Carmagnola

Titolo

Carmagnola

Testo

Provincia di Torino. Sita sulla riva destra del Po, dal 1200 fu dominio dei marchesi di Saluzzo, che la tennero in feudo fino al 1544, quando, dopo la battaglia di Ceresole, cadde in mani francesi. Nel 1588 la città e l'intero marchesato di Saluzzo furono annessi al ducato di Savoia. Dopo gli assedi del Catinat, C. perse nel 1694 la sua importanza come piazzaforte, pur conservandola come centro agricolo, commerciale e culturale. Occupata dalle truppe napoleoniche, ritornò, nel 1815, a far parte dei domini sabaudi.

Il marchesato di Saluzzo nel XV secolo era connesso alla casa Savoia da legami di vassallaggio: per questo nel 1469 Amedeo IX estese la legislazione ebraica del Piemonte anche alla capitale del Marchesato e alle cittadine più piccole, che ne facevano parte[1].

I banchi di prestito

Nel 1588 erano attivi a C. due banchi di prestito tenuti da Benedetto e Moisè Poggetto insieme ad Abramo Laude. Nel 1592 Donato, Abramo e Ventura Laude ottennero il perdono ducale dalle accuse di avere riscosso un interesse illegale sui prestiti. Nel 1615 David Calvo ebbe il privilegio ducale per tenere un banco di prestito per dodici anni a C.

Nella concessione ducale del 1624 risultavano in città altri due banchi feneratizi gestiti da Emanuele Calvo e Semtov Mazaod[2].

Il Ghetto

Nel 1724 il consiglio della città, in osservanza alle Regie Costituzioni di Carlo Emanuele III del 1723, assegnò agli ebrei come luogo di residenza il quartiere detto delle Cierche, che era considerato il luogo più adatto per la costituzione di un ghetto poiché lontano dalle zone abitate dai cristiani. Esso era delimitato dalle attuali vie Bellini, Benso e Baldassano. Nel Settecento il tempio fu costruito ex novo all'interno del perimetro del ghetto. Esso occupava l'ultimo piano dell'edificio poiché, secondo le regole ebraiche, non doveva avere sopra di sé alcuna sopraelevazione.

Il ghetto fu abrogato dai decreti napoleonici nel 1799.[3]

Vita Comunitaria

Inizialmente a C. non esisteva una vera e propria Comunità ebraica, ma si trattava di residenze personali di una o più famiglie che erano state accolte in città grazie all'accorta politica economica dei duchi di Savoia, tesa a favorire il piccolo prestito.

Nel 1616 il gruppo di C. fu unito, insieme al resto del marchesato di Saluzzo, per lettere ducali all'Università del Piemonte. Tutti gli ebrei maschi dovevano portare una fascia gialla di lana o di seta sopra il braccio destro, in modo visibile. Tale prescrizione riguardava gli ebrei dimoranti in città, e non quelli che erano in viaggio, inoltre venivano esentati dal segno distintivo i capi dell'Università, nonché gli ebrei più ricchi e più benemeriti.

Il primo documento che attesti l'esistenza di una, seppur piccola, Comunità è però rappresentato dalla lettera del novembre del 1680, della reggente Maria Giovanna di Nemours indirizzata al consiglio della città. In essa si faceva riferimento alla richiesta dell'ebreo Abramo Laude di poter acquistare dei terreni nel territorio di C., il quale sosteneva che il consiglio della città gli aveva già concesso il relativo permesso. Nel dicembre dello stesso anno, un consiglio speciale della città si riunì per discutere la richiesta di Abramo Laude e per decidere il suo allontanamento e quello di altre famiglie ebraiche dal centro cittadino. Nel 1681 i due rappresentanti degli ebrei locali, Abramo Laude e Salvatore Jona, rispondendo con una lettera al Consigliere Generale degli ebrei, affermarono che, al contrario di quanto sosteneva il consiglio, l'ubicazione delle loro case non arrecava alcun fastidio alla cittadinanza durante le cerimonie cristiane. Nello stesso documento figuravano oltre allo Jona e al Laude, Leon Colombo, Giuseppe Diena, Matatia Segre e Isaia Levi. Malgrado ciò, le maggiori autorità ecclesiastiche pretesero che gli ebrei fossero riuniti in un posto isolato dal resto della città e che i loro negozi fossero chiusi durante le feste cristiane.

