Castellazzo Bormida

Titolo

Castellazzo Bormida

Testo

Castellazzo Bormida (קסטילצו בורמידה)

Provincia di Alessandria. Questo borgo agricolo, d'origine longobarda, ebbe, sino al secolo XIII, il nome di Gamondio, mutato, poi nell’attuale, con cui fu noto sotto il dominio dei Visconti. Nel 1531 passò ad Alfonso di Avalos, marchese del Vasto e di Pescara.

La presenza ebraica è attestata a C. dal 1450, quando viene menzionato un prestatore ebreo di cui non si fa il nome. Tre anni dopo, viene ricordato tale Giacobbe di C., il cui figlio si era trasferito ad Alessandria ad esercitare l'attività feneratizia. A partire dal 1458, troviamo citato più volte tale Abramo, prestatore, insieme ad altri correligionari, che erano venuti a formare un piccolo nucleo ebraico a C.: rispetto ad esso, vanno segnalati, tra i fatti di un qualche rilievo, l'arresto, nel 1480, di alcuni dei suoi membri, accusati di aver fatto circolare moneta falsa, e, sempre nello stesso anno, le svariate richieste di espulsione, presentate al Duca dalla popolazione, preoccupata per la propria tranquillità spirituale, da un lato, e, dall'altro, e del fatto che dicti hebrei se deporteno molto male[1].

Nel 1488, tra gli ebrei del Ducato puniti con multe o espulsione per vilipendio alla religione cristiana, si trova anche Simone del fu Abramo di C.

Quasi ottant'anni dopo, due prestatori, Cervio e Marco de Brisii, aggrediti dai debitori insolventi, dovettero richiedere all'autorità il permesso di portare altre armi da difesa, oltre al moschetto.

Un anno più tardi, Cervio de Brisiis e famiglia ricevettero in appalto, per cinque anni, il monopolio del dazio di C., con tutti i diritti riguardo al pedaggio, macina, vino, scannatura e pescheria, ma la sopraggiunta morte di Cervio fece sorgere il problema della successione e tolse agli ebrei l'appalto, secondo quello che si può evincere da indizi contenuti nei documenti.

Nel 1593 il Comune e la popolazione presero in prestito del danaro dagli israeliti, ma si rifiutarono di restituirlo, opponendosi con la violenza ai funzionari venuti a riscuotere il debito e inducendo, pertanto, i creditori ad invocare l'intervento delle truppe spagnole, mentre il governatore, chiamato in causa, autorizzava l'arresto di uno dei facinorosi.

A partire dal 1595, quando Simone del fu Vitale Sacerdoti di Alessandria dette al figlio Anselmo la procura per riscuotere i propri crediti a C., non vi sono più tracce del nucleo ebraico locale nei documenti[2].

C. ha assunto una certa importanza nel panorama delle comunità ebraiche minori perché vi dimorò, prima di trasferirsi a Venezia, uno dei rari pittori ebrei del XVI secolo, Mosè da C., figlio del prestigioso rabbino tedesco Abraham Sachs e cognato di Jacob Landau, l'autore del noto compendio legale Agur.

Nel 1501 Mosè, che apparteneva ad una agiata famiglia di banchieri, fu implicato in una controversia a proposito di una somma di danaro che il suocero, Abramo Sacerdote (Cohen) Vitale di Alessandria, gli aveva promesso, ma non poteva dargli, coinvolgendo nella questione anche il celebre Azriel Diena che ne menzionò il caso nei suoi responsa.

Nel 1515 invece, Mosè‚ e la sua famiglia furono tra i pochi ebrei del Ducato a godere del permesso di dimorare a Milano, di viaggiare liberamente, di essere esentati da tasse e dogane e dalle normative cui dovevano sottostare gli altri, avendo, inoltre, il diritto di portare armi e gagliardetto. Mosè, che si era trasferito a Venezia dalla seconda metà del XVI secolo, si distinse come ritrattista di personaggi famosi, secondo le testimonianze dell'epoca. Grazie alla sua arte, fu legato a svariate personalità dell'epoca e, tra coloro con cui aveva rapporti di amicizia, si ricorda Pietro Bembo.

Nel 1521 Mosè ottenne dal Consiglio dei Dieci il permesso di stampare e vendere una serie di sue illustrazioni della Bibbia. Di un certo interesse è il suo legame con l'avventuriero ebreo David Reubeni, che egli conobbe e ospitò quando fece la sua comparsa a Venezia, nel 1523–1524, dividendone le speranze messianiche ed aiutandolo nel progetto di raggiungere Roma. L'anno dopo, nel 1525, Mosè da C. morì a Mantova[3].

Bibliografia

Kaufmann, D., La famille Castellazzo, in REJ 23 (1891), pp. 139-143.

Roth, C., The Jews in the Renaissance, Philadelphia, 1959.

Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, 4 voll., Jerusalem 1982–1986.

Simonsohn, S., The History of the Jews in the Duchy of Mantua, Jerusalem 1977.

Soave, M., Moisé dal Castellazzo distinto pittore, in Vessillo Israelitico 30 (1882), pp. 271-274.

Sonne, I., Nouveaux éclaircissements sur la personnalité de Moise dal Castellazzo, in REJ 94 (1933), pp. 196-206.


[1] Simonsohn, S., The Jews in the Duchy of Milan, II, doc. 1958.

[2] Ivi, I, doc, 92, 194, 567, 700, 788, 1008, 1267, 1569, 1833, 1955, 1958; II, doc, 2165, 3299; III, 3381, 3382, 4151, 4234.

[3] Ivi, II, doc. 2354; Kaufmann, D., La famille Castellazzo, pp.139-143; Roth, C., The Jews in the Renaissance, p. 23, p. 192; Simonsohn, S., History of the Jews in the Duchy of Mantua, p. 227, p. 601, pp. 653-654; Soave, M., Moisé dal Castellazzo distinto pittore, pp. 271-274; Sonne, I., Nouveaux éclaircissements sur la personnalité de Moise dal Castellazzo, pp. 196-206.

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