possedeva due. Il resto abitava in case più confortevoli, ma solo pochissimi potevano affittare una casa per intero.

Sebbene fosse da sempre esistita una sinagoga a M., una nuova fu costruita nel 1732: essa occupava l'ultimo piano dell' edificio in cui si trovava, poiché, secondo il rito, non doveva avere sopra di sé alcuna elevazione[6].

Demografia

Nel 1731 risiedevano nel ghetto di M. 33 famiglie, per un totale di 171 anime, di cui 85 maschi e 86 femmine. Nel 1749 vivevano al suo interno 36 famiglie (in tutto 139 persone) e, qualche anno dopo, nel 1755, vi erano 151 ebrei, distribuiti in 33 famiglie. Nel 1758 le famiglie ebraiche erano 34, per 146 ebrei in tutto. Nel 1762, l'anno dopo il censimento ufficiale voluto da Emanuele Filiberto di Savoia, risiedevano a M. 161 ebrei, divisi in 34 famiglie[7].

Bibliografia

Carpi, D., Moncalvo, in J.E. XII, pp. 240-241.

Colombo, D. Il ghetto di Moncalvo e una sua poesia, in RMI XXXVI (1970), pp. 436-441. Disegni, D., Il rito di Asti-Fossano-Moncalvo, in Scritti in onore di Sally Mayer, 1956, pp. 78-81. Foa, S., Appunti d'archivio di storia ebraica monferrina, in RMI XV (1949), pp. 113-121.

Foa, S., L'istituzione del ghetto a Moncalvo. Scritti in onore di Riccardo Bachi, in RMI, 1950, pp. 188-201.

Foa, S., Gli ebrei nel Monferrato nei secoli XVI e XVII, Bologna, 1965 (ristampa anastatica ediz. Alessandria 1914).

Foa, S., Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi, in RMI XXI (1955), pp. 38-50, 85-97, 126-136, 190-201, 284-297, 325-336, 471-486, 520-535.

Segre, R., The Jews in Piedmont, 3 voll., Jerusalem 1986–1990.

Servi, F., Uno sguardo alle comunioni israelitiche d'Italia, in Il Corriere Israelitico V (1866–1867), pp. 239-244; pp. 271-273; pp. 338-340.

Urbani, R.- Zazzu, G. N., The Jews in Genoa, 2 voll., Leiden-Boston-Köln 1999.


[1] Foa, S., L'istituzione del ghetto a Moncalvo, p. 189.

[2] Carpi, D., Moncalvo, pp. 240-241.

[3] Urbani, R., -Zazzu, G.N., Genoa, doc. 244.

[4] Foa, S., Gli ebrei nel Monferrato, pp. 72-73, 73-74, 83-86, 95-96, 101-103; Idem, Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi, pp. 287-288; Segre, R., The Jews in Piedmont, I, doc. 1284, II, doc. 2156.

[5] Carpi, D., op. cit., pp. 240-241; Foa, S., Gli ebrei nel Monferrato, pp. 7-20, pp. 101-138; Idem, L'istituzione del ghetto a Moncalvo, p. 189; Segre, R., op. cit., II, doc. 2561, III, doc. 2747, 2873, 3203, 3378, 3455.

[6] Foa, S., L'istituzione del ghetto a Moncalvo, p. 189; Idem, Gli ebrei nel Monferrato, p. 110; Segre, R., op. cit., III, doc. 2802, 2811, 2873, 3378, 3455.

[7] Foa, S., L’istituzione del ghetto a Moncalvo, pp. 190-192, 198-199; Segre, R., op. cit. I, Introduction, III, doc. 2843, 3040, 3093, 3123, 3157, 3165, 3231.

 

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