Nel 1691 gli israeliti inviarono una supplica alla reggente Maria Giovanna nella quale chiedevano che i loro privilegi fossero rispettati. Il giudice Conservatore preposto agli affair ebraici, interpellato dalla duchessa, rispose riaffermando l'inviolabilità e la legittimità dei privilegi concessi agli ebrei e ordinò che si interrompessero le manifestazioni di intolleranza nei loro confronti, pena una multa di 100 monete da pagare al Fisco Regio.

Nel 1759 venne fondata dalla Comunità l'Opera di carità e beneficenza israelitica, con lo scopo di portare aiuto e assistenza agli indigenti e ai malati e di occuparsi della sepoltura dei morti.

Nel 1774 fu accolta una supplica della Comunità, che chiedeva che fosse condonata ad Eva Levi, la multa di 5 scudi per contravvenzione al Regio Decreto del 1723, che imponeva agli ebrei l'uso del segno distintivo giallo.

Alla fine del Settecento, si costituì la confraternita del Talmud Torah, in cui insegnò per lungo tempo il rabbino Israel Malvano[4].

Demografia

Nel 1734 risiedevano nel ghetto di C. 18 famiglie ebraiche, per un totale di 102 persone. Nel primo censimento ufficiale, voluto da Carlo Emanuele III nel 1761, risultavano vivere in città 23 famiglie per un totale di 107 persone. Accanto al nome di ogni capofamiglia si trovava talvolta la qualifica di "miserabile" (9 volte) o di "povero" (3 volte).

Nel 1801 gli ebrei residenti a C. erano 171, dei quali 35 erano uomini adulti e 45 donne, di cui 10 vedove, mentre i figli maschi erano 53, di cui 21 sotto i sedici anni, le ragazze nubili 41, delle quali 10 erano a servizio fuori città. Gli ebrei forestieri erano cinque, più due bambini e nessuno all'interno della Comunità superava gli 85 anni[5].

Bibliografia

Colombo, D. - Tedesco, G., Il Ghetto di Carmagnola, in RMI XXVII (1961), pp. 536-549.

Diena, N., Sei documenti sugli ebrei di Carmagnola, in RMI XXV (1959), pp. 363-368.

Dragone, A., Il tempietto ebraico di Carmagnola, in Cronache di Palazzo Cisterna (1967), pp. 3-6; Foa, S., Banchi e banchieri ebrei nel Piemonte dei secoli scorsi, in RMI XXI (1955), pp. 38-50, 85-97, 126-136, 190-201, 284-297, 325-336, 471-486, 520-535.

Foa, S., La politica economica della casa Savoia verso gli ebrei dal secolo XVI fino alla Rivoluzione Francese. Il portofranco di Villafranca (Nizza), in RMI XXVII-XXVIII (1961–1962). Segre, R., The Jews in Piedmont, 3 voll., Jerusalem 1986–1990.


[1] Diena, N., Sei documenti sugli ebrei di Carmagnola, pp. 363-364; Segre, R., The Jews in Piedmont, I, Introduction, IX-XCX.

[2] Foa, S., Banchi e banchieri ebrei, pp. 331-332; Segre, R., op. cit., II, doc. 1426, 1471, 1486, 1518, 1534, 1552, 1578, 1601, 1609, 1655, 1685, 1711, 1718, 1720, 1722, 1728, 1742, 1933, 1644.

[3] Colombo,D. - Tedesco, G., Il ghetto di Carmagnola, pp. 539-542; Dragone, A., Il tempietto ebraico di Carmagnola, pp. 3-6; Foa, S., La politica economica della casa Savoia, pp. 129-131; Segre, R., op. cit., III, doc. 2664-2665, 2690, 2715.

[4] Diena, N., op. cit., pp. 365-366; Colombo, D. - Tedesco, G., op. cit., pp. 536-540; Segre, R., op. cit., I, Introduction.

[5] Colombo, D. - Tedesco, G., op. cit., pp. 541-543; Segre, R., op. cit., III, doc. 2842, 3151, 3152, 3153.

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